Le pallottole bloccano anche la diplomazia di Franco Pantarelli

Le pallottole bloccano anche la diplomazia Le pallottole bloccano anche la diplomazia Annunciata e poi smentita una missione della Albright Franco Pantarelli NtWYORK Madeleine Albright sta per arriva�re in Medio Oriente, chce Yasser Abeb Rabbo ministro palestinese dell'Informaziune, nel primo po�meriggio di ieri. Madeleine Albri�ght «segue il programma previ�sto», dice un suo collaboratore un'ora e mezza dopo a Parigi, dove il segretario di Stato ameri�cano si trova. Il programma previ�sto contempla la sua partecipazio�ne al vertice Stati Uniti-Unione Europea che comincia oggi per l'appunto a Parigi e una visita a Dresda, martedì, per delle cerimo�nia riguardanti il decimo anniver�saria della riunificazione della Germania. Frutto di un malinte�so, il primo annuncio e la sua smentita, o di qualcosa di più complicato? Si sperava ancora in qualche progresso del processo di pace, nonostante quello che stava succedendo, e poi si è visto che non era il caso? Ieri erano in molti a porsi questa domanda e i fatti su cui i loro ragionamenti si basavano non erano pochi. Il primo è che anche nei momenti peggiori di questi quattro giorni di violenza e di morte Ehud Barak e Yasser Arafat non hanno smesso di par�larsi. In base alle informazioni ufficiali si sono sentiti al telefono «almeno due volte», ma c'è chi dice che oltre a quelle due chiama�le ammesse ce ne sono state varie altre e non solo tra i due principa�li attori: anche la Albright e Hosni Mubarak, il presidente egiziano, ci sono entrati. Si è parlato pro�prio dei fatti terribili che stavano accadendo («non permetteremo che la violenza diventi uno stru�mento del negoziato», haj detto a un certo punto Barak ad Arafat; «come si può consentire una pròvocazione simile?» ha chiesto Mu�barak a Barak, riferendosi alla visita di Ariel Sharon ai Luoghi san) i di Gerusalemme che ha dato il via a tutto), ma la cosa essenzia�le è che anche nel pieno degli scontri, con i morti in terra, le comunicazioni non si sono inter�rotte. Un altro dei fatti è che proprio alla vigilia di questa nuova esplo�sione di violenza c'erano state le parole di Barak sulla divisione di Gerusalemme. Non era, quella del primo ministro israeliano, una proposta presentata al tavolo ne�goziale, era «solo» un'intervista rilasciata a una tv del suo Paese, ma certo era il massimo cui lui si ■fosse mai spinto. Il rumore degli spari di Gerusalemme, di Gaza e di tutti gli altri luoghi ora sconvol�ti ha nascosto quello parole di Barak, ma di sicuro la voglia di ripartire proprio da quelle parole e forte. Infine, nell'elenco dei fatti, c'è il dipartimento di Stato americano, che rompendo una lunga tradizione di non entrare nel merito degli scontri (chi ha cominciato, chi ha provocato, ec�cetera), ha apertamente indicato le responsabilità di Sharon. «Era�vamo molto preoccupati ha detto Richard Boucher, il portavo�ce ufficiale della Albright che l'iniziativa di Sharon potesse crea�re tensione e i fatti ci hanno dato ragione». Poi ci sono i fatti «incombenti». Uno è la scadenza fissata per la dichiarazione unilaterale dello Stato palestinese (il 15 novembre) che se dovesse avvenire senza un previo accordo di pace potrebbe scatenare qualcosa al cui confron�to i fatti di questi giorni sono niente. Un altro è la necessità di Barak di arrivare alla riapertura della Knesset, il Parlamento israe�liano, con un accordo capace di rovesciare la situazione di mino�ranza in cui il suo governo si trova. Infine, c'è la «suprema volontà» di Bill Clinton di raggiun�gere un accordo prima di lasciare la Casa Bianca e possibilmente prima delle elezioni di novembre. Se il viaggio della Albright annunciato e poi smentito non è stato frutto di un malinteso, l'idea che serpeggia è che tutti quei fattori di cui si diceva erano stati in un primo momento consi�derati sufficienti per tentare anco�ra una volta, mentre poi si è pensato che non fosse il caso. «Non dobbiamo riconoscere al�l'estremismo una sorta di diritto di veto sul processo di pace, specie quando si trova in una fase cos'i delicata», aveva detto il mini�stro degli Esteri israeliano, Shlomo Ben-Ami, giusto poche ore prima dell'annuncio del viaggio della Albright. Ma alla fine quel diritto di veto si sono trovati costretti a riconoscerlo. Ma Barak e Arafat continuano a parlarsi al telefono Per la prima volta il dipartimento di Stato accusa: «La colpa dei disordini ricade su Sharon» Un palestinese del campo profughi libanese di Ain al-Helweh parte all'assalto brandendo la bandiera. In basso, palestinesi impegnati negli scontri di Netzarin

Luoghi citati: Dresda, Gaza, Germania, Gerusalemme, Medio Oriente, Netzarin, Parigi