MANGANELLI collezionista di meraviglie di Giorgio Manganelli

MANGANELLI collezionista di meraviglie MANGANELLI collezionista di meraviglie RITRAHO CRITICO Marco Bel pò liti A metà degli Anni Ottanta Franco Maria Ricci chiese a Giorgio Manganelli di collaborare alla sua rivi�sta, FMR. All'inizio furono pezzi sparsi, poi nel febbraio del 1986 comparve una rubrica che l'edi�tore di Parma volle battezzare Salons, per assonanza con Dide�rot e Baudelaire. Erano articoli su mostre o esposizioni in giro per il mondo che Manganelli si guardava be�ne dal visitare. Ricci faceva arri�vare sul tavolo dello scrittore diversi cataloghi che questi sfo�gliava con occhio insieme di�stratto e rapace, poi scriveva un breve pezzo di 4 o 5 cartelle che circondava con la sua prosa inconfondibile le immagini trat�te dall'esposizione. Durò un anno, durante il qua�le, guidato dall'intuito e dalla casualità. Manganelli costru�la sua piccola Wunderkammer por�tatile. Nel 1987 usc�il volume. Poco tempo prima Italo Calvino aveva dato alle stampe la sua personale «camera delle meravi�glie». Collezione di sabbia; mu�sei di cere, barattoli di sabbia, pelli umane conciate, mappe giapponesi, nodi, quadri, colon�ne romane, epigrafi e graffiti, disegni di scrittori, storie di cronaca nera. Anche lo scrittore ligure collaborava a FMR con saggi e soprattutto racconti; le descrizioni narrative dei quadri di Domenico Gnoli sono uno dei pezzi più bolli del manierismo di Calvino che purtroppo la mag�gior parte dei suoi lettori e sono tanti continua a ignorare. Manganelli e Calvino lavora�no negli stessi anni su temi e questioni assai prossime, ma con esiti letterari, e anche esi�stenziali, differenti, sebbene le immagini ancora attribuite loro siano quelle dello scrittore fanta�stico e illuminista (Calvino) e dello scrittore barocco e astnisa�mente sperimentale (Mar^anelli). In verità, essi sono degli scrittori manieristi, nel senso forte della parola, e non certo in quello deteriore che ancora oggi il termine «manierismo» ha nel�le antologie scolastiche. Forse la ristampa di Salons presso Adelphi (in libreria a me�tà novembre, n.d.r.) potrà servi�re a dare una diversa visione di Manganelli, ma anche a ripensa�re quel periodo, gli Anni Ottanta, in un'altra ottica, perché la visio�ne che di solito se ne ha è appiattita su luoghi comuni. Ma per quale ragione il «letto�re comune», quello che ama i libri uno per uno, senza interro�garsi sul loro perché, dovrebbe mettersi a leggere Salons'? Pri�ma di tutto perché è un libro di piacevole lettura; perché leggen�dolo si frequenta una lingua italiana sontuosa, ricca, impre�vedibile, carica di umori e di sensazioni fisiche che l'omologa�zione linguistica e il prevalere di un gergo medio hanno di fatto livellato; perché vi si imparano cose sulla materia, sull'arte e sulla forma; perché si viene a contatto con uno spazio mentale in cui la meraviglia, la sorpresa, l'incanto sono, via via, le molle segrete del pensare e dello scrive�re, e prima ancora del guardare. Di Manganelli, grande colla�boratore di giornali (tra cui La Stampa e Tuttolibrì) quasi nes�suno degli scrittori nati nei pri�mi due decenni del XX secolo ha scritto tanto per quotidiani, set�timanali e riviste -, è prevalsa per lungo tempo l'immagine del grande virtuosista della parola, dell'equilibrista letterario, in�somma di uno scrittore astruso e troppo carico di letteratura. Da qualche tempo però la lettura di Manganelli è cambia�ta. Oltre agli indubbi meriti lette�rari illustrati con acume da Ma�ria Corti, Alfredo Giuliani, Giu�liano Gramigna. Angelo Gugliel�mi e altri suoi compagni di strada, dal Gruppo 63 in poi, viene sempre più messo in evi�denza un doppio aspetto del suo lavoro di scrittore. Da un lato, c'è il lavoro sulla lingua, una lingua cerimoniale, artefatta, istrionica, comica, irri�dente, una lingua che ripristina la Retorica, ma con uno scopo e un uso ben diverso da quello che siamo soliti attribuirle. Alfredo Giuliani, in uno scritto raccolto in un recente libro su Manganel�li, che raccoglie gli atti di un convegno (Le foglie messaggere. Scritti in onore di Giorgio Man ganelli, a cura di Viola Papetti, Editori Riuniti, pp. 266, L. 28.000), lo definisce uno «scalpi�tante poeta della prosa» e sottoli�nea come Manganelli usi la lin�gua per una elaborata profana�zione e per una disubbidienza «pienamente complice con gli dèi che intendeva stuzzicare e provocare». Ma chi sono gli dèi di cui parla? Onesto è l'altro lato del suo lavoro di scrittore che ha che fare col «manierismo», come segnala Andrea Cortellessa. Gli dèi sono le realtà che abitano la nostra psiche, spiega lo psicoana�lista junghiano James Hilman, e che possiamo definire facendo ricorso a figure mitologiche piut�tosto che ai termini della psicolo�gia: angoscia, ansia, depressio�ne, malinconia, amore, furia, follia, innamoramento. Si può dire che Manganelli, come da tempo insistono alcuni suoi più attenti e fedeli lettori (Pietro Citati, Salvatore Silvano Nigro, Graziella Pulce), sia stato un descrittore di quel regno sotter�raneo, il «regno infero», che si estende nei recessi della nostra psiche e che condiziona i nostri stessi comportamenti. Un Manganelli psicologo del profondo? Rispondere di s�sa�rebbe un errore, come potrà constatare il lettore che prende�rà in mano questo Salons, per aggirarsi tra sculture di vetro, quadri di semi-sconosciuti pitto�ri, sculture di gesso, tessuti, e altre ignote meraviglie; ma ri�spondere di no, sarebbe altret�tanto sbagliato. Manganelli è uno scrittore altamente autobiografico, sebbe�ne in modo stravagante e strano, dice sempre Giuliani: uno scal�tro delatore di se slesso. Taceva sui suoi drammi privati «Gior�gio Manganelli era un uomo molto angosciato» esordisce nel suo intervento Michele Mari -, ma metteva in scena «il proprio teatro mentale». Sia che utilizzi l'arma dell'ironia o ricorra al comico, o sprofondi nelle zone annerite della melanconia, lo scrittore milanese usa un lin�guaggio altamente artefatto e inaiiierato per poter parlare sen�za esclusione di colpi di tutti gli stati-limite dell'esistenza uma�na. Insomma, uno psicologo sen�za psicologia che utilizza il lin�guaggio per fare diagnosi che valgono prima di tutto per se stesso, premunendosi in antici�po di occultare il proprio Io. La grande abilità di Manganel�li è quella di usare il linguaggio contro se stesso, per conoscersi, ma senza con questo arrivare mai ad alcuna conclusione de�gna di conto. Uno dei primi strumenti della retorica manganelliana è l'ossimoro, figura che consiste nell'accostare parole con sensi diametralmente oppo�sti, che anche Calvino usa, sebbe�ne con minor frequenza, e che persino Primo Levi non disde�gna nella propria scrittura. Manganelli stesso ha compen�dialo questo rapporto in una frase riportata da Graziella Pul�ce in un suo recente ritratto critico: «Il momento psicologi�co, credo, è la cattiva letteratu�ra, quella letteratura da cui il sogno viene espulso, da cui vie�ne espunto l'incubo, l'inconscio, la nevrosi notturna. E' la lettera�tura del giorno, non della dome�nica, ma del momento in cui sorge l'alba, i tram cominciano a funzionare; da quel momento si può scrivere la cattiva letteratu�ra fino all'ora del coprifuoco All'ora del coprifuoco comincia l'ora della letteratura vera, che è sempre notturna, sempre not�tambula». Salons è un libro del coprifuo�co, un libro psichico, alla Manga�nelli, sulla materia che, mentre parla della Gipsoteca dell'Istitu�to d'Arte di Firenze, ragiona sul candore del gesso e sulla «impu�rità ignara dei peccali»; o anco�ra, sulla castità del vetro, per cui vale l'aforisma: «Chi desidera muore; ma chi è morto da sem�pre può concedersi l'indugio di un desiderio che non osa deside�rare». Non so se sto andando troppo in là, ma in queste pagine all'ap�parenza innocue, trovo racconta�te le pieghe dell'anima, i segreti del cuore, i pensieri nascosti del desiderio. Manganelli lo fa abu�sando delle figure reloriche che con la loro statica impassibilità possono ben contenere la mate�ria fusa dei sentimenti e delle patologie mentali che tutti, più o meno, frequentiamo. Non è già questo un buon motivo per leg�gerlo? Una lingua ricca, imprevedibile, carica di umori Un manierista nei sotterranei della psiche Tornano i «Salons», cronache di visite immaginarie a mostre d'arte e antiquariato, musei e atelier, suggestivi percorsi di un grande istrione fi^fl MANGANELLI collezionista di meraviglie m \ v -Ct'J ^ v. -jr^ RITRAHO CRITICO Marco Bel pò liti A metà degli Anni Ottanta Manganelli, ma anche a ripensa�re quel periodo, gli Anni Ottanta, in un'altra ottica, perché la visio�ne che di solito se ne ha è appiattita su luoghi comuni. Ma per quale ragione il «lettoricorso a figure mitologiche piut�tosto che ai termini della psicolo�gia: angoscia, ansia, depressio�ne, malinconia, amore, furia, follia, innamoramento. Si può dire che Manganelli come da stessi comportamenti. Un Manganelli psicologo del profondo? Rispondere di s�sa�rebbe un errore, come potrà constatare il lettore che prende�rà in mano questo Salons per ne in modo stravagante e strano, dice sempre Giuliani: uno scal�tro delatore di se slesso. Taceva sui suoi drammi privati «Gior�gio Manganelli era un uomo molto angosciato» esordisce nel inaiiierato per poter parlare sen�za esclusione di colpi di tutti gli stati-limite dell'esistenza uma�na. Insomma, uno psicologo sen�za psicologia che utilizza il lin�guaggio per fare diagnosi che Tutti i titoli per conoscerlo Tornano i «Salons», cronache di visite immaginarie a mostre d'arte e antiquariato, musei e atelier, suggestivi percorsi di un grande istrione

Luoghi citati: Firenze, Parma