«Globalizzare all' europea»

«Globalizzare all' europea» «Globalizzare all' europea» Fresco: innovare la cultura d'azienda Vanni Cornerò TORINO «Dobbiamo misurarci solo con i migliori del mondo e non con i Paesi vicini», la sfida è globale e la necessità, per le aziende europee, è quella di diventare globali, se non si vuole che «globalizzazione» significhi «americanizzazione». Cos�il presidente della Fiat, Paolo Fresco, sprona gli italiani e con loro i partner dell'Unione ad ab�bandonare il loro «provincialismo culturale» per cercare di ridurre lo svantaggio nei confronti degli Sta�ti Uniti. Fresco ha parlato a Parigi, du�rante una tavola rotonda alla Sorbona: «Spetta a noi europei creare società globali e cercare di recuperare il ritardo con gli Stati Uniti», per farlo, suggerisce, biso�gna sviluppare il «global brain», ovvero dare una formazione che porti a pensare in modo multicul�turale, mettendo in grado di perce�pire i problemi da tutti i punti di vista. Una cosa che, come ha ricordato il suo presidente, la Fiat sta già facendo con un programma di formazione trasversale dei ma�nager. La globalizzazione mette le aziende di fronte a nuove respon�sabilità e, con la limitazione della sovranità degli Stati, che ad esem�pio non hanno voce in capitolo in operazioni transfrontaliere, le so�cietà devono anche dar prova di quella che Fresco chiama una «buona corporate citizenship»: le aziende devono aver ben presenti gli obiettivi e la cultura dei Paesi in cui operano e creare, proprio grazie al nuovo approccio cultura�le, una «nazione virtuale». Insom�ma, l'impresa globale non deve limitarsi a soddisfare gli interessi dei propri azionisti, ma deve porsi come acceleratore dello sviluppo del Paese in cui opera. In questo quadro, sempre se�condo il pensiero del presidente della Fiat «l'immaginazione è im�portante, soprattutto quando si�gnifica intuizione», ma, per un'azienda, ancora più importan�te è «una rapida capacità di reazio�ne e di realizzazione». «La differenza non è tra chi immagina, ma tra chi realizza», ha spiegato Fre�sco, insistendo sulla necessità di una «flessibilità strategica» e pro�prio la mancanza di flessibilità in generale, l'eccesso di regolamenta�zioni e di burocrazia, la carenza di infrastrutture moderne, la soprav�vivenza di corporativismi sono, come il supermanager del Lingot�to ha detto più volte, alla base della perdita di competitività. Sotto questo profilo, per quan�to riguarda l'Italia in particolare, Fresco ha delineato la situazione pochi giorni fa parlando all'Uni�versità di Torino: «Le esportazio�ni crescono meno di quanto cresca la domanda mondiale, i consumi si alimentano sempre più di pro�dotti che arrivano dai partner europei e dal resto del mondo, la produzione industriale aumenta meno che in europa. Inoltre restia�mo poco attraenti per gli investi�menti esteri, visto che l'anno scor�so sono arrivati in Italia 4,9 miliar�di di dollari, cioè sedici volte meno che in Gran Bretagna, otto meno che in Francia, quasi quattro meno che in Irlanda e la metà di quelli entrati in Spagna». Uno stato di cose per cui il nostro sistema produttivo, invece di raf�forzarsi rischia di indebolirsi. Ser�ve un'intervento a livello politico che ci rimetta al passo, suggerisce il presidente della Fiat, un piano di sviluppo del Paese che non trascuri l'esigenza delle imprese di assicurare il miglior ritorno ai propri progetti di investimento. Essere al passo con il sistema globale, dunque, perchè, ricorda Fresco:«Senza globalizzazione sa�remmo tutti più poveri». II presidente della Fiat, Paolo Fresco

Persone citate: Paolo Fresco, Vanni Cornerò

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Parigi, Spagna, Stati Uniti, Torino