Le buie notti del Medioevo erano più serene delle nostre

Le buie notti del Medioevo erano più serene delle nostre Le buie notti del Medioevo erano più serene delle nostre LA trilogia medie�vale di Jean Ver�don, iniziata l'an�no scorso con JZ piacere nel Medioevo, prosegue ora con La notte, in attesa di con�cludersi col terzo volu�me, dedicato al Viag�gio. Forse ancor più degli altri due, il volume notturno è frutto di una storiografia che ha ormai completa�mente assimilato la lezione delle "Annales", per cui non c'è oggetto, anche se in apparenza marginale, che non sia degno di studio: sicché oggi siamo abituati a incontrare libri e articoli con titoli come «L'in�vidia nel Medioevo», oppure (il mio preferito) «L'arcobaleno nel XIII secolo». Sembrerebbe una ricetta magica anche per la divulgazione, il che spiega il successo di libri come questi di Verdon; e tuttavia, a lettura conclusa capita di chiedersi se i conti tornino fino in fondo. Che cos'era, infatti, la notte per l'uomo del Medioevo, ammesso che questa etichetta tenga ancora, e che ci sia un qualche vincolo speciale fra un monaco italico del VI secolo e un mercante fiammingo del Quattro�cento? Jean Verdon ha dalla sua una scrittura scorrevole e un camiere pieno di aneddoti, ma la conclusio�ne che si ricava dal suo libro è che, alla fin fine, la notte allora era più o meno la stessa di oggi. Faceva buio. La gente per lo più dormiva, oppu�re faceva l'amore. Quando le notti erano lunghe, si tirava tardi beven�do, giocando o chiacchierando. Si capisce, non c'era la televisione e RECENAlessBarb IONE ndro ero l'assenza di illumina�zione pubbhca permet�teva, nelle notti di bel tempo, di ammirare il cielo stellato che oggi l'inquinamento lumi�noso ci nasconde: ma tutto questo era vero anche all'epoca degli antichi Romani o di Kant. Si potreb�be pensare che la notte, nel Medioe�vo, fosse più pericolosa di oggi, il che è tutto dire; ma le statistiche giudiziarie citate da Verdon dimo�strano che i delitti avvenivano nel�la maggior parte dei casi di giorno, o tutt'al più al crepuscolo: solo un quarto erano commessi di notte. Almeno, sarà stata popolata di fantasmi, la notte medievale? An�che qui, l'impressione è che oggi disponiamo d'un assortimento di incubi addirittura più ampio. Allo�ra non c'erano vampiri né zombies; qualche licantropo, questo sì, ma più che altro era il diavolo a regna�re incontrastato sulla notte. I mona�ci lo sapevano bene, giacché si alzavano di notte per pregare, an�che nel gelo invernale, cos�che le loro preghiere tenessero lontano il Nemico. Ma che la gente qualunc[ue vivesse la notte come il regno elei demonio, esiterei ad affermar�lo: quanti fabliaux, quante novelle del Boccaccio si svolgono di notte, e non risulta mai che i protagonisti abbiano paura del buio più di quan�ta ne abbiamo noi. E del resto molte corporazioni di mestiere ave�vano il permesso di lavorare di notte quando la domanda era forte e c'era bisogno di sostenere la pro�duzione: anche l'immagine della città medievale addormentata sot�to il coprifuoco, in cui tutti dormo�no tranne le guardie della ronda, appartiene forse più all'oleografia che alla realtà. E', semmai, sul piano intellettua�le che si riscontra una differenza fra la notte del Medioevo e quella d'oggi. Il chierico che contemplava il cielo stellato sapeva che lassù, anche se lui non poteva sentirla, regnava la musica delle Sfere. "E un tempo c'era chi diceva che i bambi�ni sentivano questa melodia quan�do ridevano nel sonno", annota uno scolastico. La notte, in questo caso, non è affatto un momento diaboli�co da esorcizzare, ma piuttosto un'altra prova dell'armonia del co�smo: di qui il sollievo di Dante quando esce dall'Inferno "a riveder le stelle". Anche in questo caso, noi che sulle stelle abbiamo altre idee rischiamo di trovare nello spettaco�lo del cielo notturno più inquietudi�ne e meno serenità di quanta ne trovasse l'uomo del Medioevo. La notte di-Verdon, alla fine, mantiene meno di quel che promet�te. Capita proprio il contrario col libro di Cantarella, che prende s�le mosse da una notte incombente, quella del ] 5 agosto dell'anno Mil�le, in cui a Roma si preparava la processione dell'Assunta, ma parte di qui per una sontuosa evocazione dell'Europa d'allora, spingendosi dal campanile romano di S. Maria in Cosmedin fino ai confini dell'Oc�cidente, attraversando fortezze e monasteri, incontrando papi e im�peratori, intellettuali, contadini e cavalieri. Un paesaggio familiare, magari, ma insaporito da quell'aggiorna�mento storiografico che può riser�vare molte sorprese, e sostenuto da un linguaggio colorito e brillante, quello che una volta sapevano usa�re solo i francesi. Che sia questa, dopo tutto, la divulgazione di cui abbiamo più bisogno, ora che la lezione delle "Annales" l'abbiamo digerita anche noi? La divulgazione sfata i luoghi comuni: un racconto di vita quotidiana di Jean Verdon e un affresco storico di Glauco Cantarella Jean Verdon, La notte nel Medioevo, Baldini fi Castoldi, pp. 298. L 28.000 Glauco Maria Cantarella, Una sera dell'anno Mille. Garzanti, pp. 299. L 35.000 RECENSIONE Alessandro Barbero

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