«E' il progetto di Milosevic Vuole inquinare l'Europa» di Giuseppe Zaccaria

«E' il progetto di Milosevic Vuole inquinare l'Europa» PARLA L'OPPOSITORE SERBO CHE DENUNCIA IN.INVASIONE» «E' il progetto di Milosevic Vuole inquinare l'Europa» reportage Giuseppe Zaccaria AL posto dol sottosegretario Kanieri, riguardo al timore di un'«invasione pialla», l'onorevoli! Dragan Veselinov si sentirebbe mono tranquillo. Non solo perché al Parlamento serbo, dai banchi doll'opposizinne, lui denuncia invuno quest'invasione da più di un anno, ma soprattutto pvr la ragione che gli umvi conti�nuano ad infittirsi. «So i nostri culcoli sono esatti dice ogni mese in Serbia ormai sbarcano 5-0000 cittadini cinesi». Arrivano nolla maniera più como�da e regolare, con i voli della ,/ul da Pechino a Belgrado, trovano un regime che li accoglie con tutti gli onori, li incoraggia, li chiama. Ma anche in .Jugosluvia ormai lu liarca è piena e gran iiarto di quella gente avverto Veselinov sbarca all'aeroporto di Surcin con un programma preciso: quello di ottenere il primo visto di ingrosso in un Paese europeo lier poi scegUera la strada che condurrà altro�ve, Veselinov ò un docente di Scien�ze |K)liiiclie che ò anche leader del parlilo di coalizione della Vojvodinu, regione relativamente ricca e particolarmente gelosa della pro�pria autoi.nmia, dunque contra�ria line volle al regime. Il suo punito parla da tempo di «migra�zione mascherata», di una forma nuova ed assolutamente inedita di «inquinamento etnico», so cosi si può dini, Milosevic, denunciano, sta letlerulmente trapiantando un'etnia dall'uno all'altro emisfero, vuole trasfonnare i cinesi in serbi fedeli leggi elettori deir«Sps» e so il surplus di questa gente deciderà di emigrare ancora, tanto meglio. A fonie lo spese sarà l'Eunijia, che l'ha nggrotuto spingendolo a que�sta mossa luciferinn. So alcune conseguenze della guerra dol Kosovo erano prevediInli senza grande sforzo lleggi rniTnrzumento del potere intemo del Presidente, caos in una regione governata da bande albanesi, nuove or.dstfc migratorie) quella del «pericolo piallo» è una varian�te che pochi avrebbero potuto immaginare. Eppure, segnali si intravedevano anche in questa chiave. Facciamo un passo indie�tro nel tempo, «Belgrado dovreblie avere la sua Chinatown, come tutte le grandi città dol mondo», disse un certo giorno dell'autunno '95 il professor Slobodan Unkovic, già docente all'Università di Belgrado e da pochi mesi nuovo ambasciato�re a Pechino, La bizzarra dichiara�zione fu ripresa dai giornali senza la minima ironia: si sapeva bone che quel diplomatico improvvisa�to era strettissimo amico di Mirya nu Markovic, la moglie del capo, ed esponente di spicco della «Jul», il suo partito. Da quel momento le visito ufiìciali dogli jugoslavi in Cina e dei cinesi a Belgrado cominciarono ad infittirsi. La professoressa Markovic ottenne l alto onore di veder iradotte in cinese, ed in milioni di copie, tutte le mie opere politiche con annessi i trattati di sociologia. Che per intere falangi di orientali questo abbia reso più impellente la scelta migratoria, è circostanza da meditare. Fatto sta che agli inizi del '99 Belgrado comincia di colpo a popolarsi di residenti con gli occhi a mandor�la. Si raggruppano al «Blok Sedamdeset». il 70* isolato della Nuova Belgrado, ed occupano il mercato sotterraneo di Buv^jak, collegato alla stazione ferroviaria della zona. Fino a quel momento non sono altro che ima presenza pittoresca. Si racconta etiti, con l'approssi�marsi dei bombardamenti, i bel�gradesi li avessero pagati per ripu�lire i vecchi rifugi antiatomici voluti da Tito, tranne poi scacciar�li con l'inizio delle ostilità. Pro�prio durante le prime incursioni della Nato «Tv Koseva», l'emitten�te di Marija Milosevic, figlia del capo, ha la curiosa idea di trasmet�tere in contemporanea i program�mi satellitari della tv cinese. Il problema è che non si trova un traduttore, e dopo un paio di settimane la brillante iniziativa editoriale deve interrompersi. Un ulteriore fatto rafforza la solidarietà fra �governi. Nella notte fra l'B e il 9 di maggio un altro dei famosi «errori» conduce al bombardamento dell'ambascia�ta cinese, con conseguente crisi intemazionale. Ora, la sera del 7 di maggio l'ambasciata era stata invasa da una delegazione che comprendeva soltanto membri della «Jul». Nel frattempo, per evitare la malaparata, molti «im�migrati» cinesi si sono rifugiati a Budapest, ma a guerra finita tor�nano tutti, anzi mi moltiplicano. Cinquanta, sessanta, settanta�mila? «I calcoli non sono possibili spiega Veselinov anche perché su tutta questa storia il governo non ha mai fornito la minima informazione. Ho visto cinesi con la carta d'identità jugoslava, quin�di in possesso della cittadinanza. Negli uffici di polizia le informa�zioni murali per il pubblico sono redatte in cirillico ed in cinese. E' paradossale che in questo Paese i 700,000 profughi serbi da Croa�zia, Bosnia e Kosovo non abbiano diritto a cittadinanza e lavoro, mentre i cinesi possono tutto». Un piccolo esempio: ai serbi viene proibito guidare auto con targa montenegrina, perché li le imposte sono molto inferiori. Ai cinesi, no. Qualsiasi iniziativa commerciale dei podii che se lo possono permettere viene stroncata da una burocrazia elefantiaca. I cinesi godono di corsie preferen�ziali. Fino a qualche mese fa gli immigrati di Milosevic, i figliocci orientali di Mirijana, vendevano nei mercatini; «Adesso insiste Veselinov comprano centri com�merciali e li affittano ai serbi. Hanno permessi di lavoro, assi�stenza sociale, esenzioni doganali Anche le poche medicine che si riesca a trovare sono cinesi...». Ecco un altro paradosso. In un «embargo» che continua a colpire solo la gente comune, per anziani, bambini, ammalati cronici è di�ventato quasi impossibile trovare medicinali. Ma la «Galenika» di Belgrado, sodetà un tempo famo�sa, og^i fornisce involucri con la sua eUchetta a prodotti cinesi che non paiono granché efficaci. Tempo fa Mladjan Dinkic, uno degli economisti d'opposizione di quel che si definisce «017», svelò che la Cina aveva concesso al regime un prestito da 300 milioni di dollari. Oggi, pare si trattasse soprattutto cu accordi di scambio che intanto però hanno consenti�to alla Serbia di riarmarsi con prodotti cinesi. Anche la nostra Telecom rischia di subire contrac�colpi: la Jugoslavia si appresta a creare una seconda rete tli telefo�nia mobile affidata ai cinesi. Si chiamerà «Zing Zong», «Cos�Belgrado sta trapiantando un'etnia da un emisfero all'altro» li riarmo jugoslavo è passato da Pechino E ora si prepara una «Telecom gialla»