Giscard: Europa, perché temi Bush?

Giscard: Europa, perché temi Bush? L'ex presidente francese: una politica meno interventista non danneggerebbe gli interessi Uè Giscard: Europa, perché temi Bush? Valéry Giscard d'Estalng CHI in Europa segue le peri�pezie della campagna presi�denziale americana, a larga maggioranza si pronuncia a favore del vicepresidente Al Gore. E ag�giunge che un successo di George W. Bush lo inquieterebbe. Questa preferenza non sorprende, perché non fa che ripro�durre un atteggia mento constante: i politici europei vo�gliono la rielezione del presidente ame�ricano uscente, o il mantenimento del�la maggioranza in carica se costui non è rieleggibile. Come se, davan�ti alla megapotenza americana, i politici internazionali si sentissero più rassicurati dal prolungamento della situazione alla quale si sono abituati che dalla novità. Inoltre la candidatura di Gore si è collocata alla sinistra della linea mediana che attraversa il partite democratico, mentre Bill Clinton si collocava alla sua destra. Sugli argomenti emersi nel corso della campagna elettorale, le prese di posizione di Al Gore un certo primato al settore pubblico e all'in�tervento del governo centrale nella vita del Paese corrispondono all'atteggiamento della sinistra eu�ropea al potere. Ma questi aspetti riguardano soltanto gli americani. Le questio�ni di politica estera invece non hanno praticamente avuto spazio nella campagna elettorale. I candi�dati si sono tenuti sulle generah. Eppure in Europa, e soprattutto in Francia, si è diffusa l'idea che l'elezione di George W. Bush com�porterebbe un pericolo grave per il nostro continente. Questo timore si alimenta a due fonti: la sua presunta incompetenza in materia di politica estera (ma siamo sicuri che i nostri candidati saprebbero citare a memoria i nomi dei gover�natori dell'Illinois o della Califor�nia?) e alcune dichiarazioni giudi�cate imprudenti sul ritiro delle truppe americane dai Balcani. Ho seguito con molta attenzio�ne lo sviluppo della campagna elettorale, ricavandone ima valuta�zione ben diversa dell'impatto di questa elezione sugli interessi del�l'Europa. Al Gore parte dall'idea perentoria, conforme alla tradizio�ne wilsoniana, che qualunque cit�tadino del mondo, se fosse nella condizione di scegliere liberamen�te, opterebbe per il modello politi�co americano e chiederebbe di beneficiarne nel più breve tempo possibile. Gore ne deduce un atteg�giamento interventista, che consi�ste non solo nel voler assicurare su tutta la superficie del globo il mantenimento della pace, ma an�che nel sostenere attivamente quel�la che lui chiama la «costruzione delle nazioni». E' la linea di politica estera che ha ispirato l'amministra�zione Clinton ed è una politica «direttiva» anche sui problemi spe�cificamente europei. George W. Bush invece, pur d'accordo sul mantenimento della pace globale, ritiene che le forze armate degli Stati Uniti non do�vrebbero essere implicate nella «costruzione delle nazioni», ma riservate alla difesa degli interessi nazionali americani. La discussio�ne si è spostata verso l'Europa quando 0 brillante consighere di�plomatico di George W. Bush, l'afro-americana Condoleezza Ri�ce ha detto, in un'intervista al «New York Times», che gli Stati Uniti potrebbero ritirare progressi�vamente i loro mezzi militari terre�stri dalla Bosnia e dal Kosovo. I commentatori europei hanno reagi�to a questa informazione che non era nuova, perché il presidente Clinton aveva detto a più riprese che la presenza americana nei Balcani sarebbe stata soltanto tem�poranea, in modo sproporzionato. Un diplomatico ha esclamato: «Se gli Stati Uniti dicono che smet�teranno di effettuare certi compiti, allora l'accordo "uno per tutti e tutti per uno" si sfalda... Il coman�do militare integrato va in pezzi e sarà la fine dell'alleanza!». Il segre�tario generale dell'Assemblea par�lamentare della Nato ha aggiunto: «Questo mette in discussione il principio della sicurezza collettiva che sta al cuore dell'Alleanza e di tutte le operazioni militari». Que�sto dibattito e questa reazione di panico sono rivelatori. In un caso, quella dell'amministrazione di Al Gore, ci si può attendere una politi�ca americana più dinamica, inter�ventista sulla direzione delle evolu�zioni in corso nel mondo, compre�so in Europa. Nell'altro caso, quel�lo di un'amministrazione Bush, l'azione diplomatica americana sa�rebbe più limitata e si asterrebbe dall'intervenire direttamente nelle situazioni di politica intemaziona�le che riguardano gli alleati degli Stati Uniti, soprattutto in Europa. La differenza tra queste politi�che è illustrata dalle ipotesi sulla scelta dei futuri segretari di Stato: i nomi che ricorrono più spesso sono Richard Holbrooke per i de�mocratici e il generale Colin Powell per i repubblicani. Se si pensa che l'Europa debba progressivamente responsabiliz�zarsi e decidere da la come organiz�zarsi e come allargarsi, non ci si dovrebbe allarmare di un atteggia�mento più riservato, più prudente, degli Stati Uniti. Da questo punto di vista, un'amministrazione Bush sarebbe compatibile con un'Unio�ne europea che si fa effettivamente carico dei suoi problemi di sicurez�za interna e di difesa comune. Da questo punto di vista, gli europei non hanno nulla da temere dall'ele�zione di George W. Bush alla presi�denza degli Stati Uniti. Copyright Le Monde