NEL PAESE DEI COLORI

NEL PAESE DEI COLORI NEL PAESE DEI COLORI Il giro del mondo in bicicletta tra Pakistan e India PEDALARE di notte è come camminare sul nulla in disce�sa. Un nulla lungo, arido e roccioso quello che divide l'Iran dalla capitale della provincia paki�stana del Beluchistan, Quetta. Ed è Pakistan, dei colori e dei rumori, degli odori, dei sapori e, in questo periodo, delle bombe. Il censimento dice che nel Pae�se ci sono 140 milioni di mussul�mani, pochi indù e qualche cristia�no. Gli asini, non si contano, sono dovunque: quelli a quattro zampe che si spaccano per sorreggerlo tramando carichi disumani; e quelli a due, che fan di tutto per affondarlo e svenderlo al miglior «offerente». Il passaggio verso la Cina, lo sbocco al mare nel mezzo del Sud asiatico e la spartizione delle acque himalayane del Kashmire, con l'India, sono un buon pretesto perche gli «offerenti» turalno questo popolo mite e gentile, gente dai lineamenti fini e figure snelle, vestita con camicioni colo�rati su pantaloni larghi. Il rosa o il turchese li vedi camminare nei campi, il porpora o il bianco peda�lare lungo la via, il rosso mondare il riso e il verde dietro ad una bancarella a vendere banane, coc�chi, uva e mele. Il blu ti offre l'ennesimo cy, che qui è diventato speziato e con il latte, e se poi vedi l'arancio è un bimbo che va a scuola con la lavagnetta di legno sulle spalle. Portano turbanti e papaline variopinte con apertura sulla fronte e una sciarpa di coto�ne che usano per farci di tutto: cappello, asciugamano, lenzuolo, portaviveri, pareo, zanzariera. Col Beluchistan se ne vanno le terre aride che mi accompagnano ormai da più di quattromila chilo�metri. A Bera Mura Jamali, in direzione sud-est verso la valle dell'Indo, si entra nel Sindh. La strada è pessima e per i mozzi di Lacina, la mia bicicletta, sono tempi duri. Fa caldo, e l'umidità è opprimente. Tappeti verdi di riso basmati fin dove gli occhi posso�no vedere, viali di eucahpti e la resina che presto sarà chars dan�no una sensazione di pace. Ninfee in fiore, bianche e rosa, sono scosse dai bufali che nelle pozze e nei fiumi cercano riparo dall'alta temperatura. I ritmi della giorna�ta vanno dalle indiavolate percus�sioni musicali, che ovunque non lesinano decibel, alla flemma dei cammeUi. Colorati sul corpo, co�me gli asini, con tinte vistose non di rado hanno specchietti retrovi�sori e casse acustiche montati sui finimenti. La valle dell'Indo è percorsa dalla Highway One che unisce Karachi a sud con Islamabad a nord-est. Sull'autostrada sfreccia�no come saette i bus e i camion e più volte sono costretto a lanciar�mi fuori dalla carreggiata. Dai pakistani, però, mi sento coccola�to: il te, il succo della canna da zucchero, il cibo, e a Raym Yar Kan l'albergo, mi sono offerti so�vente. Rispettano la mia quotidia�na fatica, alcuni non capiscono: più di uno mi chiede se sono giapponese o se l'Italia è in Ameri�ca. Ai punti di sosta della Hi�ghway si mangia roti, pane a forma di disco cotto nel tandoor, forno a legna in terracotta. Lo si spezza e lo si intinge in piccole quantità di carni stufate o verdu�re in umido, il tutto speziato e piccante. Si bevono acqua e suc�chi di frutta: in questo Paese di colori mi manca una buona botti�glia di fosso! Labore, ore 10 del mattino. Passa un carretto con il piano in legno senza sponde. Lo spinge, col corpo, un giovane, mentre con il coltello cesella delle rape bianche in modo da formarne dei fiori con i petali filiformi. Le dispone sul siano adagiandole su foglie di sanano, verdi e bagnate, tra la pesa e una cassetta di metallo, la cassa. Avanza sulla sinistra alla velocità del suo passo e attorno il traffico impazza. Lui continua a tagliare le rape e spinge il carretto con i quadricipidi, vende poco, ma non importa, a quella velocità arriva lo stesso alla fine della giornata. Labore vuol dire smog: spesso, denso. Col fazzoletto sulla bocca e sul naso mi avvio, 30 chilometri e sarò m India. 19 ottobre. India, Amritsar. La prima cosa che noto è il cambio di religione: finito l'assoluto Islam sono dentro all'Induismo. Dopo mesi di rigidità muslim, rivedo le donne. Con le chiome sciolte in�dossano libertini sari multicolori e sfoggiano orecchini, collane, bracciali e cavigliere in oro, argen�to o semplicemente in plastica. Sulla stradai! barbiere, con petti�ne, forbice, una sedia e lo spec�chio, sotto ad un albero aspetta il cliente all'ombra mentre il denti�sta dispone sulla panca due pinze, qualche ferro e dei botticini con anestetico e disinfettante. Arrivo a Chandigar superando, in pochi giorni di India, tre cada�veri. L'ultimo è stato schiacciato con la sua Vespa da un camion imbizzarrito. Tra pochi giorni è il Diwali, un po' come il nostro Capodanno. Scoppierà la festa con i petardi, si regoleranno dei «conti» e tanti altri indiani passe�ranno al Nirvana. Namaste. Franco Monnet Chandigar, India, 22 ottobre Prosegue il giro del mondo in bicicletta di Franco Monnet, piemontese, veterano dei «viaggi estremi». Monnet, tra l'altro, ha disceso in canoa il Rio delle Amazzoni, e ha raccontato quell'impresa nel libro «Fureremo» (Edt).

Persone citate: Ameri, Bera, Franco Monnet, Jamali, Monnet