Marcia dei 40 mila, gli operai volevano l'accordo con la Fiat di Alberto Papuzzi

Marcia dei 40 mila, gli operai volevano l'accordo con la Fiat Marcia dei 40 mila, gli operai volevano l'accordo con la Fiat dibattito Alberto Papuzzi TORINO I vincitori e i vinti della verten�za dei 35 giorni e della marcia dei quarantamila si sono Riardati di nuovo in faccia, nela tavola rotonda che ieri matti�na all'Unione industriale ha aperto il convegno «A vent'anni dall'autunno '80». Non sono mancate polemiche e screzi, co�me la frecciata di Cesare Romiti contro i «cosiddetti industriah» che suggerirono alla Confindustria di lasciare isolata la Fiat. O come lo spunto astioso fra due irriducibili avversari, il sindaca�lista Claudio Sabattini e l'im�prenditore Carlo Callieri: «Non accetto il suo tono, lei ha il vizio di offendere», sbotta il primo. «Serve franchezza non diploma�zia, meglio essere maleducato», replica 3 secondo. E il moderato�re Gad Lemer si becca un secco «Lei è prevenuto!» da Luigi Arisio, il capo della riscossa dei capi. Se il riemergere delle passioni poteva dare l'idea che U tempo non fosse trascorso, e che le ferite fossero ancora aperte, in realtà i problemi in discussione appartenevano a un'altra azien�da, a un altro sindacato, a im'al�tra Torino, a un'altra Italia. A differenza del convegno di dieci anni fa, la tavola rotonda, come gli interventi di studiosi nel pomeriggio, ha misurato la di�stanza che ci separa dall'insie�me di eventi ristrutturazione dell'azienda, conflittualità nelle officine, 14.000 licenziamenti, blocco dei cancelli, caduta del governo, ritiro dei licenziamenti con ricorso invece alla cassa integrazione, divisioni nel sinda�cato, marcia dei quarantamila che è stato chiamato la Svolta dell'Ottanta, a chiusura di un aspro decennio, apertosi con un altro autunno, quello caldo. Dunque i vincitori: Cesare Annibaldi, Carlo Callieri, Luigi Ansio e, fuoriprogramma. Cesa�re Romiti. E invece gli sconfitti: Piero Fassino, allora responsabi�le della commissione fabbriche del Pei di Torino, due sindacali�sti, Giorgio Benvenuto e Claudio Sabattini, e il sociologo di sini�stra Aris Accomero. In mezzo Lemer, con domande scomode. In prima fila la dirigenza Fiat, con l'avvocato Gianni Agnelli, il presidente Paolo Fresco, l'ammi�nistratore delegato Paolo Canta�rella. In platea meno imprendito�ri del prevedibile e invece molti quadri sindacali ed ex militanti della sinistra. Come ha detto, d'altronde, nel suo saluto inau�gurale, Andrea Pininfarina, pa�drone di casa, il 14 ottobre '80 per i giovani imprenditori è soprattutto un pezzo di storia, noto nei racconti dei padri. La conflittualità in fabbrica è il tema cruciale su cui si riaccen�de lo scontro. I manager conte�stano che i delegati contavano più dei capi, con ima confusione di responsabilità sugli inceppi nella produzione. Duro Callieri, sulla famosa V Lega della Federa�zione metalmeccanici: «Un cen�tro di potere fondato sui delega�ti». Cita a conferma un fatto di costume: «Mentre i capi lascia�vano l'auto fuori della fabbrica, i delegati avevano il permesso di entrare con le loro macchine. Io feci ritirare quei permessi». Du�ro Romiti, sui militanti dei pic�chetti: «Sento che la Fiom li premierà con diploma. Vede Sa�battini, io decisi di andare sino in fondo la notte che feci il giro di Mirafiori e li vidi scherzare e ballare tra i fuochi. Quelli, mi dissi, non erano operai Fiat». Il leader della Fiom non cre�de, oggi come allora, alla crisi aziendale. Rovescia invece sul management l'accusa di scontro perii potere. Colloca la vicenda nel contesto di una svolta thatcheriana. «Non era in gioco dice Sabattini la crisi della Fiat, ma l'apertura di una nuova fase industriale». Vede nella vi�cenda la liquidazione di un mo�dello, quello dei delegati, che si basava sulla contrattazione sul posto di lavoro, come espressio�ne della soggettività operaia: «Senza questa soggettività il sin�dacato in realtà non esiste». Si scontra con Fassino: «Il Pei gli rinfaccia fece di me il capro espiatorio». Ma le polemiche riguardano anche il management aziendale, per la disponibilità a contrattare mostrata nel corso degli Anni Settanta. Rievocando il tentati�vo di sperimentare nuove rela�zioni sindacali, Annibaldi è co�stretto a un bilancio in rosso: «Si rinnovavano i rapporti, ma ogni volta si perdevano posizioni», per cui era invalsa la battuta che «di contrattazione si muore». Più secco. Romiti denuncia che «dal '69 all'80 la dirigenza Fiat fece ima politica di accondiscen�denza verso il sindacato». Per l'ex amministratore delegato ci fu «una colpa della Fiat nell'aver ecceduto nella visione illumini�stica». Mea culpa di Fassino («Abbia�mo perso perché non abbiamo capito che il mutamento era strutturale») e di Benvenuto («Il consiglione dei delegati non ave�va più reale rappresentatività»). Lamenti di Arisio, eroe solo per un giomo: «Siamo diventati i reduci del Vietnam. Ci sentiamo un po' troppo traditi». A doman�da di Lemer, si chiarisce il peso avuto dai quarantamila. I confe�derali accettarono subito l'accor�do prima respinto. Lama disse: «Metta giù il testo, dottor Romi�ti, che domani lo portiamo a Torino. Ho già il biglietto dell'ae�reo». Fra gli sconfitti anche Aris Accomero, perché lavorò a una ricerca, commissionata in prati�ca da Fassino, sulle intenzioni dei lavoratori. Furono raccolte 16.000 risposte, che parlavano chiaro: alla domanda se fosse possibile la cooperazione fra ope�rai e padroni la maggioranza rispose sì. Contro l'anti-industrialismo dell'avanguardia, ha spiegato il sociologo, veniva net�tamente in luce un'immagine relativamente moderata della maggioranza operaia. «Ma i ri�sultati della ricerca vennero con�siderati dal sindacato non credi�bili». albpap@lastampa.il Una ricerca confermò l'orientamento moderato dei lavoratori, ma il sindacato giudicò «non credibili» quei risultati ^•i iULk ^ mf^^Mf La «marcia dei quarantamila» sfila per le vie di Torino il 14 ottobre '80 Qui accanto: Luigi Arisio A sinistra: Luciano Lama allora segretario della Cgil

Luoghi citati: Italia, Torino, Vietnam