Lo Stachanov del Comune di Stefania MirettiGiuliano Ferrara

Lo Stachanov del Comune IL VICESINDACO MENO RUTELLIANO DEL CENTROSINISTRA Lo Stachanov del Comune DalPsiup alle nottate con Ferrara ritratto Stefania Miretti TORINO PARE che il Municipio sia il suo negozio, lui apre, lui chiude...», diceva Diego No�velli già qualche anno fa. E infatti, «prima di uscire spegne�te la luce» fu la proverbiale raccomandazione che Domeni�co Carpanini rivolse agli avver�sari, al termine del suo ultimo intervento da capogruppo pri�ma delle elezioni dell'SS. Erano dei «battutali», gli uomini che avevano retto le prime giunte rosse a Torino. Amavano fare scherzi e inventare sopranno�mi. E che Carpanazzo (cos�lo ribattezzò Novelli) sognasse di farsi sindaco, già allora lo pensa�vano un po' tutti. Lui ufficial�mente si poneva obiettivi più modesti, inseguiva primati da Stachanov del a pubblica ammi�nistrazione. Alla festa per i suoi primi 600 Consigli comunali consecutivi (mai un'assenza), il 24 ottobre 1994, gli fecero trova�re una torta. «Arriverò a mille!», gridò. «Attento a non fare come Zoff, che prese il gol quando stava per battere il record», gli rispose il leghista Molino, amico suo per superiori ragioni di fede bianconera. E' andata effettivamente co�sì, e chissà se quell'avvertimen�to è tornato in mente a Carpani�ni, oggi che a un soffio dal record (dopo le mille sedute, la candidatura a primo cittadino) incassa il gol, o più propriamen�te l'autogol, e annuncia il suo ritiro. Ma che intomo al portie�re autodesignato non ci fosse spogliatoio, era evidente fin dal�l'inizio. Nessuno aveva detto no a Carpanazzo, ma intanto all'in�terno della coalizione di centro�sinistra si cercavano candidatu�re alternative, nomi magari più prestigiosi, uomini meno legati a una stona di partito, forse persino più magri e meno baffu�ti da quando s'è capito che la lotta per la premiership è anche un concorso di bellezza. In tutte queste settimane Carpanini, il candidato meno rutelliano che si potesse immaginare ma Torino non è Roma era rimasto in porta, e solo qualche volta s'era fatto prendere dall'affanno sbagliando i tempi delle usci�te: come quando, comprensibil�mente inorgoglito, aveva reso pubblico l'appello degli intellet�tuali torinesi a sostegno della sua candidatura proprio nel gior�no in cui l'attenzione di tutti era puntata sulla contrapposizione Costa-Rosso dentro Forza Italia. Per il resto, il vicesindaco aveva occupato positivamente i tempi lunghi dell'attesa: una dieta di�magrante che aveva arrecato un serio danno al pasticciere di fiducia, molto lavoro, crescente impegno sul fronte della sicurez�za fino a guadagnarsi un nuovo, a lui gradito soprannome, quel�lo di commissario Maigret del centro-sinistra. Oggi dice che a scaricarlo sono stati proprio i suoi compa�gni di partito, un partito in cui negli anni quasi tutto ha cambia�to di posto, mentre Carpanini rimaneva dov'era sempre stato. Nel Pei Carpanazzo era entrato nel '72, con il gruppo dello Psiup capitanato da Lucio Libertini. Aveva già i baffi e l'impermeabi�le bianco, e molti facevano bat�tute sul suo aspetto da generale golpista d'un Paese sudamerica�no. Veniva da sinistra e subito si collocò a destra, tra i migliori�sti, aiutato nel passaggio dal�l'amicizia con Giuliano Ferrara, compagno di tante nottate pas�sate a giocare a poker con un sindacalista, Andrea Parvopasso, e un operaio della Fiat che spesso li lasciava tutti e tre al verde. «Con Domenico abbiamo condiviso dieci splendidi anni», ricorda oggi Ferrara, «una vita da funzionari di partito, pochi soldi, molte passioni, la stagio�ne del terrorismo, e noi due sempre in giro tra la 42a e la 53a, in quella Torino dove il Pei aveva una dislocazione militare sul territorio e le sezioni, lonta�nissime l'una dall'altra, si chia�mavano con dei numeri.... Lui però amava fare la pennichella dopo pranzo. "Ho un metaboli�smo da brigadiere", mi dice�va...». Carpanini si occupava delle nascenti circoscrizioni: una strada magari in salita, ma segnata. E aveva già detto addio alla carriera in banca mettendo�si in aspettativa. Quanto al ma�trimonio con Franca, una com�pagna di partito, va da sé che se uno non manca una riunione del Consiglio comunale colleziona assenze familiari: e negli anni in cui non era chiaro se il pubblico fosse privato, ma se ne discute�va, anche il privato di Carpani�ni, come quello di tanti, andava a rotoli. I momenti più difficili, co�munque, arrivarono con lo scan�dalo che travolse, nell'SS, la giunta Pci-Psi. Carpanazzo, si dice, avrebbe preferito una solu�zione meno diretta di quella scelta da Novelli, il sindaco che saltando la fase di prelavaggio domestico dei panni sporchi an�dò direttamente in Procura. Di�venne capogruppo, e forse fu allora che cominciò a pensarsi sindaco. Certo è che nel '96 rifiutò un seggio sicuro a Monte�citorio. E continuò a giocare a carte, non più contro un opera�io, ma con il presidente del�l'Ascom. I commercianti avreb�bero probabilmente appoggiato la candidatura dell'uomo che «pensa che il Municipio sia il suo negozio». E sarebbero pia�ciute, a molti torinesi, certe sue affermazioni un po' rudi, tipo «quelli di Roma mi conoscono poco, sarò andato a Botteghe Oscure s�e no dieci volte». Parole che oggi suonano co�me un epitaffio. Nel suo programma priorità sicurezza Lo hanno definito il Maigret di sinistra Giuliano Ferrara

Luoghi citati: Ferrara, Roma, Torino