Il giro del mondo in bicicletta

Il giro del mondo in bicicletta Il giro del mondo in bicicletta Ecco la nuova •corrispondenza, di Franco Monnet, il piemontese che. dopo aver disceso il Rio delle Amazzoni in canoa (impresa raccontata nel libro «Puro remo», pubblicato da Edt), ora affronta il giro del mondo in biddeta. Monnet racconta il suo viaggio, in «presa diretta», in esclusiva per i lettori di •TorinoSette». ALetenye la pioggia sembra più tri�ste. L Ungheria cos�umida non è davvero una bella sensazione, però sono fermo, in riposo e la pensione è modestissima ma accogliente: tutta per me. Lacina è nel magazzino, oliata in attesa dei prossimi chilometri. Letenye si accatasta nella sua semplicità lungo la strada che dalla dogana con la Croazia aorta a Budapest, in paese ce poco da are e poco da sognare: questi vanno in frontiera e non tornano indietro. Il maltempo rende monotona la pedalata verso il Danubio o Duna che a Baja attraverso con molta emozione, i grandi fiumi mi hanno sempre affascinato. Rie�sco a percorrere già un centinaio di chilometri al giomo perchè le strade sono buone e le temperature ottime. Il traffico è scarso e i contatti pochissimi cos�pedalo e osservo miriadi di cicogne che sui pali della luce fanno i loro nidi. I centri abitati sono pochi e quelli che che ci sono mi accolgono con i «block», tipici palazzoni dell'epoca del regime, sparsi qua e là tra rovi e macchine sfasciate, strade abbandonate e cumuli di ferraglie che di li mai si muoveranno. In Romania entro con una giornata di sole splenden�te. Tutti parlano un po' d'italiano, cos�chiedo informazioni e mi immetto in una scorciatoia: taglia verso sud-est lascian�do fuori Arad, attraverso i campi, e dovrebbe farmi risparmiare una trentina di chilometri. Dovrebbe, perchè alle cinque del pomeriggio sono tra mucche e di oche a perdita aocchio, col portapac�chi anteriore spaccato e la sacca in terra. A Timisoara, in ferramenta, riparo il portasacca. Nei negozi lavorano solo donne e se ne vedono tantissime per le strade: minigonne vertiginose, tacchi altissimi e rischio di essere catturati ad ogni angolo. Strutture fatiscenti fatte e dimenticate dal regime passato accomu�nano tutte le città che attraverso. Il sud-ovest della Romania è solo un via vai di zingari con carri di legno trainati da raagrissirai e sfiniti cavallini. A Calafat esco dallo stato attraversando il Danubio con una chiatta e a Vidin sono in Bulgaria. Ma non cambia nulla: si mangia sempre Kebabsici (carne trita cotta alla griglia) cetrioli, pompdori e yogurt. Strutture enormi, abbandonate, strade pessime e pochissimi posti di ristoro. Arrivo a Sofia passando per Montana e tre giorni d'inferno: monta�gne attorno ai 1000 metri, caldo torrido. Temo il peggio quando i brividi da surriscaldamento mi annientano e mi bloccano nel campeggio per due giorni. Per fortuna mi riprendo e le temperatu�re calano sotto i 40 gradi: si può continuare. Due giorni ancora ed entro in Turchia: Edime finalmente! Scendo su Istanbul. File di Tir da tutta Europa, diretti al Bosforo, rendono la discesa molto pericolosa. Finalmente, con 2150 chilometri nelle gambe, mi accascio alla Pension Konya, nel cuore di Coslantinoxili. Provo una grande emozione: di 'rome a me c'è l'Asia, la prima parte del mio viaggio, quella «europea», è finita. Adesso sono davvero lontano da casa. Mi concedo qualche giomo di riposo, per smaltire le fatiche «balcaniche» e goder�mi le meraviglie di questa affascinante metropoli. E poi c'è un intoppo burocrati�co: prima di lasciare Istanbul, devo attendere il visto che mi consentirà di entrare in Iran. Franco Monnet nopassport04{à)iol it

Persone citate: Arad, Franco Monnet, Monnet