Sei stanze per Beuys sciamano della perfomance di Marco Vallora

Sei stanze per Beuys sciamano della perfomance Sei stanze per Beuys sciamano della perfomance Marco Vallora NCOMINCIA a sgridarti, a inti�midirti la cassiera, all'entrata: I «per me io la faccio anche entra�re, ma qui si chiude fra un'ora e mezza e lei la mostra non la può capire in cos�pooo. Solo i filmati durano quaranta minuti». Per bac�co, non mi era mai capitato nemme�no con Durer o con l'immensa mostra parigina, appunto, sul Tem�po! E dire che Beuys, un po' tardodadaista, predicava; «Voler capire è un grande malinteso. La gente deve innanzittutto vedere». (Lo aveva già detto, meglio, Valéry, ma pazienza: si sa che l'Avanguardia non legge). Eppure, altro che capi�re! qui pare sia necessario immer�gersi in un fiume iniziatico. È il clima oracolare, celebrativo, quasi votivo, che sorprende (vedi anche catalogo Electa). Facendo di Beuys una sorta di Padre Pio della Perfor�mance. Insomma, un'aura mitica da «qui le cose si fanno serie». E anche sacrali (o solo seriose?). Nessuno mette in dubbio la portata rivoluzionaria dei «gesti» di Beuys, lo «sciamano» che voleva riconciliare la natura con l'uomo (e allora girava con una lepre morta in grembo alle mostre, per spiegar�le le sue opere. Non a caso; perchè si rifiutava di chiaiirle al suo pub�blico alienato dal «kapitalismo» del mercato). Ma appunto c'era lui, col suo feltro, le sue «azioni» provoca�torie, sacerdotali, magari anche un po' ironiche (come bene mise in luce la mostra caotica e spettacola�re al Beaubourg). Lui, che magari, contraddicendosi, si metteva poi dietro un banchetto da mercato e spiegava al pubblico le opere che avrebbe voluto fare, scrivendo for�mule paradossali alla lavagna, co�me un vecchio fisico positivista. Ma esporre con grande rigore quelle formule come se fossero dei Poussin, o isolare sulla bianca pare�te degli schizzetti facendoli passa�re per dei Morandi, e imbalsaman�do in una vetrinetta un vassoio da pasticceria con firma, della colle�zione Lucio Amelio, non è il modo migliore per tradire i suoi «anti�messaggi» e cadere nella trappola del demonizzato feticismo musea�le? Certo, bisognerà inventare un modo nuovo, indolore ed eccentri�co, per documentare questi gesti eroici del comportamentismo (ap�punto «Beuys senza Beuys»). Ma cos�si annulla soltanto la portata sovversiva di quegli happening, venduti ora, scorrettamente, come spoglie mitiche e perle estetiche. E quando si legge che «il suo è un discorso del cuore, per citare Hilmann» par di essere finiti davvero nella Notte di Gabriele La Porta. Peggio ancora con i documentari amatoriali. Con lui che sta in un angolino come uno sciuscià a im�burrare di grasso un legnet.to, ma non si vede quasi mai. Perchè occultato dal protagonismo invasi�vo dei critici in astinenza da obietti�vo, che sembrano colpiti dalla feb�bre di documentare: «io c'era». E quando Beuys, portato con un'am�bulanza al vernissage, entra in una stanzetta per convivere con un coyote, che triste sospetto. Pare una patetica anticipazione del Grande Fratello, cercando di far parlare Cocorito. Alla Fondazione Bevilacqua La Masa un viaggio sulle tracce dell'artista tedesco «Kunst^apital» di Joseph Beuys esposta a Venezia VENEZIA

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