Umorismo, che dramma di Elena LoewenthalAchille Campanile

Umorismo, che dramma Un filone latitante nella letteratura italiana d'oggi. E i libri dei cabarettisti, nel loro piccolo... Umorismo, che dramma Campanile non basta a far tradizione Elena Loewenthal C^E poco di che stare allegri. In altre parole: che dramma. La nostra�na letteratura si prende di que�sti tempi molto, persino troppo sul serio. Il genere umoristico è tragicamente assente dagli scaf�fali nonché dalle volontà e vel�leità intellettuali di intere gene�razioni alle prese con la scrittu�ra. A consultare gli scomparti virtuali delle due maggiori libre�rie telematiche d'Italia inter�net bookshop e zivago la voce «comicità» o «umorismo» è dra�sticamente assente, e a voler ridere un poco bisogna ritagliar�si qualche scarno titolo sotto «società», «costume» e altri affi�ni dissimili. Lo stesso dicasi rivolgendosi all'utile servizio «li�bri in arrivo» del multiforme sito Alice. Elena De Angeli, mitica edi�tor sotto il cui occhio sapiente ed infallibile sono passate e passano penne eccelse d'Italia oltre a migliaia di inediti sma�niosi di un suo giudizio, confer�ma con molto malincuore e un poco di nostalgia: in anni ed anni di manoscritti esaminati, più che rari gli aspiranti scritto�ri, dice, la cui ambizione fosse quella di ispirare la risata nel proprio lettore. «Soltanto il li�bro pensoso è preso sul serio», commenta, .perché in Italia l'umorismo ha, dagli Anni Tren�ta a questa parte', perso via via ogni credibilità culturale. La risata esiste, certo, ma è pur sempre subordinata ad altri sco�pi: satira, morale, dito puntato verso costumi e malcostumi. Nel nostro paese è come se ci si vergognasse di far ridere. Ma la questione è: questo cipiglio letterario si iscrive in una tradizione secolare o costi�tuisce un fatto relativamente nuovo nel panorama delle belle lettere italiane? E' insomma esi�stito davvero quel filone comi�co gaudente che passando per il Folengo è proseguito attraverso ebbene s�il Manzoni e il suo irresistibile Don Abbondio (il personaggio che in fondo resta più impresso nelle menti anno�iate sui banchi di scuola e i perversamente iterati percorsi avanti e indietro per i Promessi Sposi) per arrivare sino a Guareschi e compagni, ma l�estin�guersi tristemente? Alcuni con�fermano, altri sanciscono inve�ce un'assenza storica e secolare di umorismo nella nostra lette�ratura, dovuta presumibilmen�te a quella mancanza di unità linguistica che è il presupposto essenziale affinché la battuta di spirito vada a buon fine. Gli uni e gli altri concordano sul fatto che il provincialismo nuoccia al ridere, che è d'altro canto un ingrediente essenziale nella for�mazione dell'individuo: chi, si'no a un pugno di anni fa, era cresciuto senza leggere lo spas�soso Giornalino di Gianburrasca? Che ridere sia un bisogno naturale sin dall'infanzia pare averlo capito la sempre attenta redazione di Mondadori Ragaz�zi che, qualche mese fa, ha inaugurato una collana apposi�ta per bambini e adolescenti. I quali, crescendo, non sapranno però più a che santo e a che editore rivolgersi, se vogliono ridere leggendo e leggere riden�do. Anche i comici nel loro piccolo.:, vien quasi da dire, infatti, sentendo sulla questio�ne un'autorità indiscussa. Mi�chele di Gino SMichele ma soprattutto delle Formic/ie, epo�cale antologia di battute confor�tata da un successo strepitoso e da un numero imprecisato di ristampe. Questo florilegio nac�que come una specie di scom�messa fra seguaci della risata intelligente. La battuta che vin�se il concorso bandito una sera in salotto e che avviò l'edizio�ne -, è tanto lapidaria quanto onnicomprensiva: «Bambino saccente il primo giorno di scuo�la. La maestra gli domanda: Credi in Dio? Il fanciullo riflette un istante e poi con somma sufficienza risponde: credere è una parola un po' grossa. Dicia�mo che lo stimo». Michele addita una certa cri�tica sussiegosa quale responsa�bile del crollo di letteratura umoristica e comica in Italia. A far piangere non ci vuole nien�te, ma che fatica invece per suscitare una risata, conclude sconsolato Michele, sulla scor�ta di Aristofane e Shakespeare, Charles Dickens e, stando ad alcuni, anche Gadda. E' anche vero che molto successo riscuo�tono i libri tratti dai copioni del cabaret, ma ancora una volta non si tratta di scrittori ansiosi di far ridere e magari ridere anche, scrivendo, bens�di una specie di surrogato, di qualcosa cioè che ha poco a che vedere con un qualsivoglia impegno letterario. Dove sono, invece, i Jerome K. Jerome, i Woodhouse e persino David Lodge nostra�ni? Non rimane che rivolgersi ad Achille Campanile, succosa per quanto datata consolazio�ne, cui Rizzoli dedica una colla�na tascabile e un progetto di ristampa di tutta la ricca produ�zione, con prefazioni d'autore. Fra gli ultimi volumi usciti, la Cantilena all'angolo della stra�da introdotta da Stefano Bartezzaghi e le mirabili, esplosive Tragedie in due battute con nota di Masolino d'Amico. Pros�simamente vedremo, rivela l'editor Rizzoli Franco Grassi, il Trattato delle barzellette e Gio�vanotti, non esageriamo!. La lettura di Campanile è provvidenziale panacea allo sconforto di fronte a un panora�ma librario piuttosto deprimen�te. La risata che suscita è sem�pre cos�liberatoria, cos�disim�pegnata: autentica divagazio�ne. Pensare che egli cominciò facendo incetta di ritagli di agenzia trascurati, notizie cu�riose e bizzarre, raccattati quan�do faceva il correttore di bozze e il segretario di redazione alla Tribuna e all'Idea Nazionale, nei primi Anni Venti. Con le tasche piene di questi materiali diligentemente appollottolati, la sua testa cominciava a lavora�re, vieppiù in preda a quel «parossismo demenziale», co�me l'ha chiamato Michele Mari, miccia della risata più gratuita e scema che si possa immagina�re. Campanile resta un esempio insuperato di umorismo fine a se stesso, fehcemente alieno da ogni altro intento che non sia quello di scatenare l'accesso ilare attraverso la parola, richia�mando l'ovvio all'ordine e l'as�surdo alla vis provocatoria che gli è propria. In attesa di vedere nascere un degno erede della sua penna che compirebbe un seco o di vita proprio quest'an�no, non ci resta che piangere ma, soprattutto, rileggerlo con lo spirito di sempre. Ma anche la critica non è senza peccato Con il suo sussiego ha provocato il crollo di un genere Rarissimi gli scrittori che mirano a divertire. Siamo , provinciali e l'assenza di unità linguistica impedisce alla battuta di cogliere il segno Gino 8t Michele, fortunati autori delle «Formiche», Gino Cervi e Femandel nella serie cinematografica di Don Camillo 3, a destra, Achille Campanile

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