I SILENZI DI PUTIN di Barbara Spinelli

I SILENZI DI PUTIN DALLA PRIMA PA.GINA I SILENZI DI PUTIN Barbara Spinelli to che la ragione di preoccu�parsi non è qui. che patolo�gie e anormalità sono altro�ve. E' normale che una moneta di dimensioni ormai continentali fluttui verso l'al�to o il basso, come accade al dollaro. Non è invece affatto normale che l'Europa conti�nui a essere priva di politiche all'altezza della moneta mon�diale che possiede, e non veda i pericoli di una pacifica�zione euro-russa condotta all'insegna dell'oblio di sé, e di una mancanza impressio�nante di chiaroveggenza. Tanto più significativo è l'appello di 550 intellettuali e politici che mettono in guardia l'Eliseo, e l'Unione. E' raro vederne tanti insie�me, che chiedono una politi�ca europea più esigente, so�prattutto nell'assistenza umanitaria, e che disapprova�no il "silenzio che uccide" in Cecenia. E' una sorta di secessione mentale, cui si assiste: l'Europa che pensa, che scrive, che fa teatro o cinema, che è testimone di�retta di orrori passati come Elie Wiesel o Marek Edel�man (uno dei capi dell'insur�rezione di Varsavia), prende le distanze dalle élite politi�che che auspicano oggi l'appe�asement, l'accomodamento con Putin. Gli intellettuali in secessione non si riconosco�no in un'Europa che tende a discutere solo di petrolio, con Mosca: o perché i suoi pensieri sono angusti, o per�ché sono intimiditi. Nella primavera del '99, quando furono fermate le guerre razziali di Milosevic, alcuni europei intuirono la sfida, sia pure con ritardo: oltre a creare una moneta unica, si trattava di fissare i confini di civiltà dell'Europa in via di estensione. Nel proprio territorio e alle fron�tiere, l'Unione non avrebbe tollerato il ritorno delle bar�barie contro cui aveva deciso di unirsi nel dopoguerra: la barbarie degli odi razziali, dei genocidi. Ma la fermezza si infranse alle porte del Cremlino, quando Putin si mise a imitare Milosevic. Gli euro-americani avevano combattuto una guerra necessa�ria, contro uno Stato debole. Non furono capaci di alzare neppure le sopracciglia, a cospetto di uno Stato forte dell'atomica. Non è casuale che molti firmatari vengano da nazioni che vissero sotto il giogo comunista, e che dopo la liberazione parziale deir89 patirono le guerre di Milose�vic: dalla Polonia, dall'Un�gheria, dalla Romania, dalla Bulgaria, dalla stessa Cina. I più numerosi sono gli intel�lettuali kosovari, cui si ag�giungono i paesi che hanno motivo per temere il colonia�lismo russo: i Baltici e l'Ucraina. Non meno impor�tanti sono i firmatari politici dell'appello lanciato dai filo�sofi Ramoneda e Glucksmann: tra essi Emma Boni�no, Antonio Martino, Anto�nio di Pietro, e Walter Veltro�ni in nome dell'ex Pds . Non è questione solo di diritti umani violati, di con�venzioni che Mosca trasgredi�sce impunemente. Davvero grave è la sordità dei massi�mi organi europei, che discu�tono di allargamento e anco�ra non sanno mettersi in ascolto di chi, a Est, ha accumulato esperienze oltre che insuccessi, saggezze oltre che spaventi. Più degli occi�dentali, gli orientali sanno in effetti che etica e interessi non si dividono, senza perire ambedue. E' come se l'Unio�ne aprisse le porte alle nazio�ni che furono consegnate a Stalin, nel dopoguerra, e non fosse in grado di apprendere alcunché dai fratelli lunga�mente separati. Il negoziato sul gas natura�le è sintomatico. I nuovi gasdotti progettati in vista del voluminoso accordo eurorusso traverseranno una serie di paesi dell'Est, e la Polonia in prima linea, prima di essere distribuiti ai paesi dell'Unione. Per volontà di Mosca, tuttavia, l'Ucraina sarà emarginata dai proget�to: cosa che allarma Varsa�via, che vede accrescersi la dipendenza di Kiev da Mo�sca, e la vulnerabilità com�plessiva dei confini orientali europei. Sentendosi minac�ciata, Kiev ha tuttavia solo quest'unico avvocato, atten�to all'avvenire geostrategico dell'Europa: la Polonia, che è spalleggiata da Washington ma che non viene di fatto consultata dall'Unione. La questione ucraina è fonda�mentale per l'Unione, ma pochi se ne occupano. Al contrario: non senza un cer�to disprezzo, la Polonia è chiamata il " cavallo di Troia americano" nell'Unione. La seconda liberazione del�l'Europa, neir89) non avven�ne perché gli occidentali fecero di tutto per vincere. Avvenne perché vi fu la guerra fredda, ma anche perché le popolazioni sotto�messe cessarono di avere paura, e perché le parole dei dissidenti avevano infine fat�to breccia negli animi dei cittadini comuni. Sono gli stessi dissidenti (da Kowaliov a Bukowski alla vedova di Sacharov Helena Bonner) che oggi invitano gli europei a aprire gli occhi sulle forme inedite dei poteri dittatoriali o neototalitari, e sui disastri non ancora superati di un postcomunismo che fatica a divenire democrazia. Naturalmente è urgente che gli Europei comincino a negoziare con Putin: che lo ascoltino con attenzione, con pazienza, come in genere usano fare le grandi potenze. Ma le grandi potenze cono�scono anche l'arte di farsi ascoltare, e di non sprofonda�re nel mutismo della docili�tà, quando l'ora lo richiede. Non esiste solo Putin che vuol farsi intendere, con le sue verità cos�spesso falsifica�te. Esistono innumerevoli te�stimoni del vero, che posso�no dire come stanno le cose in Russia o nel Caucaso, e che vale la pena appoggiare: i democratici che si battono a Mosca contro la guerra coloniale dei militari o con�tro il razzismo anticaucasico che regna nelle città dell'ex Urss, le madri dei soldati mandati a morire e a mac�chiarsi di crimini in Cecenia, le mogli dei marinai lasciati morire nel Kursk, i governan�ti legittimi di Grozny che sanno spiegare come gran parte del banditismo terrori�sta sia manovrato dai servizi segreti dell'ex Kgb e dalle truppe speciali del ministero degli interni russo. Putin è spesso chiamato un enigma, da cui può scatu�rire il peggio come il meglio. Ma il termine è fuorviante. In realtà Putin non è un mistero, e di lui si sanno parecchie cose. Si conoscono le sue guerre, e non poche sue bugie: non solo sul Kursk, ma anche sul presun�to banditismo terrorista ceceno. Banditismo non inferiore a quello russo, e attizzato da due guerre di sterminio. Basti ricordare il caso del bambino israeliano Adi Sharon, figlio di un industriale di origine russa, rapito e poi liberato dai servizi russi. Putin ha mostrato più volte ai suoi interlocutori occiden�tali la foto del fanciullo rapito, seviziato, per dimo�strare l'incorreggibile malva�gità dei ceceni e la bravura dei poliziotti liberatori. In realtà sono numerosi i testi�moni compreso l'ex mini�stro degli interni israeliano Nathan Sharansky che san�no la verità : il bambino non fu rapito dai ceceni, ma da un clan mafioso russo che lo teneva imprigionato a Penza, non lontano da Togliattigrad. Di Putin si conosce anche l'aspetto migliore: la disponi�bilità a correggersi, a impara�re dalle sconfitte! Dopo gli errori commessi durante l'af�fondamento del Kursk, il Presidente si rivolse al pro�prio popolo, chiese perdono, e si assunse la responsabilità dell'accaduto. E" segno che la fermezza non è inutile, come non è superfluo resiste�re alle menzogne o protesta�re. Basta mettersi in ascolto di chi punta il dito' sui pericoli, sostenerli nella loro battaglia per la verità, e non lasciar soli con le loro inquie�tudini né i dissidenti, né i polacchi che difendono l'Ucraina, né l'est che aspet�ta alle porte dell'Europa, né i giornalisti come Antonio Russo che sfidano la morte pur di testimoniare.