Cercando la normalità sotto il tiro dei cecchini

Cercando la normalità sotto il tiro dei cecchini LA VITA QUOTIDIANA IN UN QUARTIERE ASSEDIATO DI GERUSALEMME Cercando la normalità sotto il tiro dei cecchini reportage Fiamma Nìrenstein GERUSALEMME IL fatto è che Israele non vuole piegarsi a pensare che il sogno sia finito. I ristoranti sono semi�vuoti, ma i ragazzi non rinunciano ai pub e alle discoteche; le strade sono tristi, si sta meno in giro, ma persino dagli insediamenti di Ga�za, come Kfar Darom, la mattina sotto gli spari che provengono dal�le case vicine la gente va in fabbri�ca o a scuola con la scorta dell'eser�cito, giubbotti antiproiettile e elmo in testa mentre le grandi palme al vento e il mare blu fingono che sia tutto normale; per andare a trova�re parenti e amici che erano vicini di casa, si affrontano invece ades�so lunghi viaggi, circumnavigazio�ni delle strade su cui i palestinesi sparano o tirano pietre. Il proietti�le è un oggetto familiare: si trova�no decine di gusci metallici usati per terra a Chilo come in altri quartieri di Gerusalemme e centi�naia in tutti gli insediamenti. I buchi nel muro, segno di miracolo�so scampato pericolo, sono diventa�ti un'icona da mostrare agli amici come l'arredo dei sacchi di sabbia alle finestre. Ma nessuno ha voglia di essere in guerra, Israele stenta assai a recuperare un tono bellico�so nonostante giorno dopo giorno i generali o i politici promettano che adesso è arrivato il momento di andare a fondo, di accettare l'idea di un'escalation. E' difficile odiare in democrazia: a scuola è proibito, al cinema pure, solo dove non ci sono scuole o cinema i ragazzi imparano a disprezzare l'avversa�rio. Fa fatica mettersi a odiare, la gente di smistra è abbattuta e troppo debilitata per mettersi a cambiare idea, la gente di destra non aveva sviluppato realmente nessuna teoria alternativa al pro�cesso di pace, e adesso è basita e non va o tre un poco interessante «te l'avevo detto, io». A casa, si ricevono decine di telefonate da amici preoccupati di sapere se sei vivo o morto, ma la gente giucca basso, risponde «Vieni pure a tro�varmi; la vita è normale, ho com�prato i biglietti per il concerto» ma mentre lo dice, sa che in un attimo l'interlocutore potrebbe ricevere una risposta tutta diversa. Baste�rebbe una di quehe zanzare di piombo, oppure un sasso ben tira�to^ una molotov. C'è la guerra in Israele? Ce n'è un bel po'. Si sentono le notizie ogni mezz'ora, e la tv fornisce ima quantità di dirette sugli eventi bellici in corso. Ma. adesso comin�cia ad avere problemi di sicurezza per i suoi inviati. Gli ospedali sono in continua allerta. Le ambulanze circolano molto più del normale. La polizia è ovunque, e la paura degli attentati svuota i super�market, i centri acquisti che sono in genere un enorme polo di aggre�gazione, i cinema, i teatri.. Le entrate del turismo sono calate del 40 per cento. I lavoratori palestine�si non vanno a lavorare o non ce li voghono, e gli israeliani non entra�no nell'Autorità Palestinese. Gli immigrati africani o filippini sono molto richiesti persino dai kibbutz di sinistra. La paura è compagna silenziosa e vigÙe di ciascuno: non si va da soli a far benzina o a comprare la frutta nei negozi arabi , e in certi giorni nemmeno in compagnia. Ma soprattutto, non è solo il corpo d'Israele che duole; è l'anima intera che non sa più tomare alla condizione di un Paese assediato, e anche di un Paese condannato dall'Onu ogni minuto, incompreso e sostanzialmente sco�nosciuto, ritenuto pieno di colpe. Piaceva agli israeliani essere festeggiati perché la pace era per strada, ora gli ebrei devono spiega�re e ancora spiegare com'è che negh scontri muoiono anche i bam�bini benché l'esercito spari solo contro chi spara. Israele era un paese immerso nel processo di pace da sette anni. I soldati di oggi avevano undici anni ai tempi dell' accordo di Oslo. I tre anni di esercito erano ormai un noioso esercizio fisico con grande uso di telefonino. Adesso la mamma di Dan Jacobi, un ragazzo di vent'an�ni di stanza a Gaza, davanti alla città di Khan Junes da cui è conti�nuo il lancio di pietre, di bottiglie molotov e da cui partono continui spari verso il campo militare deve abituarsi di nuovo all'idea che il figlio è in pericolo di vita. E al telefono, chiede solo:«Cos'hai man�giato?». Nel quartiere di Chilo ieri nel cielo gli elicotteri, fra le sei e le sette di sera, mettevano in scena la loro apocalisse. La gente va a lavorare con la scorta dell'esercito Si scende in strada con il giubbotto antiproiettile Ma in Israele nessuno ha voglia di essere in guerra Da tempo la paura dell'accerchiamento era solo un ricordo

Persone citate: Fiamma Nìrenstein, Jacobi, Khan