La foga a Mosca del figlio di Milosevic di Giuseppe Zaccaria

La foga a Mosca del figlio di Milosevic L'ENTOURAGE DEL DITTATORE COMINCIA AD AVERE PAURA La foga a Mosca del figlio di Milosevic Marko scappa sotto falso nome con famiglia e «gorilla» reportage Giuseppe Zaccaria Inviato a BELGRADO Marko Milosevic è in viaggio d'affari. Ieri mattina, mentre albeggiava e gli ultimi giornali�sti stranieri bloccati per man�canza di visto potevano final�mente uscire dall'aeroporto, lui arrivava allo scalo di Surcin. Il trentenne e prediletto fi�glio di Slobodan era con la moglie e il figlio di due anni (Marko anche lui), quattro «go�rilla», nonché la scorta speciale di un uomo che troppo frettolo�samente s'era dato per finito, il capo dei Servizi di sicurezza Rade Marcovic. La famigliola si è rifugiata nella «saletta vip» dell'aeropor�to, mentre qualcuno si recava al banco della Jat per registrare i passeggeri sotto il nome di «famiglia Jovanovic». A conse�gnare le carte d'imbarco è stato il direttore della compagnia in persona. Poco dopo Marko, la moglie, il figlio e una delle guardie del corpo sono saliti sul volo delle 8,45 per Mosca. Gli stewards lo hanno ricono�sciuto nonostante una recente ricoloritura dei capelli già tinti di biondo. Hanno protestato con il comandante per la falsa identità ma poi l'aereo è partito lo stesso: non si poteva mettere nei guai il resto dei passeggeri (fra i quali, si sente dire, anche qualche altro personaggio del regime colto da improvvisa ur�genza di missioni moscovite). A quest'ora il giovanotto è in Russia sotto la protezione dello zio Borislav, ancora ambasciato�re jugoslavo. Un figlio scapestrato è parte del destino di ogni autocrate: Ceausescu aveva il suo Nicu, Saddam Hussein deve vederse�la ancora con Oudai e fino all'altra sera anche Slobodan tentava di gestire senza succes�so la complessa personalità di Marko. Dicono che in queste ultime sere padre e figlio abbiano pas�sato molte ore assieme, forse come non era accaduto mai. Nei tratti di famigha l'originaria vena montenegrina riaffiora, spinge a considerare il maschio di casa con una preziosità mai espressa neanche dal nostro più profondo Mezzogiorno. Difficie è dire se la partenza di Marko Milosevic preluda a un trasferi�mento famigliare. E anzi parreb�be di no. Molto dipende da quanto in queste ore i vertici dell'Sps stanno decidendo in una riunione dove alcuni sosten�gono il tentativo di ridare vita al partito scaricando il Capo, mentre altri che il Capo sia ancora il partito e dunque al massimo può vederlo affondare assieme a lui. In sé, la partenza di Marko Milosevic non è dunque fatto rivelatore. In una famiglia che si sente circondata lui era il personaggio più criticato ed esposto, quindi spedirlo altrove è scelta saggia. Tre giorni fa a Pozarevac i dimostranti aveva�no distrutto la sua famosa disco�teca, «Madona», e a Belgrado la sontuosa e incongrua profume�ria aperta all'interno di un «Robna Cuca», una sorta di Upim locale, a due passi dal centralis�simo Hotel Moskva. Piuttosto, il personaggio è interessante per quanto rivela dell'ambiente famigliare, va scandaghato in quanto prova viaggiante di un'instabilità di fondo governata solo dalla vo�lontà del Padre, e dalle di lui capacità manovriere. Un paio di anni fa mi capitò di incontrarlo in un ristorante di Belgrado: presiedeva una ta�volata serale di luccicanti, for�mose poveracce e di criminali con la faccia da criminali. Non parlava, gridava. Non guardava i suoi amici, ma gli altri tavoli. Non era interessato alla sua gente ma solo all'effetto (meglio se intimidatorio) che riusciva ad esercitare sugli altri. Pochi giorni prima aveva risposto ad un articolo di «Vreme» con una lettera aperta che in sostanza diceva: «Ve la faccio vedere io». Ad un incrocio poco amichevole di sguardi, un amico mi fece: «Vieni via». Quella stessa sera, in quello stesso posto, uno che aveva risposto ad apprezzamen�ti sulla sua compagna venne massacrato di botte. Un ragazzo instabile, si dice�va. Una decina di anni fa mezza capitale sapeva di quanto il figlio del socialista Milosevic adorasse i simboli fascisti. Al�l'epoca, dell'ambasciata d'Ita�lia faceva parte un consigliere (poi fortunatamente partito) che aveva arredato una stanza della sua casa con un busto di Mussolini, una serie di simboli del Fascio ed un gagliardetto de «La Disperata». Fra Marko e il giovane diplo�matico c'era amicizia, in quegli anni a Belgrado circolavano pa�recchie ragazze che consumava�no cocaina. Le feste in casa del diplomatico italiano prevedeva�no un momento topico, quello in cui Marko e l'ospite aprivano la stanza, si esibivano nel salu�to fascista e cantavano a squar�ciagola gli inni del Ventennio. Marko, un nostalgico? Ma no, racconta chi lo frequentava allora: solo un ragazzaccio con�fuso, uno che con tanto padre a fatica aveva terminato la scuo�la secondaria. E che infatti da quel momento avrebbe manife�stato il più sincero disprezzo per l'impegno e la politica. Soltanto automobili (fra cui una Ferrari) guidate senza timo�re della polizia stradale, una lunga serie di incidenti, qual�che rally di provincia e molti, molti affari sporchi ma sempre di secondo livello. La discoteca, il parco di «Bambiland» a Pozarevac, un po' di traffico di petrolio. Un'at�tività in qualche modo protetta da Zeljco Raznjatovic, detto Arcan, in cambio di altri favori. Dicono che dopo l'assassinio di Arcan la signora Mira Marcovic si fosse recata segretamente a porgere le condoglianze a Zeza, cantante folk e moglie della vittima. In realtà, a chiedere che Marko non venisse abban�donato ai suoi nemici. Molti dei suoi guardaspalle erano stati uccisi. L'ultimo, l'altra sera, ad Atene. Meglio partire. Il prediletto del padre era uno dei più odiati personaggi della capitale Tre giorni fa i dimostranti avevano distrutto la sua famigerata discoteca iWiilMIIlMIill Marko Milosevic

Luoghi citati: Atene, Belgrado, Mosca, Russia