«Mani pulite? Non è finita»

«Mani pulite? Non è finita» IL PROCURATORE DI MILANO E L'OPERAZIONE GHE PUNTA AL CUORE DEL PIRELLONE «Mani pulite? Non è finita» D'Ambrosio: e noi non stiamo con le mani in mano le inchieste Fabio Paletti MILANO OI non stiamo con le mani in mano», assicura, come se ce ne fosse biso�gno dopo questi nove arresti che vanno al cuore del Pirellone, il procuratore capo di Mila�no Gerardo D'Ambrosio, al nono anno abbondante del�l'era Mani pulite. «Il problema della corruzione c'è sempre, non abbiamo mai pensato che potesse essere finito con le nostre indagini», ripete lui per la centesima volta in questi anni, dopo la valanga iniziata con Mario Chiesa e arrivata oggi a Massimo Luca Guari�scili e un gruppo di imprendito�ri e funzionari regionali, coin�volti nella più classica storia di mazzette e favori, tangenti e appalti. Una valanga di arresti, al�l'inizio degli Anni Novanta, manette con il contagocce og�gi. Perché è crollato quel siste�ma dei partiti, perché i rapporti tra politica e affari sono diversi e per altro ancora. Secondo Gerardo D'Ambrosio c'è una spiegazione all'interno dello stesso meccanismo delle tangenti, che renderebbe più difficile le indagini. Un mecca�nismo che senza tanti giri di parole lui chiama «anticorpi». Spiega, meglio: «E' stato fatto tesoro dell'esperienza di Mani pulite per sottrarsi alle indagini». Come dire che se i magistrati in questi anni han�no affinato i metodi di indagi�ne, vanno, quasi sempre a colpo sicuro, hanno intercetta�zioni e riscontri cartacei, an�che chi sta nei meandri della corruzione si è fatto più furbo. O almeno cerca di sfruttare al meglio lo stato in cui versa la giustizia. «Mancano gli input», ripete D'Ambrosio. Che poi sarebbe�ro le denunce, la fila di impren�ditori e più raramente di pobtici che aspettavano il loro tur�no al quarto piano del palaz'zo di giustizia, come ci aveva abituato Antonio Di Pietro. Il primo a levarsi la toga ancora nel '94, sostenendo tra le altre cose proprio l'assenza di «con�fessioni» da parte dei diretti interessati. «E' più difficile condurre le inchieste», ammet�te il procuratore capo di Mila�no, una vita a fianco di France�sco Saverio Borrelli e adesso nel suo ufficio, con la sua stessa carica, alla presa con le* pratiche di sempre. Nell'ammissione di queste «difficoltà» c'è la consapevo�lezza da parte di Gerardo D'Ambrosio, del limite in cui si trovano a lavorare gli uffici giudiziari. Dove magari la buo�na volontà non viene meno; «L'attenzione della procura è sempre viva sui problemi lega�ti al rispetto dei principi di legalità e soprattutto ai reati contro la pubblica amministra�zione». Ma dove se non è l'assenza di mezzi è lo stesso meccanismo del processo, che viene contestato dai magistra�ti. Come fa ancora una volta D'Ambrosio: «Gli indagati spe�rano di rimanere impuniti per�ché la macchina della giustizia non riesce a portare a termine i processi prima che scattino le prescrizioni». Un ritornello di sempre que�sto del procuratore capo.,Che non ha mai creduto all'effica�cia dei riti alternativi, dei patteggiamenti come vengono applicati, per accelerare la macchina giudiziaria. Gli ba�sta confrontare i dati di altri Paesi, di altri riti giudiziari per avere conferme delle sue convinzioni: «Da noi il patteg�giamento riguarda pochissimi imputati. Non siamo come ne�gli Stati Uniti, dove solo una minima parte dei processi va effettivamente a dibattimen�to». Secondo D'Ambrosio e i suoi colleghi passa troppo tempo tra l'inizio delle indagini e il momento in cui si va al dibatti�mento. Un tempo che spesso rientra nei meccanismi della prescrizione che cancella la pena, rendendo cos�non «con�veniente» per gli imputati pat�teggiare. Di fronte al bivio tra una condanna certa oggi an�che sé ridotta di un terzo per i benefici concessi dalla legge, c'è chi preferisce correre il rischio di finire davanti a un giudice con la speranza che il calendario giochi a suo favore. Una roulette che secondo i magistrati strangola il loro lavoro. E che a Gerardo D'Am�brosio fa chiedere, anche se non è la prima volta, un inter�vento del legislatore. Perché sia il Parlamento a farsi carico del problema. Anche a costo di penalizzare gli imputati. Ci crede D'Ambrosio: «Sarebbe opportuno un intervènto del legislatore per stabilire che il gioco delle attenuanti non ha influenza sui ' termini della prescrizione». E* un modo per evitare la scorciatoia di chi vede nella lunghezza dei processi un'an�cora d�salvezza per evitare la condanna. E' una strada, semr pre secondo il procuratore ca�po di Milano, che avrebbe un duplice risultato. Uno sicuro: «Ci sarebbe un maggior ricor�so ai riti alternativi». Uno che per adesso è solo una speran�za: «Ci potrebbe essere una maggiore collaborazione». «Hanno fatto tesoro di Mani pulite per sottrarsi alle nostre inchieste» «Mai pensato che la corruzione fosse un fenomeno ormai terminato» Il Procuratore della Repubblica di Milano Gerardo D'Ambrosio

Luoghi citati: Milano, Stati Uniti