Sul Bianco, andata e ritorno in 24 ore

Sul Bianco, andata e ritorno in 24 ore Sul Bianco, andata e ritorno in 24 ore La «cavalcata« di due alpinisti per fi i 150 ami delle guide Enrico Martine! inviato a COURMAYEUR Notte di luci fioche, di ombre profonde. Di inquietante silenzio, rotto dalTansimare dei due alpini�sti sul Monte Bianco e dal tintinna�re delle loro «armi» (chiodi, picche e ramponi), dal fruscio di zaini e corde. L'atmosfera s'infrange, la tensione si allenta: rotolano sassi in un buio canalino e a pochi metri s'accendon quattro flebili «fari» rossi. Amaud Clavel, 28 anni, gui�da di Courmayeur e Matteo PeUin, di 32, che guida sta diventando, si fermano. Sono le 3,30 d'un matti�no tiepido. Alle spalle hanno poco più di tre ore d'arrampicata sulla parete Sud dell'Aiguille Noire de Peuterey, davanti altre 17 ore e il filo della più difficile cresta delle tre che dalla Val Veny paiono reggere la facciata della «cattedraleiTaelle Alpi, il Bianco. Glie cosa sono quei rumori sul�la Noire, cosa quelle deboli luci? Matteo dice: «Passi e ocelli». Cosi e. Due stambecchi contendono il passaggio obbligato in cima al canale ai due alpinisti. Sono spa�ventati e oltre non possono anda�re: una placca liscia di granito impedisce loro di arrampicare. «Siamo noi gli intrusi», dice Mat�teo. Cosi Amaud s'inventa una variante, s'infila dove non avreb�be dovuto e fa ciò che la natura ha impedito alle grandi unghie degli stambecchi. Supera la placca dal�l'esterno e lascia il canale agli animali. Comincia cos�la «cavalca�ta» dei due giovani di Courmayeur che vogliono regalare alla Società guide del loro paese, per i 150 anni d�attività, una salita da «guida». Lunga quanto una parete himalayana, complessa come uno dei classici itinerari del Monte Bian�co, regno del granito, del ghiaccio e del «misto», cioè dei due elemen�ti. Per anni proprio la convivenza di roccia e ghiaccio è stata la differenza tra gli scalatori funam�bolici delle Dolomiti e gli accorti e robusti alpinisti delle Occidentali. La cresta di Peuterey è la più conosciuta anche dai semplici turi�sti. Comincia con la guglia della Noire, si frastaglia nelle eleganti Daines Anglaises, s'incappuccia di bianco con l'Aiguille Bianche, precipita nell'ombra del col Peute�rey e risale a macchie granitiche nel couloir Eccles, di fianco al poderoso piede del Bianco, il Pilier d'Angle, per poi farsi candida e raggiungere affilata le due vette del«tetto d'Europa», divise da un'ampia sella spazzate, dal ven�to. Più di cinque chilometri e 4200 metri di dislivello, perché Amaud e Matteo partono dal santuario di Notre Dame de la Guérison, dalle grige morene della Brenva, mille metri più giù di chiunque abbia osato seguire quell'itinerario. «Non siamo qui per i record, ma per dimostrare che questo alpinismo non è morto e che sa ancora essere grande. Recala emo�zioni e offre gli itinerari ideali per noi guide»; dice Amaud Clavel. Per questo Walter Bonatti, che ha fatto gran parte della storia dell'al�pinismo italiano proprio sul Bian�co, è fra coloro che li aspettano al ritomo, accanto alla scalinata del santuario. Li abbraccia commos�so. Amaud e Matteo hanno comun�que firmato un primato; in 20 ore hanno raggiunto la vetta del Bian�co lunga la cresta infinita del Peuterey. Erano anni che qualcu�no non lo faceva perché l'alpini�smo di oggi va di fretta, pensa alle salif? da «scarpette», al limile del�l'aderenza, cerca la verticalità. Su un percorso cosi lungo a sempre diverso, si devono aliemare più tecniche e soprattutto ci vuole la voglia di faticare. «Roba d'altri tempi», direbbero in molli. Ma rawentura è garantita. E c'è poi anche il tempo di ricordare la storia della conquista del Monte Bianco. «L'impresa giusta per commemorare i 150 anni», insisto�no Amaud e Matteo. Hanno collegato in venti ore mite le cime che la più grande guida alpina di Courmayeur, Emile Rey, aveva conquistalo per pri�ma più ili un secolo fa. Loro hanno incontrato gli stambecchi sulla Noia, e lui. il «principe del Bian�co», aveva incontrato il 5 agosto del 1877 un topolino campagnolo, Rey, divertilo, al suo cliente ingle�se, disse; «Non siamo i primi». Tre anni dopo sarà sempre il (prìncipe» n sabre l'inviolato ultiino tratto della cresta di Peuterey. E nel 1885 poso i suoi scarponi chiodati sul candido cappuccio della Bianche. Tutta la cresta ora riix'rcorsa da Clavel e l'ellin fu vinta da una cordata tedesca che sotììo il primato a due guide di ( li lunnayeur, Marcel Bareux e Ser�gio Viotto. PeUin ricorda: «Erano allo strappo finale quando litigaro�no per una borraccia e abbandona�rono l'impivsai L'ultima immagine di Amaud e Matteo tloixi la grande fatica e|H'r il cielo dei '1000. Alle 20,15 sono in vetta al Bianco, alle 21.30 mentre scendono sulla cresta di ghiaccio sono bloccati dai colori. Matteo: «Eravamo fra due cieli. Alle spelle il rosso ilei tramonto, di fronte la luce viola della Luna Mai visto nulla del genere». Al rifugio Gonella, lappa di chi sale la «via» nonnaie italiana al Bianco, i due hanno raccontato la loro impresa al primo italiano elio l'aveva compiuta, Alessio QUier, guida di Courmayeur e oggi custo�de dello storico rifugio Arn.iud Clavel e Matteo Pellm festeggiano l'impresa che li ha visti protagonisti sul Monte Bianco

Luoghi citati: Courmayeur, Europa