Valle d'Aosta, un giorno di lutto di Claudio Laugeri

Valle d'Aosta, un giorno di lutto Valle d'Aosta, un giorno di lutto In migliaia ai funerali delle vittime di Fenis Claudio Laugeri Inviato a FENIS Il settimo giorno dopo il disastro è il momento dell'addio a chi è stato rapito per sempre dalla forza della Natura. Oltre mille persone affollano la chiesetta di San Maurizio, a Fénis, paese dove sei vite si sono spente in un fiume nato dal nulla. In chiesa c'erano le bare di Carletto Perron, 55 anni, e del figlio Elis, di 23; di Maria Gloria Parravano, di 56; di Anna Peraillon, di 39, e del figbo Alessandro Bortone, di 16. Per un'altra vittima (Carmine Trapani, di 45 anni), il funerale si era svolto sabato ad Aosta, dove lui voleva essere sepolto. Anche le persone accorse in chiesa sembrano un fiume e ascoltano le parole del parroco Pierino Colmar, affiancato dal sacerdote che era stato per molti anni in paese, Camillo Cuaz. Quasi stupisce il silenzio di quelle centinaia di persone, sguardo fisso alla chiesa e pensieri rivolti alla tragedia di una settimana prima. Le parole del sacerdote sono amplificate da un altoparlante, altra sorta di miracolo in un paese dove la potenza dell'acqua e del fango aveva distrutto tubature e traUcci. In 24 ore, i tecnici dell'Enel hanno rimesso in piedi ciò che la natura aveva piegato. Per l'acqua ci vorrà di più. «Dinanzi alla forza della natura ci siamo sentiti impotenti dice il parroco -. I mezzi meccanici del giorno d'oggi non hanno potuto arginare tutti i disastri. Dobbiamo affidarci a Dio, da soli non ce la facciamo». Ma la gente della Valle d'Aosta ha già scoperto la sohdarietà, come testimoniano le migliaia di volonta�ri che hanno deciso di vestire mantelle e stivali di gomma, di imbracciare pale e picconi, armi della lotta al fango e ai detriti. Fénis, poi, è all'avanguardia: molti abitanti sono vigili del fuoco volon�tari oppure fanno parte della Protezione civile. Una fortuna nella sfortuna, che ha di certo favorito l'avvio della «macchina» dei soccorsi. E della sohdarietà manife�stata da tutti fin dall'inizio, quando un centinaio di persone si erano rifugiate nel castello sotto la spianata dove era arrivata la fiumana di fango e detriti. «I più forti sono quelli che si mettono al servizio di tutti. Onesti sentimenti sono davvero da ammirare» dice il parroco. Parole in sintonia con quelle scritte qualche giorno fa dal vescovo Giuseppe Anfossi, dopo i funerali di altre 7 vittime nella zona di Pollein, a un paio di chilometri da Aosta, sfollato dopo la frana assassina: «Mi colpisce la serenità di quanti sono ospiti in caserma. La solidarietà è più forte, fa dimenticare torti e offese. Bisogna amare il prossimo come se stessi e bisogna mantenere viva questa scoperta anche nella vita "normale", quando tutto sembra andare bene». Ma è ancora troppo presto per lasciar�si il disastro alle spalle. Bisogna prima vincere la sensazione di minaccia, di impotenza. «Ero con Carletto e Elis (entrambi vittime della frana, ndr), abbia�mo fatto 10 metri insieme, poi loro hanno scelto di fare un'altra strada per fuggire dall'acqua. E sono stati travolti» ricorda Stefano Ponza, 65 anni, vicino di casa della famiglia stroncata dal disastro. Bisogna che tutto questo diventi soltanto un ricordo. I volontari lavorano senza sosta in tutta la Valle. La statale 26 è aperta fino a Courmayeur; Gressoney è ancora isolata e verso Cogne è stato aperto un varco per i mezzi di soccorso; l'autostrada è aperta da Morgex a San Giorgio. Un passo verso la normalità. La Valle in ginocchio vuole rialzarsi.

Persone citate: Alessandro Bortone, Anna Peraillon, Camillo Cuaz, Carlet, Carmine Trapani, Giuseppe Anfossi, La Valle, Perron