I 4 giorni di follia del rqguno di Mondovi

I 4 giorni di follia del rqguno di Mondovi I 4 giorni di follia del rqguno di Mondovi Quando sbarcò in Sardegna sapeva già di aver perso l'appalto Guido Ruotalo inviato a CAGLIARI «Verso le 11, d�gioved�26 otto�bre., al centralino del posto fisso di polizia di Porto Toires, giunge�va una telefonata da parte d�Contini Francesco...ìl quale infor�mava che in una stradina attigna all'ingresso centrale dello stabili�mento industriale Enìchem aveva rinvenuto un'autovettura ferma in modo inusuale, con lo sportello aperto e il quadro acceso...». Sem�bra già passato un secolo dall'epì�logo della scomparsa di Stefano Lorenzi, eppure a ripercorrere tut�ti i momenti di questa vicenda, ore e giorni convulsi, anche leggen�do gli atti di una inchiesta giudizia�ria già archiviata, viene da riflette�re. E' una storia vera, non una farsa che rischiava di trasformar�si in tragedia. E' una fotografia su un piccolo mondo d�provincia, sulle illusioni e le speranze, sulle delusioni e sugli ingann�di un uomo, Stefano Lorenzi, che, alla fine, ha preso in giro solo se stesso. Alle ore 11 di gioved�scorso, scattava l'allaraie... Ma il fatto, la scomparsa d�Stefano Lorenzi, era avvenuta trentacinque minuti pri�ma, alle ore 10,25, come ha confer�mato solo domenica pomeriggio agli investigatori, Gian Mauro Boe, un autista della ditta «Sanna Antonio», che stava trasportando delbìtume. E come è stato riscontrato dalla lettura del cronotachigrafo del ca�mion. «Mentre percorrevo la via Vivaldi racconta il testunone giunto all'altezza dell'inprocìo con la vìa che porta alla portineria centrale dell'Enichem, venivo af�fiancato e sorpassato da un'auto, una Alfa 166. Detta auto, subito dopo avermi sorpassato, si par�cheggiò sul marciapiede. Mentre affiancavo il mezzo, una persona alta un metro e ottanta circa, vestita con giacca grigia, scende�va dall'Alfa Romeo 166 e, senza chiudere lo sportello, s�incammi�nava in direzione del porto...». Ora che la storia è finita, tutto sembra cos�scontato e invece, quando sul posto arrivano gli inve�stigatori, quando si scopre che Stefano Lorenzi era figlio del sena�tore leghista Luciano Lorenzi, quando persino la Digos, nei primi momenti, si ritrova catapultata nelle indagini perché pochi giorni prima dei volantini delle Brigate Rosse erano state recapitate all'Enìchem, allora si capisce anche il nervosismo e gli errori di quelle ore. Ma quand'è che Stefano Loren�zi ha decìso di eclissarsi? Quando il titolare della società «Plaza sri», a cui aveva fatto la consegna del macchinario, gli conferma che il pagamento della commessa sareb�be avvenuto a macchinario in funzione? E, dunque, si rende conto che i debiti con le banche rischiano di soffocarlo definitiva�mente? Pochiminutiprima diabbando�nare l'auto, Stefano Lorenzi chia�ma dal suo cellulare prima la moghe e poi la segretaria, sua cognata. Carla Biarese, la moglie, racconta ai poliziotti il giorno do�po la sparizione del marito: «La sera in cui è partito, Stefano mi ha telefonato da bordo della nave. Mi diceva che si stava recando a cena con gli operai, mi è sembrato molto tranquillo, ricordo che mi diceva che s�stava muovendo soltanto in quel momento. Ha chiesto dei bambini e poi mi dice�va che mi avrebbe richiamato. Nella stessa conversazione mi di�ceva che ci saremmo rivisti marte�d�mattina...». «Ieri mattina, verso le 10, sul�l'utenza fissa di casa, in uso anche a mia madre, mi telefonava Stefa�no e mi diceva che erano arrivati, che stavano sbarcando l'ultimo camion, che il viaggio era stato tranquillo e che mi amava tan�to...». Cristina Biarese, cognata e segretaria d�Stefano Lorenzi, l'ul�tima chiamata la riceve intorno alle 10,15 di giovedì, dieci minuti prima della messinscena del se�questro: «Mi chiama sull'utenza dell'ufficio e mi dice che avevano già sbarcato tutti i camion, che tutto era andato bene e che si stava recando a prendere i bigliet�ti di ritomo per i trasportatori. Forse gli ho chiesto come era il tempo ma, ottenuta la risposta, non ci siamo dilungati oltre». In realtà, tutto stava andando per il peggio. Mario Mallarini è il titolare della ditta «Plaza». Già giovedì, e poi venerd�scorso, per due volte, viene sentito dalla squa�dra mobile in questura, a Torino. E fornisce un quadro molto elo�quente. «I rapporti tra le mie aziende e il signor Lorenzi risalgono a circa tre o quattro anni orsono, allorché il predetto iniziò a fornire i miei stabilimenti di Mallare (Savona, ndr) di due mac�chine per la verniciatura e la marchiatura delle pedane da me prodotte. Già allora, il Lorenzi mi espose la possibilità di fornirmi un ulteriore impianto, completa�mente automatizzato, per l'assem�blaggio delle pedane Lo assicu�rai che, nel caso fosse riuscito a progettare e realizzare, rendendo�la perfettamente funzionante, ima macchina di tal genere, l'avrei senz'altro acquistata. Tale promessa fu regolarizzata attra�verso una scrittura privata, nella quale era previsto che il pagamen�to dell'impianto avvenisse soltan�to al termine dei necessari collau�di e soltanto se questi avessero avuto esito positivo». Dunque, lo sapeva, e non da ieri, e non da giovedì, che Mallari�ni l'avrebbe pagato solo a condizio�ne che i macchinari fossero entra�ti in funzione. Eppure, gioved�a Porto Torres, Stefano Lorenzi sca�ricò alla ditta «Plaza» solo una parte del macchinario, incomple�to, che mai avrebbe potuto funzio�nare. «La consegna dell'impianto racconta sempre Mallarini sareb�be dovuta avvenire circa un anno e mezzo orsono, ma è stata più volte rimandata sia a causa d�difficoltà tecnìco-realizzative che, almeno nell'ultimo mese, d�diffi�coltà incontrate dal Lorenzi nel reperire capitah per far fronte ai costi d�produzione». Ma perché Lorenzi trasferisce �macchinari inutilizzabili a Porto Torres? Lo spiega sempre Mario Mallarini agli investigatori: «Il Lo�renzi mi disse che se fosse riuscito a inviare la macchina presso la mia ditta d�Porto Torres, avrebbe ricevuto un finanziamento banca�rio di circa 600 milioni. Per tale motivo gli accordai il permesso di trasferire l'impianto in fabbrica, precisando che, comunque, io non avrei sostenuto alcuna spesa sino a che non l'avessi visto funzionan�te». Dunque, tutto era già chiaro prima che Stefano Lorenzi sbar�casse a Porto Torres. La sua fuga, l'arrivo a Cagliari, la vendita del cellulare al venditore ambulante Gianluca Pillosu, l'arrivo a Roma. E l'epilogo, domenica sera, quan�do chiama la moglie. Intercettato, la polizia riesce a individuare la cabina da dove chia�mava. Era un telefono a scheda presso il «Me Donalds» della sta�zione Termini. I due poliziotti che vengono mandati a prenderlo scri�vono nel loro verbale: «Alle ore 22,55 circa del 29 ottobre del 2000 lo intercettiamo. Lui ci vede, si rende conto, si volta, interrompe la telefonata. Scoppia in lacri�me..». Piange a dirotto e le prime parole che dice sono: «Sono riusci�to appena a salutare i miei a casa, non sono riuscito ancora ad ucci�dermi...ho combinato un bel casot�to...». Eh sì, un bel casotto. Al telefono rassicurò la segretaria: «La consegna dei macchinari sta andando bene» Il proprietario dell'azienda di Porto Torres «Il suo impianto non funzionava» L'auto di Stefano Lorenzi è stata rinvenuta dagli inquirenti con il motore e l'autoradio ancora accesi in una strada dell'area industriale di Porto Torres