«Ma quel suo insulto per me è un elogio» di Alberto Papuzzi
«Ma quel suo insulto per me è un elogio» LA REAZIONE DEL PROFESSORE «Ma quel suo insulto per me è un elogio» Alberto Papuzzi TORINO IL professore si diverte. Il pro�fessore è il giurista e lo storico Alessandro Galante Garrone, che non è nelle grazie di Fi e An. Ieri Berlusconi ne ha rimarcato la «faziosità». Ma il professore sem�bra quasi compiacersene: «Con�fesso che da parte di Berlusconi è un elogio». Al cronista dell'Ansa Ita detto che per festeggiare avrebbe bevuto un goccio di vi�no. L'accusa non lo disturba (co�me ha già avuto modo di spiega�re): «Chi mi conosce, a comincia�re dai miei lettori, può giudicare da sé». Gii dispinco solo che l'amico e coetaneo Norberto Bob�bio non sia oggetto, da parte del Cavaliere, dello stesso giudizio: «Questa distinzione dice e un torto fatto a Hindi». Lo strano caso del sigillo civico per lui è finito, da quando ha scritto al presidente del Consiglio comuna�le una lettera in cui declina l'onorificenza: «Confesso la mia convinzione si leggeva nella missiva che dato l'atteggiamen�to ostile dei rappresentanti di Forza Italia e Alleanza Nazionale sia meglio considerare l'episodio definitivamente chiuso». Per cui non avrebbe voluto sentirne più parlare. In ogni caso il professore sdrammatizza. «E' bene non esa�gerare», dice sorridendo, nella quiete del salotto. Sceglie le paro�le con cura, vuole evitare la foga. Naturalmente non nega l'antipa�tia con il Cavaliere. «Non mi ò mai piaciuto. Sono stalo forse il primo a contestare Berlusconi quando è apparso sulla scena politica». Però ne fa una questio�ne estetica: «Badi che questo non è in nessun modo un giudizio morale e nemmeno politico». Poi spiega: «Sono abitualo a guarda�re gli uomini anche dal sorriso. Il sorriso di Berlusconi non mi pia�ce. Mi suona falso. Un sorriso che esprime, se mi è permesso, una certa vanità. Quindi il mio, lo scriva pure, è un giudizio esteti�co». E dopo una pausa: «Sempre che. si possa ancora dichiarare l'impressione suscitala dalle ap�parenze esteriori, senza per que�sto giungere all'estremo di dire che il volto rispecchia l'animo». Quindi conclude con una punta di soddisfazione: «Perciò se sono in uggia a quel signore significa che sente la incommensurabile distanza che c'è tra noi. Spero che questo non gli sia troppo di dispiacere». Protagonista suo malgrado, a novantun anni, di una tipica polemica italiana, Galante Garro�ne non si capacita lauto della risonanza che tutta la storia ha avuto. Ma dietro il caso si intravvedono le ombre dell'astio per l'azionismo. Il giurista e Bobbio sono osteggiali in quanto rappre�sentanti del partito antifascista in cui militarono. Come si spiega tanta ostilità, per un partito poli�tico scomparso oltre cinquanl'anni fa? «Siamo i pochi sopravvissu�ti di una scelta che non avrebbe avuto le simpatie berlusconiane. Mi porlo dietro, ci portiamo die�tro, la profonda antipatia che l'azionismo si è sempre attirato, fin dal suo primo apparire, per l'intransigenza da un lato e per la sincerità dall'altro. Dicevamo co�se sgradite. Senza dubbio, la cul�tura del Partito d'azione non rispecchiava quella della maggio�ranza degli italiani. Questo non lo si può nascondere». Il professor Alessandro Galante Garrone
Persone citate: Alessandro Galante Garrone, Berlusconi, Bobbio, Garro
Luoghi citati: Torino
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