«Waityl(if hai fatto gol nei nostri cuori»

«Waityl(if hai fatto gol nei nostri cuori» UN GIUBILEO PARTICOLARE «Wojtyla, hai fatto gol nei nostri cuori» Senza vincitori la prima amichevole «interreligiosa» reportage Giuseppe Zaccatìa ROMA LANCIA lungo un musulmano, al secolo Rachid Neqrouz, un pente�costale rifinisce, l'anglicano Philemon Masinga crea spazi, l'ortodosso Mutu trafigge la porta italiana. L'arbi�tro cattolico annulla per fuorigioco. Chissà se, un giorno, il bilancio a reti inviolate della prima amichevole inter�religiosa di cui si abbia memoria potrà essere letto così. Al di là del ricMamo simboheo, delle esortazioni papali, dei discorsi rituali di alcuni vecchi bonzi dell'organizzazione sportiva oggi tro�varci altro non sarebbe facile. Ieri mattina all'Olimpico si celebra�va il «Giubileo degli sportivi», gli ingre�dienti per un grande spettacolo di folla c'erano tutti eppure la partecipazione, il calore, il significato di altri avveni�menti che avevano marcato l'Anno Santo, questa volta hanno finito con lo stemperarsi in un cli�ma di festa popolare più che da grande ce�lebrazione. Tutta Roma, forse tutto il mondo aspet�tavano di vedere co�me si sarebbe com�portato un Papa allo stadio, un Papa che ancora una volta muoveva moltitudi�ni, un Papa che sia pure a bordo della nera ((limousine» ave�va appena percorso la pista di atletica per quasi tutta la sua lun^iezza. Karol Wqjtya un tempo aveva stupito tutti con la passione per lo sci, le improvvise scampa�gnate in compagnia di Sandro Pertini, amico di un tempo, le apparizioni in monta�gna su piste inneva�te. I suoi sport, quelli che praticava da gio�vane, però erano di�versi, individuali, e sicuramente più puri rispetto alle competi�zioni odierne. Ieri il Papa è apparso forse più stanco che in altre occasioni, a tratti sembrava accigliato, a lungo deve aver sofferto il freddo e l'umido che solo verso le undici si sono aperti in una mattinata di sole. Sembrava quasi av�vertire la mancanza dei «Papa-boys»:' ■■AS'* sostituiti da una moltitudine composta da famiglie con bimbi piccoli, religiosi, anziani. Erano in programma la gara dei disabili, la corsa degli ex dilettanti e la fanfara dei carabinieri, il «manifesto dello sport» e le grida di gioia dei bambini. C'erano i cartelli che dicevano «Giovanni Paolo, hai fatto goal nei nostri cuori», bianche colombe dapper�tutto, le squadre di calcio del Vaticano, i canti religiosi degli ((American Gospel Singers», fiaccole simboliche, vecchie sequenze registrate di Giovanni Paolo che cammina in montagna o gioca a bocce, tedofori in stile post-olimpico. E poi ancora Zola con moltitudini di suore. Tolti e i volontari del Giubileo, Del Piero ed i sui accaniti contestatori, Batistuta e le ragazzine romaniste, Sheveenko ed il presidente del Coni, Juan Antonio Samaranch ed il sindaco Rutel�li. Al termine di una mattinata di preghiere e di canti, riti, commozione e dirette televisive, Roma ha finito col celebrare una giornata un po' meno memorabile delle altre. Del rapporto di Karol Wojtyla col calcio si sa tutto dal giorno in cui chiese all'allora famosissimo Ronaldo, in visi�ta in Vaticano: «Lei gioca in Italia?». Anche ieri dopo la Messa, la lunga esortazione al mondo dello sport, un breve riposo per cambiarsi d'abito, il saluto alle personalità presenti il Papa ha assistito all'incontro fra Italia ed ((Ali Stars» con un disinteresse che non avrebbe potuto essere più cortese ed assieme più profondo, mentre via via l'entusiasmo dello stadio si spegneva intorno alle accorte evoluzioni dei cal�ciatori e le gradinate cominciavano a svuotarsi. L'inizio della maltmata era stato del tutto diverso'. Stadio pieno fin dalle nove del mattino, canti «gospel» a riscal�dare il pubblico, numerosissimo nono�stante una pioggerella fastidiosa, l'arri�vo di Giovanni Paolo accolto da un'ova�zione interminabile. Le acclamazioni che giovani e famiglie rivolgevano al pontefice assumevano il ritmo di slogans sportivi, gli applausi e le grida di «viva il Papa» si sommavano in un clamore più intenso di quello che qualsi�asi avvenimento sportivo può provoca. re. Subito dopo la Messa celebrata dinanzi a uno dei più vasti uditorii che si possano immaginare ha visto un intero stadio calarsi dalla festa nella concentrazione del rito. Lo sport, diceva 0 Papa, oggi è chiamato «a un esame di coscienza per ritrovare slancio creativo e propulsi�vo», dev'essere «uno sport che tuteli i deboli, che non escluda alcuno, che liberi i giovani dalle insidie dell'apatia e dell'indifferenza, che sia fattore di emancipazione dei Paesi più poveri ed aiuto a cancellare l'intolleranza». Il passaggio che più di ogni altro ha strappato al pubblico un applauso since�ro è stato quello che paragonava lo sport all'esistenza: in un campo come nell'altro, ha detto Giovanni Paolo, «per riuscire bisogna perseverare nella fati�ca». Al mondo ricco e violento dello sport non quello che dovrebbe essere, ma quello che è un invito che può racchiudersi in una frase: «Può lo sport esimersi da questo provvidenziale dina�mismo spirituale? No: anzi proprio l'im�portanza che riveste invita quanti vi partecipano a cogliere questa opportu�nità per un esame di coscienza». Subito dopo, gli applausi e le grida di giubilo hanno cominciato a rivolgersi anche verso altri obiettivi: a tratti sul grande schermo dello stadio le immagi�ni di un Papa sempre più stanco s'incro�ciavano con quelle dei giocatori pronti a iniziare l'incontro, e le acclamazioni di ragazzi, tifosi e fedeli si accavallavano. Un momento di grande partecipazio�ne s'è acceso intomo alla corsa dei disabili, seguiti da un'ovazione lungo tutta la gara ed anche nel giro di saluto compiuto dopo la vittoria di Gianluca Ferale, un giovane novarese. Subito dopo a vincere la gara dei cento metri piano è stato Salem Mubarak, atleta saudita, che recandosi poco dopo a porgere omaggio al Papa se n'è potuto uscire solo in un'imbarazzata stretta di mano. L'incontro di calcio, il primo che poteva contare su un Pontefice come tifoso, s'è iniziato quando il clima aveva decisamente cominciato a virare verso un'atmosfera da kermesse. Il buddista Roberto Baggio era in panchina, assie�me con l'evangelico Marco Aurelio, il protestante Bierhoff. Eppure al centro del campo erano altri ortodossi, anglica�ni e musulmani che ricamavano trame col pallone e sia pure, come dire, senza dannarsi l'anima dominavano la sce�na. S'era già visto un Papa percorrere la pista d'atletica, un Papa premiare e benedire gli sportivi: immaginare uji Papa che rivitalizzasse anche la pallida esibizione delle due «nazionali» sarebbe stato un po'troppo. Il buddista Raggio in panchina accanto al protestante Bierhoff eTevangelico Marco Aurelio In campo anche ortodossi, anglicani e musulmani La corsa per disabili a un novarese Una grande festa ecumenica Non c'erano i «Papa-Boys» ma tante famiglie in tribuna :' ■■AS'* Nella foto sopra Giovanni Paolo II assiste alla partita dell'Olimpico Qui accanto il capitano della Nazionale Paolo Maldini gli regala un pallone, sotto l'allenatore Trapattoni gli consegna la maglia azzurra dedicata al Giubileo

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