Yves Klein

Yves KleinYves Klein L'incanto del blu dipinto di blu BASTEREBBE un piccolo detta�glio a decretare la grandezza as�soluta, e forse non an�cor sufficientemente metabolizzata, di un pioniere vero della Mo�dernità come Yves Klein. Due città, a pochissima di�stanza di tempo (Nizza, la sua città natale, ed ora Prato, a cura di Bruno Goral gli dedicano due va�ste, serie, doverose retrospettive: i pezzi spesso sono gli stessi, le intenzioni espositive piuttosto si�milari, ma l'effetto è assolutamen�te diverso, dirompente. Sembrano due mostre assolutamente diffe�renti, nuove: a dimostrare la gran�dezza autentica, debordante, poli�fonica e polisignificante di un in�cantatore reale come Klein, che realizza nel Novecento una sorta di cimoso vitalismo dell'intelligen�za («la vita, la vista stessa che è arte»), di misticismo vuoto, abissa�le, paradossalmente razionale, ceLA MO: DSETTMarco rebrale. Devozione «cristiana» all' Assenza (ma non al Non-senso. Klein trovava di «cattivo gusto» e vana l'esperienza dada e surreali�sta). Tutto è calcolato, razionale nella sua fondissima mistica dell' Indefinibile. E lo dimostrano i suoi testi altissimi e pregni di cultura (pubblicati anche nel ricco e com�posito catalogo Museo Pecci, ahi�mè ricco pure di refusi, di note a gogò, di distrazioni). «Il colore è per me la sensazione materializzata», sostiene: e il suo viaggio iniziatico, la sua avventura «contro la linea» inizia molto presto, quando è anco�ra un giovinetto e scopre l'Italia dei musei e dell'arte primitiva, del gotico senese, dei fondi oro. Basta leggere i suoi diari: domina come una forma di disfunzione ottica. Non vede i contorni, non ricorda le sagome o i nomi delle chiese, ha memoria soltanto per le chiazze di STRA LLA ' MANA a II ora colori, che lo esaltano, lo nutrono. Persino i musei, sono «ricolmi» non tanto di tele o di artisti, ma di emozio�ni cromatiche. Capri gli appare come una «sorta di Cagnes-surMer in miniatura»: «il più fantastico gioco di colori che abbia visto nella natura». Ma poi usa un avversativo rivelatore: «un paesaggio dai mille e colori e nello stesso molto dolce». Perché lui vede sempre le cromie in battaglia, in contrasto. Esemplifica questo duello con la coppia Ingres (l'acca�demico della linea netta, che incan�terà Picasso, ma che secondo Klein è il vero corruttore della pittura) e il liberatore Delacroix ( «all'origine della pittura lirica contempora�nea», più vicino a Matisse) che disfa tutto nell'emotività dei puri pigmenti: legge il suo diario e vi scopre una parola-chiave, «l'indefinibilità» del colore. La sua inafferabilità, la sua incommensurabilità. la sua sovrana fluidità misteriosa. Klein è davvero l'iniziatore dell'al�tra linea: non tollera 1' «esaspera�zione della forma» di Malevic, il suo campeggiante quadrato nero che blocca le vibrazioni dello sguar�do. Né «il problema senza nessuna soluzione possibile dell'organizza�zione dello spazio di Mondrian». Non condivide le battaglie dell' astrattismo, preferisce andare a «pescare» i suoi maestri nei mosai�ci di Ravenna e il suo «predecesso�re» ad Assisi, «considero Giotto il vero precursore della monocro�mia, per i suoi monccromi blu, chiamati ritagli di cielo dagli stori�ci dell'arte, ma che-in realtà sono degli affreschi monocromi unifor�mi». Eppure, nei suoi monocromi assoluti, blu (quel blu inconfondibi�le, opaco e oltremarino, che deposi�terà, in una sorta di parodia dello scienziato pazzo, come YKleinBlu) nulla è mai uniforme, morto, spes�so o spento. Tutto pulsa, respira, vibra d'innanzi al nostro sguardo accalappiato, come certe alghe sot�to la superficie del mare: lui stesso lo dice, «sono dunque sfociato nel�lo spazio monocromo, nel tutto, nella incommensurabile sensibili�tà pittorica». È un mondo incanta�to, disabitato, non vi trova nessun collega a sporcare cpreste spiaggie edeniche, lunari. «Lo spazio mi ha concesso il privilegio di essere pro�prietario» di crueste lande ove può sfogarsi «una sensazione inaudita di libertà assoluta», che soltanto certi suoi predecessori hanno «so�gnato», pur prigionieri della sbarre della figurazione o dell'astratismo, succubi della «tirannia della rap�presentazione». E a guardare quel�la magnifica foresta di spugne e madrepore impregnate di blu; si pensa davvero alla felice anarchia Costazzurra e subacquea di un altro nizzardo, Jean Vigo. Certo, c'è una sorta di dandysmo umoristico in Klein, che con i suoi occhi sgomenti alla Topor e la maschera triste di Keaton, nei suoi film ritua�li, conduce le danze come un mago con bacchetta da film muto di Méliès, trascinando le sue donne nude impregnate di blu su grandi superfici bianche, che lasceranno la loro traccia casuale. Eppure non c'è nulla di ironico, d'insensato. Occultista cristiano, campione di judo, rosacrociano, alchimista volterriano, autentico e non parodi�stico devoto di Santa Rita da Ca�scia (cui chiedeva la grazia di «po�ter abitare le proprie opere») Klein era maledettamete serio, ilariamente tragico, convinto di ripetere il percorso di Cristo e di morire a trentatre anni (mor�a 34, nel '621. E fu un mostruoso, miracolato profeta: delle combustioni di Burri e delle fiamme ossidriche di Kounellis, dei pigmenti puri di Parmiggiani e Kapoor, della body art e dell'arte povera, dei voli senza gravità e le macchine di Panamarenko. LA MOSTRA : DELLA ' SETTIMANA Marco Va II ora AL MUSEO PECCI DI PRATO LA RETROSPETTIVA DEL GENIALE ARTISTA DI NIZZA AFFASCINATO DAI MONOCROMI E PRECURSORE DI TENDENZE E RICERCHE DEGLI ULTIMI DECENNI Yves Klein. La Vita, la vita stessa che è l'arte assoluta. Prato. Museo Pecci. Tutti i giorni dalle 10 alle 19. Fino al 10 gennaio 1 Una modella di Klein si rotola nel colore per lasciare poi sulla tela «tracce casuali»

Luoghi citati: Assisi, Capri, Italia, Nizza, Panama, Prato, Ravenna, Stra