Seta, periferie e frullatore

Seta, periferie e frullatore L'America, l'amore del cinema, il peso della realtà I due autori discutono il mestiere del racconto Seta, periferie e frullatore Tra Baricco e Kureishi una sfida di stile Mario Baudìno inviato a LONDRA SE una sera di tomadi un viaggiatore incontra il Bud�dha delle periferie e il piani�sta di Novecento in una sala affollatissima dell'Istituto itaha�no di cultura dopo la peggior giornata di nubifragi che abbia sconvolto Inghilterra e Galles da anni e anni, che cosa può ragionevolmente aspettarsi? In�tanto può verificare che il pessi�mo tempo non ha fermato una folla enorme, a riprova delle popolarità di cui godono Ales�sandro Baricco e Hanif Kureishi; e poi, mano a mano che il confronto si scalda, viene fuori che l'idea del nuovo direttore, Mario Fortunato, sta dando ef�fetti piuttosto interessanti, spiazzanti, intelligenti. Mettere di fronte uno scrittore inglese e uno itahano, costringerli a parla�re reciprocamente di sé e maga�ri anche un poco a litigare (amabilmente) ci aiuta a misura�re distanze culturali, ma anche a capire qualcosa di più sul mondo delle storie, su come si raccontano e si impongono, in�somma su come lavora l'immagi�nazione in Europa. Baricco e Kureishi, interroga�ti da Enrico Palandri, parlano subito e a lungo dell'America. Non mancano loro i motivi: Hanif Kureishi ha lavorato mol�to per il cinema, come sceneg�giatore ma in un caso anche regista, soprattutto dopo il gran�de successo dei suoi romanzi più noti, MyBeautiful Laundrette e II Buddha delle periferie. Baricco ha appena finito la sceneggiatura di Seta per Hol�lywood, ed è parso molto diver�tito dall'esperienza, che, dice, gli ha permesso capire meglio la differenza fra Europei ed Ameri�cani. «Gli americani sono stra�ni, molto strani», dice a Ku�reishi, che emette un profondo sospiro di approvazione, scate�nando l'ilarità della platea. Ma poi chiede: in che senso? E' la sua strategia. Costringere il aartner itahano a spiegarsi, Dombardarlo di domande. Baricco sta al gioco: «Sono molto scientifici, fanno come il medico. Aprono la cartella e dicono: gli errori sono questi, la cura è questa. Ovvero, perlopiù, "cut", tagliare. Oppure ti spiega�no che un personaggio non va bene cos�come l'hai impostato. Tu ti difendi per dieci minuti, loro sorridono, e alla fine rispon�dono: yes, but... riproponendoti esattamente la stessa critica. E' un po' surreale». Kureishi; «Io avevo un distributore che mi baciava e toccava in continua�zione, mi amava più di se stesso. E intanto mi cambiava il titolo, poi anche il finale, forse l'inizio e la parte di mezzo, e la musica. Voleva il lieto fine. Io rifiutavo, e lui non faceva il film. Cos�per due anni. Alla fine ho capito: gli americani vogliono che l'audien�ce sia soddisfatta e provi piace�re. Gli europei voghono che sia soddisfatto e provi piacere l'au�tore». Una battuta a doppio taglio. Baricco: «E' quel che ci distingue completamente da lo�ro. Nei film vedi un cadavere. ma accanto c'è sempre qualcu�no che dice: è morto. Poi ci sono casi dove la differenza è più raffinata». Baricco fa l'esempio di Seta. «Qui c'è la storia di un uomo cui succedono molte cose, entra in un tunnel di accadimenti che lo sconvolgono. Nel libro, quando ne esce, è identico a com'era quando vi entrò. Può pensare che questo sia il mistero della vita. Ma gli americani continua�no a chiedermi, mentre lavoria�mo alla sceneggiatura: che cosa ha imparato? Rispondo: niente. Per loro non è possibile: quando uno toma a casa deve per forza aver imparato qualcosa». Ku�reishi ora non è più d'accordo. Ma lo dice con un colpo d�fioretto: «Io non sono america�no, anzi si suppone che sia pakistano. Però mi piacerebbe imparare qualcosa dall'esperien�za». E' ironico. Fighe di un pakistano e di un'inglese, ha sempre raccontato il razzismo ma si sente inglese punto e basta. E lo ripete spesso. Ironica�mente inglese, in questo caso. Baricco: «Seta parla di tradi�menti. I produttori americani gradirebbero che ci fosse una morale, ma nel libro non c'è. Anche tu dice a Kureishi in un tuo racconto hai un personaggio che va a fare il weekend con l'amante, e lei arriva col marito. Che cosa impara? Magari è suc�cesso a te?». Kureishi: «No, la gente pensa che io scriva sem�pre cose autobiografiche, però la mia vita non è cos�interessan�te. Qualcosa si impara sempre: per esempio, di stare attenti ai weekend con l'amante. Parlan�do seriamente, non credo che i libri debbano istruire, ma che la narrazione debba significare qualcosa, avere un senso, que�sto sì, lo credo». Baricco para il colpo: «Io non ci riesco. E' questo che fa imbufalire gli americani». Kureishi insiste: «I tuoi personaggi rifiutano di im�parare dall'esperienza». Baric�co sfugge alla presa: «Trovo bellissima quest'idea del rifiu�tarsi di imparare... Però se fossi americano, ti chiederei: l'aman�te, nel tuo racconto è buona o cattiva? E il tizio che va con lei? E il marito? Come sono? Anche per decidere da quali attori farli interpretare, beninteso». Ku�reishi abbozza: «Ho tentato per un sacco di tempo di vendere questa storia in America. Mi sa che hai ragione». E' solo uno scambio di battu�te in una lunga conversazione, ma fa capire come al di là della cortesia e dell'apprezzamento reciproco, i due scrittori siano divisi da questioni anche di fondo, sul narrare. L'inglese cre�de fermamente non solo nella scrittura, ma nel «romanzo co�me la forma più alta per cattura�re l'esperienza umana»; l'italia�no scherza o finge di scherzare sulla sua «invicha» per quelli che fanno cinema. Insomma, crede più nell'artificio. «Io scri�vo del mondo intomo a me e di quel che mi succede ribadisce Kureishi perché queste storie chiedono di essere raccontate. Non potrei scrivere del passato. Per me il Buddha delle periferie, che è ambientato negli Anni Settanta, è già un romanzo stori�co». Baricco afferma di non poter seguire questa via. «Mi piacerebbe» dice con amabilità «ma non ci riesco. Per me già incominciare un romanzo con un nome italiano è un proble�ma. Come si fa a scrivere delle storie con gente che si chiama Marina? Lui ci riesce, io no. Preferisco parlare del passato, perché cos�posso usare solo i "pezzi" di mondo che :ìi�servo�no. Come al cinema: l'inquadra�tura mi disturba. Bisogna essere molto bravi per tenere il fuoco sulle cose che contano». C'è però qualcosa che li uni�sce, ed è quella sorta di difesa della «biodiversità culturale». Baricco, che è lirico e postmo�derno, spiega il suo amore per i luoghi lontani ed emblematici come qualcosa che si oppone alle riduzione del mondo (del�l'esperienza del mondo) a un numero limitati di «tipi», insom�ma all'uniformazione globale. Kureishi che ha sete di storie e di gente, che cerca una senso per la cose e per le storie, cui non interessa la politica «ma la società», in fondo non fa altro che non sia descrivere ostinata�mente la complessità, far risalta�re la ricchezza delle differenze. «Ma tu lo sai cambiare il pannolino?» gli chiede Baricco (che ha un figlio di due anni), a tradimento. E Kureishi, che di figli ne ha tre, dice quasi a muso duro: «Non credo che scrivere sia più importante che cambia�re un pannolino». Baricco am�mette che è un problema: «Devo trovare una ragione per accende�re il computer anziché stare a contemplare mio figlio che sco�pre, che so, un frullatore». Ku�reishi attacca ancora: «Ma il bambino e il frullatore dovreb�bero già essere il tuo soggetto come scrittore», e Baricco, do�po un attimo di incertezza, bloc�ca l'affondo e patta: «Provo, poi te lo mando. Tutti gli scrittori che hanno un figlio tardi ci fanno un libro su. lo voglio che questa storia resti chiusa in casa mia. La scriverò come eser�cizio, però a te lo mando davve�ro». Quasi una sfida a duello. All'alba, dietro le mura del Con�vento della Complessità. «Amo i mondi lontani non riesco a descrivere il presente intomo a me» Rincontro a Londra dedicato al romanzo: dai tradimenti d'amore ai cadaveri, dall'ironia pakistana ai tagli dei produttori «Scrivere? Non è più importante di cambiare il pannolino del bebé» à I d Alessandro Baricco e (a destra) Hanif Kureishi: I due scrittori si sono incontrati all'Istituto italiano di cultura a Londra

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