Gutenberg

Gutenberg Gutenberg con le ali distese mi ricordò un libro aperto HI AKV MORRISON LA ringraziai con calore por l'ospitalità, e mentre oro occu�pata a masticare o a boro a lunghe sorsato, lei mi raccon�to oualcosa dol suo slato; suo manto ora stalo mugnaio, o dalla sua morto loi viveva da sola. Quan�do finii di mangiare, mi lece conno d�seguirla Dietro la casa c'ora iin'nccollierii di legno dalla quale si levava un concorto di canti diversi. La vecchia trasse dal grem�biule ima manciata di nocciolo e faggine o comìncìu a dar da man giarei gli uccelli, facendo schiocca�re lo labbra n cinguettando por tulio il tempo. Passera scopaiole, i un e, cutrettole, zìgolì, pettirossi, i iidlblotu, mete dogli uccelli della Germania becchettava allo sue di�ta attravorso lo sbarro di legno. Dcqpo qualche momento mi invi�ta ad aiutarla, cosa elio feci, Era bello gflorare le piume e i becchi, ma mi dispiaceva che quelle leggia�dre cieaturodovessi.To restare pri gionienCogliendo nel miosguai (io quel dubbio, la vecchia mi prese per il braccio e mi allontano dalla gabbia per inostrarmi il tetto della chiesetta^ Stringendo una mici loia fra ledila, levo un braccio 0 passo dal cinguettio a un suono pui profondo, di gola, Subito uno Stormo di colombe si slanciò dallo grondaie dilla chiesa. Quella mas sa di uccelli nell'iiriii (conio una coperta gettala sul cielo) al princ�pio mi spavento, ma |jo�lo colom�bo i" oserò a rotoaie din delicatez�za sopia di noi. e dapprima qualcu na da sola, iii(|uiela, poi a dina due, quindi a gruppolU più coiai; (iiniiiii e idìtrodi giosicu irooquatiro, votarono all'' (Illa della vecchia Gli uccelli si posarono sul suo braccio, Inghirlaiidaiulola ili penne Mi aspettavo Muda e zuflo Ma erano Stàio ben addirsli ale, oppni e ciascuna confi�dava che sarebbe venuto il suo turno; cosi non ci furono batUbOC chi. K le madri non trascuravano di nutrirai piccoli Ui donna mi fece cenno di imitarla, egli uccelli all'inizio era�no cauti vano di me, ma ben presto trovarono le noci s le grana glie die avevo in mano un (legno allettamento Molinogli aragli mi graffiavano U polio, ^li uccelli affornivano ciò dio offrivo o jki�volavano vìa stringando il cìl"' nel becco. Si londavnno avanti e indie�tro dalla chiosa, comò fogli di carta dispersi, portando da mangiare ai piccoli, o una Strana pace disceso su di mo, alla vista di tanta giuia e libortù, E cosi stavamo h corno san CrisUiforo, montro In colombo ci bacchettavano sulle munii B fu allora die capii. (ilio capii cosa? potrostu chiede�re, Me lo sono domandato anch'io. Ancora prima che mi allontanassi du quel luogo, ciò cho mi accadde nolla foresta sombmvn una fiaba incantulu. Ma cosa Ioga quoH'opi sodio alla stampa dui libri/ Que«to: mentre ero li con le braccia alzate, era come so la colomba apjxillnìatu lassù con lo ali distose fosse diventata un libro aperto. E la colomba chu si allontanava du me era un libro dio prendeva il volo. E il chicco cho la colomba teneva noi becco ora un some d�conoscenza che andava a diffon�dersi nel mondo. Fu questa la visiono che ebbi. E confrontai ad essa il ricordo degli scrivani, e la lentezza terrestre del loro lavoro, 0 doi libri attorno a loro chiusi negli armadi, tenuti lontani dal mondo per mezzo di chiavi o luc�chetti, l-'u allora cho vidi cosa avrei dovuto faro nella vita: aiutare lo parole a volare come colombe. Non sapevo ancora comò, ma in ((liei momento decìsi di trovare un molndo. Reco perché aggiungo perii mio pubblico quando giunsi a Stampare lo Bibbio esortai coloro cho lo compravano a miniare i margini con uccelli, e anche con albori o foglio, in onoro di ciò che mi insognò la foresta. Questa lezioncina devo ossero ancora rifinita, ma la migliorerò a forza di raccontarla. Quando i mioi ascoltatori torneranno a l'adova o a Praga, o la ripoteranno, �volti dei loro bambini d�riempiranno di meraviglia. Como un mago du fiera, ho imparato a conoscere rutilila della colombo. • * » Grazie a mìo padre, oro ormai un uomo di discroio sostanze, o lo sarei sialo, noi momento in cui mia madre avesse smesso di impu�gnare il testamento (infiammata dalla clausola che assegnava qual�che fiorino alla mia sorellastra l'alzo, aveva fatto inlorvenìro una squadra di avvocati) Finalmente avevo la possibilità di viaggiare. Perché non no approfittai? Porchó trascorsi gli anni seguènti d�nuovo comò Censfloisch ancora a Magonza' In parto la causa era mia madie Si sentiva sola. Voleva un uomo in casa per avere compa�gnia, e dato cho mio fratello l-'riolo era moltn occupato con la fidanza�la, quell'uomo dovevo ossero io. A tempo debito, Priole sposò la sua Else, POCO dopo, mìa madre od io ci trasforìmmo in una nuova casa, affini ho il vero erede, il primogeni�to, il nuovo c.i()() della famiglia, potesse abitare nel (ailenborgnof. A giudicare dal sorriso di friele, doveva essere stato lui a convin�cerla a traslocare. A giudicare dai sospiri di mia madre, lei soffri grandémonto e accettò di andarso ne per spirilo di sacrificio, anzi di martirio, "Tuo padre sarebbe sta�lo d'accordo» disse, con gli occhi cho s�riempivano di lacrime. Una processione d�carri si presentò ul portone por trasferire nella nuova casa gli avori cho u loi parvo opportuno prendere con sé. Pron�ta a immolarsi fino all'ultimo, abbandonò lo cose migliori (non era l'riolo il legittimo proprietario, adesso?). Quanto al nostro nuovo domiciliò, era una casa a cui si sarobbo adattalo un fabbro, ma a cui mìa madre non ora abituata. Altu e stretta, si trovava nel qùttTtìoro che più puzzava d�fogna. Il trasloco ora stala unii sua scollu, lo ricordavo. Ma l'osserva�zione non andava a sogno. «Non capiresti, diceva, (Mi fu malo ugni singolo osso. Ma quel dolore non è niente; la cosa poggiore è che mi sento cosi sola e cos�vuota. Finché non morirò, niente e nessuno potrà consolarmi. Nem�meno la mia famiglia, nemmeno lu, Juhunn, mi siete di conforto adessoi. Alloro la luco dellu libertà mi scorrevi! sul volto. So lo starle accanto non lu era di nessun aiuto, perché non me no andavo? Ma mìa madre ora abilissima a coglie�re quel lampo. Mi stringeva la mano; «Promollimi che resterai qui por sempre, Johann. Giuro sulla Bibbia cne non mi lascerai». Giuravo, Nonostante le febbri o i dolori di aii parlava, mia madre appariva in porfolta sulule. Aveva solo cinquuntucinquo anni. Quan�to sarebbe stato «iwr sempre»? • •e «Voglio lavorare con le mie mani» dicevo a coloro cho mu lo chiedevano, o a questa risposta loro ridevano e la prendevano come una confessione d�pigrizia. Lavorare con le proprio mani! Impensabile! Tutti �Gonsfleìsch dai tempi di Adamo avevano avuto una {posizione», o occorre�va trovamo una anche por me, I-Viole, dopo lo insistenze d�no�stra madre, mi offri un posto noi commercio d�tessuti della famì�glia. Ma dato cho non avrei fatto altro che misurare lo pezzo in magazzino e tenero �conlì, l'offer�ta venne rifiutata, Frilo o Ruleman, quando l�incontravo in lavorila Zum Tiergarten e Zum Mombasolier erano le nostre pre�ferite mi invitavano a entrare nella Zocca, Ma intendevano sem�plicemente una bassa posizione da contabile, e non mi entusia�smava l'idea di vedermeli intor�no tronfi e compiaciuti a seguire �loro affari: in ogni momento, l'immagine d�ciò che avrei potu�to essere anch'io, non fosse stato per nonno Werner, mi avrebbe sorriso beffarda come una faccia su una moneta. E non volevo nemmeno guadagnarmi da vìve�re come prete. Non volevo far di conto. Non volevo scartoffie. Non volevo salvare l'anima della gente, «Voglio lavorare con le mie ma�ni» dicevo. Avrei potuto farlo da apprendista nelle gilde. Ma le gil�de, il cui potere si era accresciuto, erano ancor più di prima un affare di famìglia, inaccessibile agli estra�nei, e soprattutto agli estranei del mio ceto. Tuttavia nessuno statuto impediva il lavoro a giornata. E quando una sera mi confidai con due coniatori di moneta seduti al mio tavolo, loro mi dissero che sarei potuto andare a lavorare da loro. Era una proposta fatta per scherzo, provocata dalla birra e dall'acquavite, ma il mattino dopo alle otto ero davanti alla loro porta, Stupiti, mi strinsero la mano e mi presero come aiutante sotlopagato, I miei primi compiti erano troppo umili perfino per gli apprendisti; spazzare �pavimenti, andare a prendere l'acqua e cos�via. Ma dopo che ebbi dimostralo la mia buona volontà, cominciai a essere istruito in varie arti: battere il rame, incidere matrici, regolare la temperatura dei metalli. Grazie a Dio cho mi aveva dona�to dita abili, mi dimostrai all'altez�za della maggior parte dei compiti. Mi esercitai anche con il legno, ma ciò che preferivo era lavorare col metallo. Fare in modo che qualco�sa di nero e di rigido esprimesse la morbida bellezza della filigrana: era una sfida d�cui non ero mai sazio. Col passare del tempo mi offrirono un posto migliore. Ma non appena cominciai a sentirmi prigioniero fra quelle mura, mi trasferii in un'altra bottega. Nel corso dei mesi ne girai parecchie. Voleva dire riprendere ogni volta da capo, e facevo la figura del buono a nulla. La paga non supera�va mai quella del ragazzino d�dodici anni che puliva i pavimenti. Ma con i soldi cne mi attendevano a cosa, potevo permettermi d�ricac�ciarmi in gola l'amor proprio. Poiché gli artigiani di Magonza non erano molto numerosi e abita�vano tutti nello stesso cmarlìere, la mia faccia, e la mia aniludìne di provaro prima in una bottega, poi in un'altra, divennero ben presto note. Tutti mi chiamavano Jo-Jo, e si burlavano della mia volubilità; «Quanto tempo li fermerai da noi, Jo-Jo?» «Sono già tre mesi, Jo-Jo, non to ne sei ancora andato?» Era una presa in giro gentile, anche se non priva di condiscendenza. Ave�vo trovalo la mìa nicchia, come una farfalla. Ridevo insieme a loro. Meglio essere ritenuto un buffone che essere preso sul serio. Meglio essere frainteso cho capito. In un certo senso ero una spia che agiva sotto copertura. Ma dato che il mio scopo ultimo restava un segreto anche per me, non vivevo apparta�to o chiuso in me stesso. Al contra�rio, facevo baldoria. Mi ero libera�lo d�tutte le precedenti versioni: lo scolaro devoto, lo scrivano monaca�lo, il figlio affiitto e incupito dal vino. Al loro posto comparve JoJo, forse eccentrico, ma anche chiassoso, affabile, fadlo agli scher�zi, pettegolo, un ragazzo come gli altri. Ero campione d�scoregge. D'inverno, al calare della notte, terrorizzavo i mìei compagni di bottega con storie di fantasmi e di spirili maligni. Ero il primo a pizzi�care il sedere della ragazzotta che all'ora di pranzo d portava pane e prosciutto. Non restai mai a lungo in un postò. Ma finché c'ero, quel posto era casa mia. Mi accorsi che fi sogno della maggior parto degli uomini ere possedere un cesto degU attrezzi. Girabacchino, trapano od arco, punte, tornio, punzone, chiavi, gli attrezzi variavano ma ognuno do�veva usare i propri, oon quelli che appartenevano a un altro. Nella mia lesta, anch'io possedevo un cesto, non di attrezzi ma di abilità. Un cesto di abilità, riflettevo, si porta più facilmente di uno di attrezzi. Puoi averlo sempre con te. Puoi usarlo in tutti i modi. E nessuno cosi pensavo allora potrà rubartelo. Traduzione di Massimo Birattari (10 continua) Fu allora cho vidi cosa avrei dovuto fare nella vita: aiutare le parole a volare. Decisi di trovare un metodo. Ecco perché quando giunsi a stampare le Bibbie esortai coloro che le compravano a miniare i margini con uccelli e alberi e foglie «Voglio lavorare con le mie mani», dicevo. E quando una sera mi confidai con due coniatori di moneta, loro mi dissero che sarei potuto andare a lavorare da loro. Era una proposta fatta per scherzo, provocata dalla birra, ma il mattino dopo ero davanti alla loro porta berg Blake Morrison ha scritto «Le confessioni di Gutenberg», affascinante biografia che Longanesi manderà in libreria in autunno. Per tutta l'estate ttl ne pubblicherà i capitoli salienti. Illustrazioni per «La Stampa» di Dariush. Non volevo salvare l'anima della gente, «Voglio lavorare con le mie ma�ni» dicevo. Avrei potuto farlo da apprendista nelle gilde. Ma le gil�disti; spazzare �pavimenti, andare a prendere l'acqua e cos�via. Ma dopo che ebbi dimostralo la mia buona volontà, cominciai a essere istruito in varie arti: battere il Blake Morrison ha scritto «Le confessioni di Gutenberg», affascinante biografia che Longanesi manderà in libreria in autunno. Per tutta l'estate ttl ne pubblicherà i capitoli salienti. Illustrazioni per «La Stampa» di Dariush.

Luoghi citati: Como, Germania, Magonza, Praga