Immigrati e indigeni: è comune e immutabile il destino della lontananza

Immigrati e indigeni: è comune e immutabile il destino della lontananza Immigrati e indigeni: è comune e immutabile il destino della lontananza COME alcuni dei suoi perso�naggi, Jhumpa Lahiri nasce in Occidente da genitori india�ni (nasce a Londra e vive a New York). Il tema della progressi�va perdita della tradizione origina�ria da parte degli emigranti e delle generazioni che da questi discendo�no è quindi strettamente legato alla sua esperienza personale. E', noto�riamente, un tema che ha dato tanto alla letteratura. C'è, infatti, in questi racconti di sradicamento geo�grafico e soprattutto culturale, una cifra che li apparenta alla grande letteratura di immigrazione in gene�rale, come se, aldilà delle singolaris�sime combinazioni affrontate ita�liani in America, pachistani in Gran Bretagna, maghrebini in Francia... ci fosse un fulcro unico che fa del trauma della lontananza e dell'allon�tanamento una figura generale e condivisa dell'esperienza. Tuttavia la forza di questo libro. L'interprete dei malanni, non risie�de solo in ciò che lo apparenta ad altri libri. Jhumpa Lahiri non solo fa della distarla il tema dei suoi racconti, ma ne fa anche lo stile, la rende angolazione dello sguardo, la pone a fondamento del rapporto fra narratore e racconto, la erige a struttura delle relazioni sociali e addirittura di quelle personali. L'universo in cm si muovono le persone che possiamo vedere attraverso i rac�conti di Jhumpa Lahiri è un cosmo che si è dilatato, a un certo punto, e ha sostituito in un colpo solo cia�scun centimetro con un chilometro. Rivedia�mo, non tanto nei racconti ambien�tati in India, ma proprio in quelli ambientati in Occidente, un'umani�tà che gremisce la scena, mescolata ai colori e agli odori della vita quotidiana e dei mercati di spezie, che si accalca: la vediamo perché non esiste, perché non può esistere nell'universo espanso occidentale. RECENDVol La vediamo perché è assente, non c'è più, non ci sarà più. La scena è sobria, le poche persone interagisco�no con calma, quasi con freddezza, ma da qualche parte dove? arriva come un'eco della situazione passa�ta. Un'eco, appunto, distante. Distanti sono i coniugi a cui è morto il figlioletto. Si riavvicinano, complice u buio dovuto a un black�out, ma è solo illusione ottica. La scena reale, cioè quella illuminata e IONE o ini non quella buia, li vede separati, distanti per sempre. Distante è Cal�cutta da Londra, e que�sta da Boston, le tappe dello splendido «Il ter�zo e ultimo continen�te». Il protagonista in�contrerà l'ultracente�naria signora Croft, affittacamere entusiasta per la conquista della Luna. Nel periodo in cui alloggerà presso di lei, questa vegliarda lonta�nissima sarà per lui una persona «vicina», nonostante l'incolmabile iato destinato a diventare totale. La signora Croft resterà un ricordo da tramandare alle nuove generazioni. stupefatte a loro volta dalla distan�za temporale che sembrerà fatta di secoli anziché di decenni. Il racconto esemplare, da questo punto di vista, è «Dalla signora ■Sem». Ci sono Eliot, un ragazzino undicenne, sua madre, che lavora a sessanta chilometri di distanza ver�so Nord, un padre che vive ormai altrove («più di duemila chilometri a Ovest»), la signora Sen, che parlan�do dell'India dice: «E' tutto là», il signor Sen che insegna matematica all'università. Eliot viene portato da sua madre alla signora Sen, la baby-sitter. La signora Sen non sa guidare, per lei le distanze sono un problema ulteriore. Eliot e la signo�ra Sen si avvicinano, comunicano. Ma un incidente spezzerà il loro rapporto e tutti rioccuperanno le proprie caselle di partenza, sparse sul territorio geografico non meno che su quello esistenziale. L'esito del racconto, da un punto di vista algebrico, è negativo: la situazione iniziale, alla fine, è peggiorata. Lo è per tutti un po', ma per Eliot più di tutti. Questo non è un esito banale, poiché stabilisce, sebbene in negati�vo, un rapporto fra immigrati e indigeni, nel senso che la solitudine appartiene a entrambe le comunità, sembra dirci la scrittrice, e può passare dall'una all'altra moltipli�candosi. Paradossalmente, questa rete di lontananze ci accomuna tutti. La voce che racconta queste sto�rie non si sa da dove provenga. Il suo tono è talmente discreto che sembra di non avvertirne il suono. Il timbro della voce narrante è uno dei parametri meno controllabili che uno scrittore si trova a dover calibrare. Quando il risultato è co�me questo, il talento è massimo. Non si sa dire se dipenda dalla raffinatezza o dalla grazia, probabil�mente da entrambe. 0 forse, alme�no nel caso di Jhumpa Lahiri, sono la stessa cosa. «L'INTERPRETE DEI MALANNI» DI JHUMPA LAHIRI, SCRITTRICE DI ORIGINE INDIANA, FRA ORIENTE E OCCIDENTE: RACCONTI DI SRADICAMENTO GEOGRAFICO E SOPRATTUTTO CULTURALE Italiani in America, pachistani in Gran Bretagna, maghrebini in Francia... La progressiva perdita della tradizione originaria, una voce narrante sospesa tra grazia e raffinatezza m ^\ u Jhumpa Lahiri L'interprete dei malanni trad. diClaudia Taro/o, MarcosyMarcos, pp. 231, L24.000 RACCONTI

Persone citate: Croft, Jhumpa Lahiri