Ulivo, Torino rischia la «sindrome Bologna» di Giampiero Paviolo

Ulivo, Torino rischia la «sindrome Bologna» Ulivo, Torino rischia la «sindrome Bologna» Carpanini (Ds): troppe liti, ritiro la candidatura a sindaco intervista Giampiero Paviolo TORINO H A scelto il giorno dei morti e un disadorno ufficio di Palazzo civico per dire ba�sta: da ieri Domenico Carpanini non è più il candidato ds alla successione di Valentino Castel�lani. «Mi ritiro. Torino ha biso�gno di un sindaco e di una coalizione forti, uniti, entusia�sti. Figuriamoci se può restare in gioco uno vissuto come ripiego, non sostenuto nemmeno dal suo partito». Si consuma lo strappo dentro la Quercia, e toma alla memoria il giorno in cui Diego Novelli fu messo in disparte alla vigilia delle Comunali del '93. La base, e molti tra i dirigenti più autore�voli, hanno assistito per mesi al braccio di ferro tra il vicesinda�co e gli uomini che, in teoria, avrebbero dovuto pilotarlo al tavolo con gli altri gruppi della coalizione: i segretari provincia�le Alberto Nigra, un giovane che viene dall'apparato, e piemonte�se, Pietro Marcenaro, l'ex leader della Cgil chiamato alla guida del partito quando già era alle viste la sconfitta di Livia Turco nelle regionali. Il divorzio duran�te l'ultima direzione ds: era notte quando Carpanini ha accu�sato i segretari di aver contribui�to sottobanco alla spasmodica ricerca di candidati alternativi, col solo risultato di bruciare in due mesi almeno dieci nomi illustri. Ma se lui attacca, gli altri non stanno a guardare. Temono l'im�magine dell'uomo di partito, con i suoi 17 anni di Consiglio comu�nale e i 4 di giunta; lo pensano indifeso sui problemi legati alla nuova immigrazione, che resta�no un nervo scoperto del gover�no cittadino. Inutile, dicono Ni�gra e Marcenaro, battersi su questo terreno contro il Polo, soprattutto se dall'altra parte ci sarà Costa. Ecco perché nel cilin�dro dei segretari resistono due alternative: Elda Tessore, ex assessore socialista ma poi an�che Sovrintendente del Teatro Regio e attuale presidente del�l'agenzia turistica, che rappre�senterebbe le nuove vocazioni di Torino, e Gian Paolo Zancan, presidente dell'ordine forense, uomo della «società civile» slega�ta dai partiti. Carpanini, li ritiene due candidati credibili? «Oggi non voglio parlare degli altri». Nemmeno di Nigra e Marce�naro? «Preferisco occuparmi della cit�tà e non delle beghe dei partiti». E alla città cosa dice? «Dico che se vincesse la destra sarebbe una sciagura. Si blocche�rebbe l'opera di risanamento profondissima avviata da Castel�lani, si comprometterebbe la ri�nascita appena iniziata. Ma ver�rebbero meno anche valori pro�fondi della nostra tradizione: pensiamo solo alla vicenda del sigillo a Galante Garrone. Torino è ancora in convalescenza: la fase acuta della crisi è passata, ma restano incertezze sul futuro e una scarsa convinzione dei proprio mezzi. Per gestire que�sta fase serve un leader forte, che sappia far sognare la gente e rappresentarne gli interessi a tutti i livelli, non uno azzoppato prima di iniziare la corsa, co�stretto a sottostare a tutti i giochetti della vecchia politica. Per questo mi ritiro adesso, a sei mesi dalle elezioni, quando c'è ancora tempo per una svolta». E se le chiedessero di resta�re? «Non vado in panchina. Mi riti�ro, e non credo mi si chiederà di restare». Cosa si rimprovera? «Forse mi sono fidato troppo, ho presentato la mia candidatura alla città e poi ho lasciato che venisse triturata dai partiti. Ma le assicuro, la gente non ne può più di questa politica, ed è stufa da dieci anni, non da sei mesi. Altro che società civile: ho propo�sto le primarie e mi hanno detto di no. Hanno parlato di una ampia consultazione con le for�ze sociali e culturali, e invece niente. Solo estenuanti trattati�ve senza parlare di programmi, con una lunare estraneità ai problemi reali. Basta, ho voluto anche ribellarmi a una versione caricaturale della mia candidatu�ra, presentata esattamente al�l'opposto di ciò che era: il vec�chio contro il nuovo, il partito contro la società, ci mancava soltanto che mi alzassero l'età anagrafica». E poi il sondaggio, i cui risultati sono stati diffusi solo in parte. «Ci vorrebbe una legge per puni�re chi detiene un sondaggio e diffonde solo dati a proprio piaci�mento. A piacimento si fa per dire, visto che ci hanno messo davanti agli occhi come non riusciamo più a parlare con va�sti strati dell'elettorato, dai pro�fessionisti agli artigiani, ai pove�ri, agli operai. Questi elementi dovevano far riflettere. Ma in qualche dirigente c'è una visio�ne stantia della società, ristretta a piccoli gruppi che si ritiene siano i soli a contare, quei cin�que-sei numeri di telefono da comporre assiduamente per ave�re il loro benestare». Sembrerebbe pronto a la�sciare il partito. «Non lo dica, se no mi offendo. Continuerò a lavorare perché il centro-sinistra vinca. Molti ami�ci mi invitavano a tenere duro: a loro dico che solo cos�potevo dare uno scossone e fare entrare aria nuova. Altrimenti la palude ci avrebbe inghiottiti tutti, con o senza CaqDanini». «Mi sono fidato troppo, lasciando che la candidatura venisse triturata dai partiti Qualche dirigente ha una visione stantia della società, ristretta a 5-6 numeri di telefono...» Diceva di lui Novelli: «11 Municipio è un po' come il suo negozio, lo apre la mattina, lo chiude la sera» | Domenico Carpanini, attualmente è vicesindaco diessino di Torino

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