Sciascia e il killer del sindaco

Sciascia e il killer del sindaco Un romanzo rievoca un delitto a Racalmuto nel 1944: lo scrittore siciliano fra i protagonisti Sciascia e il killer del sindaco Andrea Camilleri IA sera del 6 novembre 1944, il Sindaco di Racal^imiito viene assassinato con un colpo di pistola mentre passeggia in piazza. A quella carica era stato nominato dal comando militare alleato (me�glio sarebbe dire americano) subito dopo lo sbarco in Sicilia nell'estate del '43.1 carabinieri riescono ad arrestare l'omicida dopo una notte d'indagini: furo�no aiutati da numerose testimo�nianze che portavano a uno zolfataio il quale aveva motivi di rancore verso il Sindaco. Lo zolfataio, soprannominato Cen�todieci, arrestato e portato in giudizio prima davanti alla Cor�te d'Assise di Agrigento e poi davanti a quella d'Appello di Palermo, fu condannato a ven�tiquattro anni di carcere. Con�trariamente a quello che capita ai giorni nostri, li scontò tutti e mori l'anno appresso essere tornato in libertà. Ai racalmutesi apparve subito evidente che l'assassino non era lo zolfataio, incastrato da testimonianze di gente divenuta improvvisa�mente loquace mentre JKJma non si riusciva a tirar loro^ori di bocca una parola mahcojpon le tenaglie, ma qualcunMtro che si voleva coprire anche a costo di mandare in galera un innocente. Un capro espiato�rio, cos�esemplare da passare in proverbio: Tantu paga Centuedeci. L'autore di La Congiura dei loquaci (Sellerio editore), il giornalista Gaetano Savatteri, che è di Racalmuto e che fin da piccolo aveva sentito questo modo di dire, incuriosito, ha voluto scoprirne l'origine. E basandosi su quell'ormai lonta�no fatto di sangue, ha scritto un romanzo che inerita atten�zione per più meriti. Il primo è quello di non avere ceduto a una moda oggi molto in voga: quella di scrivere un romanzo «giallo», poliziesco, con una conduzione a indagine. Quella di Savatteri è una scelta di severità. All'autore non interes�sa la ricerca sulle ragioni del�l'omicidio e nemmeno il dibatti�to processuale che porta alla condanna, all'errore giudizia�rio. A Savatteri interessa «dire» lo stato delle cose con estrema oggettività (e segnalo una sua frase: «senza passione» che qui suona come un proposito, un intento di scrittura). Altro meri�to è il disegno dell'assassino designato, personaggio sgrade�vole reso senza attenuanti, col�pevole, per quanto riguarda l'omicidio del Sindaco, di aver�ne avuto l'intenzione ma di non essere riuscito ad attuarlo per�ché preceduto da altri. Ecco: sono sinceramente grato a Sa�vatteri di avere evitato scavi psicologici, drammatici distin�guo tra colpa pensata e colpa attuata, ponderose domande su cosa sia il Male, eccetera eccete�ra. Terzo elemento di merito è, a mio avviso, la soluzione trova�ta perché l'autore possa inter�venire all'interno della narra�zione. Savatteri concede la sua delega al personaggio di un tenente americano arrivato a Racalmuto per indagare sulla sparizione di alcuni camion militari e che viene progressiva�mente ad essere attirato da quell'omicidio apparentemen�te non misterioso. Il cognome del tenente italo-americano è Adano, e lo stesso Savatteri ci conferma di aver avuto in mente, nella scelta di quel cognome, il titolo di un notissimo roman�zo di John Hersey, Una Campana per Adano. Ci sono pagine, in questo libretto, narrati�vamente di alto livello. Desidero segnalare al�meno due momenti di forte intensità narrati�va che rivelano in Sa�vatteri un «raccontato�re» di razza. Le pagine dedicate all'affannosa corsa dell'obeso Papandré verso il Circolo di Mutuo Soccorso sfiora�no, per suggestione visi�va, quasi il pezzo di bravura. Altro discorso per il capitolo dedicato all'incontro casuale al circolo tra il tenente Adano e un giovane impiegato al Con�sorzio agrario che si chiama Nana, che legge Shakespeare e che è facilissimamente identifi�cabile in Leonardo Sciascia. Il quale Sciascia quasi certamen�te fu uno dei passanti che quella sera erano in piazza. L'incontro tra il tenente Adano (portavoce in un certo senso di Savatteri) e il giovane Sciasfaia è un momento alto del roman�zo, è una sorta jlij^/'rqnto a distanza netsiÉètopo 'tra due generazioni diverse. Dice Scia�scia, rispondendo all'america�no che protesta per l'ingiusti�zia che si sta compiendo: «Que�sta è l'ingiustizia che lei vede, quella sotto i suoi occhi. E per questo ne resta colpito. Ma è solo l'ultima, in ordine di tem�po. Quell'uomo, Centodieci, vi�veva già nell'ingiustizia. L'in�giustizia della povertà e della debolezza riscattata con la vio�lenza, con il furto, con l'entra�re e uscire dalla galera fino a fame un vanto. E nella stessa ingiustizia vivevano i suoi non�ni e i padri dei suoi nonni, in un mondo lontano dalla ragione e, quindi, dalla giustizia». E quindi questo romanzo finisce coli'affrontare un tema che è stato il rovello di Scia�scia. Lo ripeto, è una sorta di confronto rispettoso e coraggio�so: è la cosciente, razionale, sobria accettazione di un'eredi�tà difficile. A cominciare da questo romanzo dove, secondo l'insegnamento di Sciascia, lo scatto dell'invenzione lega sfe�ricamente con la realtà, col documento. Un uomo politico ucciso a pistolettate, condannato a torto uno zolfataio Nei panni di Nana, impiegato che legge Shakespeare, l'autore del «Giorno della civetta» spiega a un tenente l'ingiustizia come ereditadella Sicilia, 'V A lato Andrea Camilleri, sotto Leonardo Sciascia. In centro la parrocchia di Racalmuto

Luoghi citati: Agrigento, Racalmuto, Sicilia