Dante, Di Pietro e il chewing-gum
Dante, Di Pietro e il chewing-gum CULTO DEL RICICLAGGIO Dante, Di Pietro e il chewing-gum Mina FELICI i tempi in cui il grado di civiltà di un popolo si misurava in base al numero di libri letti, ai premi Nobel vinti, alla quantità di visitatori dei musei. Oggi l'egemonia della pseudocultura dell'«ecologically correct» ci dà la patente di bravi cittadini se passiamo le nostre serate a suddividere meticolosamente i rifiuti in contenitori di varie fogge, per il secco, l'umido, la carta di giornale, quella oleata o stagnola, il cartone, il vetro verde e bianco, la plastica delle bottiglie e dei flaconi, le latrine, le pile esaurite, i farmaci scaduti, il polistirolo e le batterie d'auto. E se confondiamo il sacchetto biodegradabile dell'umido con il sacco di plastica grossa della spesa, siamo messi alla gogna come incivili retrogradi, esponenti residui di un'epoca non ancora illuminata dalla coscienza ecologica. Capita sempre più spesso che le scolaresche ingenue dei nostri puponi vengano portate in visita alle discariche. 1 viaggi d'istruzione non hanno più come meta le bellezze dell'arte, ma gli inceneritori consortili, la cui vista dovrebbe rischia�rare le menti degli alunni di oggi per farli diventare gli zelanti eco-cittadini di domani. Quelli che, dopo che i loro ministri ed insegnanti hanno buttato in pattumiera la grammatica, Aristotele e Dante, Beethoven e Picasso, avranno accumulato ore ed ore di «progetti di educazione ambientale». Quelli che addirittura rimprovereran�no i genitori, colpevoli di non separare l'etichetta cartacea dalla bottiglia di plastica, usando due diversi contenitori. Intanto il ministro Bordon assegna il premio del «Comune riciclone» alla città italiana con la più alta percentuale di rifiuti riciclati e oggi alia fiera di Rimini si chiude l'annuale edizione di «Ricicla 2000», dove centinaia di aziende espongo�no metodi di raccolta, trattamento e riciclaggio, oltre che i bizzarri prodotti dei materiali di recupero, come i gioielli ottenuti dai chewinggum gettati dopo l'uso o le lampade costruite con 3 cartoncino centrale della carta igienica. Carini! 11 business della pattumiera si sta rivelando più redditizio della virtualità impalpabile della «new economy». Arriveremo presto ad acquistare pro�dotti totalmente riciclati. Dallo scaffale del super�mercato li schiafferemo direttamente in cassonetti adibiti a un immediato riutilizzo, in ciclo ininter�rotto che va dalla produzione allo scarto. E, nell'illusione di liberard dall'immondizia, saremo in realtà risucchiati dalla spazzatura, dopo aver eliminato la schiavitù del consumo. La necessità del riciclo si esprime in diversi campi che, magari, non riguardano solo la stretta spazzatura. Destano un senso di commiserazione, ad esempio, i tentativi di riciclaggio politico. Gli sconfitti dalla storia che reinventano sigle, siglette e simboli e, sotto mentite spoglie, si rimettono in circolazione come verginelle senza passato. Come il picaresco, prode Di Pietro che si ricicla con r«Italia dei valori», dopo le memorabili imprese come senatore d^l Mugello. Come i vecchi signori della De che sono ancora in piena salute, dopo la morte della Balena Bianca. Giusto sarebbe anche in questo caso, come sui blocchi di carta grigina che usiamo tutti i giorni, apporre la scritta «prodotto riciclato».
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