Jugoslavia, prove tecniche di disubbedienza al regime di Giuseppe Zaccaria

Jugoslavia, prove tecniche di disubbedienza al regime Jugoslavia, prove tecniche di disubbedienza al regime reportage Giuseppe Zaccaria inviato a Podgorica IERI la Jugoslavia ha vinto la medaglia d'oro di palla�volo ai giochi olimpici, e questa oggi è la sola buona notizia dai Balcani. Slobodan Milosevic, presidente in atte�sa di crollo, ha immediata�mente insignito gli ignari componenti la squadra della medaglia di prima classe del re Nemanjie, elogiando «il grande patriottismo» esibito sotto rete. Vojislav Kostuni�ca, presidente in lista d'atte�sa, ha inviato un messaggio di congratulazioni sottolinean�do come gli atleti «non debba�no prestarsi ad alcune stru�mentalizzazione». Frattanto la Commissione elettorale ju�goslava ha respinto il ricorso di Kostunica, e ha ribadito che l'B ottobre si dovrà tenere il ballottaggio con Milosevic, che ieri, per la prima volta dalle elezioni, ha sfoderato la polizia contro l'opposizione. Poco meno di 500 agenti si sono infatti presentati alla miniera di Lazarevac per por�re termine ad uno sciopero politico che durava da vener�d�e che minacciava di creare gravi scompensi, alla fornitu�ra di energia elettrica. Quattro anni fa il movimen�to che attraverso dimostrazio�ni popolari tentò' di^spazzare via, MHqseyiq,passo alla sto�ria come «la primavera di Belgrado», anche se tutto ac�cadde d'inverno. Adesso, se la progressione degli eventi non muterà di colpo quella che si profila rischia di rivelarsi la «primavera» di Leskovac, di Cacak, Novi Sad piuttosto che di Stara Pasova od Uzice. Una rivolta delle periferie contro una capitale ancora «modera�ta», della Serbia profonda contro la metropoli, il primo segno di una frattura che attraversa in termini sempre più netti il cartello d'opposi�zione del «Dos», mentre Slobo�dan aspetta. Dopo aver visto bocciato dalla commissione elettorale il ricorso contro le truffe, Vojislav Kostunica si rivolge alla Corte Costituzionale: la sua linea resta quella della legalità a tutti i costi. Nello stesso momento la pronuncia della Corte potrebbe essere bloccata proprio dalla «disob�bedienza civile» promossa dal�la coalizione, meglio dal «du�ro» Zoran Djindjic, che procla�ma a muso duro: «Non accet�teremo trattative», ed in peri�feria continua a soffiare sul fuoco non della protesta ma della rivolta. A Belgrado, in attesa di un raduno degli studenti convo�cato per questa mattina da «Otpor» dinanzi alla facoltà di Filosofia, le piazze non sono poi traboccanti. Ieri tut�to si è fermato per un paio d'ore causa «prove di disobbe�dienza civile», ovvero come bloccare il traffico, i servizi, gli uffici. Nel resto della Ser�bia invece esplode la prote�sta. A Cacak i dimostranti han�no bloccato la «magistrala» per il Nord, a Pirot l'autostra�da fra Belgrado e Nis, mentre le dimostrazioni paralizzava�no città importanti come Kragujevac, Nis, Uzice. APozarevac, città natale di Milosevic, 9000 persone in piazza nono�stante il divieto della polizia. E ancora: 7000 operai in sciopero nelle miniere di Kolubara, a Sud-Ovest; gli operai della Società elettrica e del Ministero per l'Energia riuni�ti in lunghe assemblee; a Novi Sad la Tv di Stato che licenzia dissidenti mentre al�tri sei cronisti rifiutano di prendere parte ai notiziari di «Studio B», radio di regime. Cinquanta giornalisti di «Vecernj Novosti» propongono un'ultimatum alla direzione; da domani, o notiziari impar�ziali o il giornale non esce. Se perfino i giornalisti si schiera�no col nuovo significa che il vecchio è davvero finito. Il segno della differenza è però un altro; mentre a Bel�grado il grido dei dimostranti rimane «gotov je» («é finito»; Slobodan, naturalmente) dal�le province serbe cominciano a levarsi grida come «Impicca�ti o t'impiccheremo noi». Si sapeva fin dall'inizio che quella del «Dos» era una coali�zione dalle molte anime: di�ciannove fra partiti, partitini, gruppi, movimenti «ad personam». Da ieri a questo caleidoscopio s'aggiunge il partito multifunzione di Vuk Draskovic: scopertosi fuori gioco, il vecchio marpione ha deciso di «spingere il carro del vincitore», come si dice qui, ed invita i tradizionalisti del suo «Spo» ad unirsi alle manifestazioni. Le anime dell'opposizione, anche le animacce nere co�minciano a moltiplicarsi un po' troppo, se non altro per�ché Milosevic non ha ancora mollato e nonostante pressio�ni internazionali per ora non dà segni di cedimento. Dicono gli si stia offrendo un esilio dorato: lui risponde facendo nuovamente suonare le voci della moglie (rientrata da Mosca) e perfino del figlio Marko, che difendono il futu�ro di papà come «premier» di Jugoslavia. Intanto però deve vederse�la con i suoi. Fra le guerre sotterranee che continuano ad incrociarsi su uno scenario che non era mai apparso cos�«balcanico» come adesso, una delle più sorde è quella fra «Jul» ed «Sps». Fra superburo�crati di Mira e nazional-popo�lari di Slobodan, partito di lunga tradizione. In attesa di scoprire se il Capo reggerà o no, r«Sps» gli fa sapere che la politica del dopoguerra è sta�ta disastrosa ed i tecnoburo�crati della «Jul» devono spari�re. E Milosevic manda 500 poliziotti in una miniera per reprimere lo sciopero che durava da venerd�m Militanti dell'opposizione manifestano contro il regime a Belgrado