Sulla nave degli emigranti per vincere il premio Nobel di Piero Bianucci

Sulla nave degli emigranti per vincere il premio Nobel DA LEVI MONTALCINI A ROBBIA: LE AMARE STORIE DI SCIENZIATI COSTRETTI A LASCIARE L'ITALIA Sulla nave degli emigranti per vincere il premio Nobel analisi Piero Bianucci LA fuga dei cervelli è una vecchia storia italiana, che cambia faccia con il passare dei decenni ma nella sostanza è sempre la stessa. Quello di Anto�nio lavarone e Anna Lasorella, oncologi brillanti che lasciano il nostro Paese per 1'«Albert Ein�stein College» di New York, è solo l'ultimo episodio. Con precedenti illustri. Come gli emigranti canta�ti in certe nostalgiche melodie napoletane, Rita Levi Montalcini parte per l'America a bordo di un bastimento. Era una nave che batteva bandiera polacca, non grande, chiamata «Sobieski». Due settimane a ballare sull'oceano Atlantico, con burrasche che spaz�zavano il ponte. Poi, ai primi di ottobre del 1947, lo sbarco a New York, sotto il profilo emblematico della Statua della Libertà. Su quella nave, con la minuta biologa torinese c'era un altro emigrante d'eccezione. Renato Dulbecco, come lei allievo del�l'Università di Torino alla scuola dell'istologo Giuseppe Levi. Appar�tati, sempre sopra coperta a pren�dersi gli schizzi di salsedine, ave�vano progettato il loro futuro. Progetti che la sorte provvedere a cambiare. Rita Levi Montalcini pensava di fermarsi negli Stati Uniti qualche mese. Invece ci rimarrà per trent'anni, all'Univer�sità di Saint Louis. E certo nessu�no dei due immaginava che un giorno sarebbero andati a Stoccol�ma per ricevere il premio Nobel per la Medicina: Dulbecco nel 1975 per i suoi studi sui virus oncogeni e la Levi Montalcini nel 1986 per la scoperta dell'NGF, il fattore di crescita delle cellule nervose. Entrambi sono tornati in patria, in tarda età. Dulbecco per vedersi lesinare i fondi al Progetto Genoma. Sarà contento di aver conservato una casa a La Jolla, in California. Prima ancora c'era stata la vicenda di Salvador Luria. Uscito dalla stessa scuola della Montalci�ni e di Dulbecco, por le leggi razziali aveva lasciato l'Italia nel 1939 e dopo un periodo di studio air«Institut du Radium» di Parigi (quello di Marie Curie) era emigra�to negli Stati Uniti, prendendone la cittadinanza nel 1947. La sco�perta che anche a lui procurerà il premio Nobel (nel 1969) riguarda i meccanismi con cui alcuni batteri sviluppano difese contro i virus batteriofagi. L'intuizione gli ven�ne nel febbraio del 1943 ad un ballo di studenti dell'Indiana Uni�versity guardando un collega che infilava monetine in una «slot machine». Il più delle volte la macchinetta si ingoiava il denaro. Ma in qualche caso fortunato resti�tuiva una pioggia di monete: «Co�me il caso governa le vincite nel gioco d'azzardo pensò cos�può decidere una mutazione nel patri�monio genetico dei batteri». In fisica i nomi degli emigranti di lusso non si contano: a parte Fermi che, sposato con una ebrea, ebbe ben precisi motivi di famiglia se ne andarono Franco Rasetti, Giuseppe Occhialini, Bru�no Pontecorvo, Bruno Rossi e in�numerevoli altri, fino a Carlo Rubbia, ritenuto non abbastanza bra�vo in didattica per ricoprire una cattedra all'Università di Lecce. Come si vede, motivi diversi, a seconda delle epoche: passate le leggi razziali, gli scienziati italiani se ne sono andati per mancanza di posti e scarsità di finanziamenti ma soprattutto perché molto spes�so per fare carriera è meglio esse�re raccomandati che essere bravi. Oggi le situazioni sono più sfu�mate. I cervelli se ne vanno, ritor�nano, se ne vanno di nuovo. Maga�ri tornano ancora una volta alla fine della carriera. Contratti a termine e passaggi da una univer�sità all'altra sono normali. Rima�ne il fatto che molti neolaureati solo all'estero trovano borse di studio o un posto sia pure preca�rio. I loro studi sono costati decine di milioni all'Italia ma i frutti li raccolgono gli Stati Uniti, il Giap�pone, l'Australia. Magari torneran�no, ma si sa che gli anni più creativi sono i primi dieci dopo la laurea. Qualche storia dei nostri gior�ni, più normale. Lucia Caporaso, 36 anni, un bambino di nome Dario, è l'astro nascente della matematica italiana. Nata e laure�ata a Roma, ha preso il dottorato ad Harvard negli Stati Uniti, dove poi ha anche insegnato, prima di diventare docente al mitico MIT («Massachusetts Institute of Tech�nology»). La sua assunzione nel�l'Olimpo dei numeri risale al Con�vegno europeo di matematica che si tenne a Budapest nel 1996, dove fu invitata a tenere la conferenza generale di Geometria algebrica. Vincitrice del «Premio Bartolozzi» dell'Unione Matematica Italiana, quando era ricercatrice ha inse�gnato anche all'Università di Ro�ma III e ora ha una cattedra all'Università del Sannio, a Bene�vento. Alberto Bardelli, 34 anni, lavo�ra alla frontiera della ricerca sul cancro. Sposato, padre della picco�la Maddalena, si è laureato in scienze biologiche a Torino e ha preso il dottorato in biologia mole�colare all'University College di Londra presso il «Ludwig Institu�te for Cancer Research». Ricercato�re in oncologia all'Università di Torino presso l'Ircc, fino al 2001 sarà impegnato su un progetto di studio negli Stati Uniti all'«Oncology Center» della Johns Hopkins University, Baltimora. Qui affian�ca Bert Vogelstein, il padre della teoria (oggi universalmente accet�tata) dell'origine genetica dei tu�mori. Autore di decine di pubblica�zioni, Bardelli studia il genoma nel suo complesso, a gruppi di migliaia di geni per volta, compa�rando i geni delle cellule cancero�se con quelli delle cellule normali. L'obiettivo è l'attacco finale al cancro con armi genetiche, ora possibile grazie al completamento del Progetto Genoma. Per fortuna lo riavremo presto in Italia. Osteggiati dalla mancanza di posti e dalla scarsità di finanziamenti Molti neolaureati trovano solo all'estero borse di studio o un lavoro A destra, il Policlinico «Gemelli», a Roma, dove �due ricercatori italiani Antonio lavarone e Anna Lasorella hanno cominciato la loro ricerca sul neuroblastoma prima di trasferirsi all'nAlbert Einstein College of Medicine» di New York Accanto, Antonio lavarone