Un Sacro Trofeo attende i cavalieri di Pupi Avati

Un Sacro Trofeo attende i cavalieri di Pupi Avati Un Sacro Trofeo attende i cavalieri di Pupi Avati SE 1 film di Pupi Avati fossero dei romanzi, sa�rebbero senz'al�tro leggiadre opere legate ad una favolo�sa tradizione pada�na, tra ricerca ance�strale e magica affabulazione, sogno e tradizione. L'arte del raccontare storie svet�ta comunque in ognuna delle pellicole di Avati, dagli horror alla piadina alle rimembranze giovanihstiche di tempi defunti, passando per la lucida severità di analisi psicologiche come il bellissimo .Recato di Natale. Non sconvolge più di tanto, quindi, un suo tentativo d'incursione nel mondo letterario, con una vicenda già pronta sceneggiata per la trasposizione sullo scher�mo, come sta infatti accadendo. Cosa ci sia di diverso tra ima consueta sceneggiatura e questo veloce e quasi suggestivo roman�zo è percepibile crediamo unicamente in una scansione tecnicamente più narrativa del�la trama. Per il resto ci si aspet�ta, ad ogni voltar pagina, un'an�notazione da manuale ad indica�re tempi e pose, situazioni, luci e comparse. E comunque, nell'in�sieme, un gioco curioso che sotto�linea la vivacità sempre esempla�re dei soggetti di Avati, la cui RECENSe IONE io proverbiale leggerez�za ispiratoria troppo spesso è stata confu�sa con un professio�nale disimpegno. Ma è il destino di chi imbastisce storie, quello di passar leg�gero attraverso la fin�ta seriosità degli intellettuali di professione e dei venditori di fumo al passo con le mode. Con l'unico personalissimo appunto riguardante un sogget�to che di per sé riteniamo meno poetico o coinvolgente di altri precedenti, abbiamo quindi ac�colto con favore la serenità total�mente riassuntiva di questo ro�manzo, che si limita senza fronzoli a seguire le imprese dei protagonisti al passo con un'ideale macchina da presa. Li insegue e li cattura il narratore Avati in un Medioevo gravido di magia e di fetori, di virilità e ai glorie popolari, e li affianca per condurli al compimento dell'Imr presa: recuperare il telo della Sindone, in possesso di Ottone de la Roche, duca di Atene e di Tebe. Il francese Jean de Cent Acres, l'inglese Simone di Clarendon, i cugini Ranieri di Panico e Vanni delle Rondini, insieme all'armaiolo indemoniato e poi esorcizzato Giacomo di Altogiovanni, attraversano i paesaggi tipici del loro tempo siamo nel 1270per raggiungere il grande scopo. E lo fanno dopo aver mischiato ringhiosamente i caratteri, affrontato agguati e tranelli, duelli e stregonerie, in cui le spade tranciano, affettano, decapitano. Superano il mare con vele di fortuna e tornano col sacro trofeo, carichi d'orgoglio a cercare il consenso del loip consi�gliere spirituale, il monaco Gio�vanni da Cantalupo. Misera glo�ria li attende, dato che le priorità pohtiche fin dai tempi oscuri l'hanno sempre avuta vinta su�gli eroismi individuali e sul buon senso. La lotta finale è un assalto ai mulini a vento della logica e dell'indifferenza, ma è anche vero che tutti i nostri più amati eroi dalle fiabe alla letteratura sono quelli a cui il destino ha chiuso le porte in faccia. Se Avati come crediamo ne ricaverà tutti gli umori sangui�gni, gli odori e le devastazioni di cui è colmo il percorso, ne verrà fuori un bel film d'altri tempi, di quando fuori dal cinema conti�nuavamo per giorni interi a ga�loppare e a duellare nelle battaghe sempre trionfanti della fan�tasia. Un Medioevo gravido di magia, fetori, gloria, virilità. Il primo romanzo del regista di «Regalo di Natale», una vicenda già pronta per diventare film Pupi Avati regista scrittore Pupi Avati I cavalieri che fecero l'impresa Mondadori, pp. 233, L. 29.000 ROMANZO RECENSIONE Sergio

Luoghi citati: Atene, Ottone