Il violoncellista di Scabia suona la voce del Destino

Il violoncellista di Scabia suona la voce del Destino Il violoncellista di Scabia suona la voce del Destino A mezzanotte, sotto la torre del Campanone compare Giulia�no Scabia. Indossa un cavallo di legno, montato in vita e sostenuto da due bretelle; sembra che indossi una barca. E' venuto a Sant'Arcangelo di Romagna per reci�tare la sua Tragedia di Roncisvalle con bestie. Il testo racconta le storie di re Marsilio, di Gaina, al seguito di Orlando, della lepre, della volpe e dei cani da caccia. Scabia recita il testo, ma in realtà il suo spettacolo davanti a quaranta o poco più spetta�tori nella notte del Festival non è solo un evento di teatro, ma anche uno studio sulle forme della mente, sulla trance, intesa nel suo significa�to letterale, come trasferimento, spo�stamento in un altro luogo. Raccon�tare è spostare le cose e le persone nel tempo e nello spazio. Scabia è uno dei padri fondatori del nuovo teatro italiano, padre nobi�le tuttavia ignoto alla maggior parte dei figli e nipoti; e questo na impedi�to loro di divorarlo in uno di quei banchetti rituali di cui sono pieni la cultura e il teatro contemporaneo. 11 sessantacinquenne regista e teatran�te padovano si è conservato giova�ne, anzi giovanissimo, nonostante la gran testa di capelli bianchi: un fauno senza età. Scabia ha iniziato negli Anni Sessanta, con musica di Luigi Nono, scrivendo testi poetici che sono diventati subito, quasi senza saperlo, i primi testi del teatro d'avanguardia italiano. Scacciato dalla Biennale, ha visitato fabbriche e piazze; ha inventato il «teatro d'animazione» nelle scuole, al Sud, al Nord, al Centro; poi è stato con FYanco Basaglia a Trieste a costruire Marco Cavallo, il grande cavallo di cartapesta con cui i matti hanno inscenato il corteo della loro libera�zione all'inizio degli Anni Settanta. Poi è montate lungo la dorsale dei monti Appennini con i suoi studenti del Dams per recitare nei paesi II gorilla quadrumano, che è stato il papà dei draghi dei cortei carnevaleschi del movimento bolo�gnese del 77. Era 11, in quei giorni, a spedii? mongolfiere di carta nel cielo della città emiliana sconvolta dalla rivolta degli studenti e dalle repressioni poliziesche. Lo accom�pagnava Enrico Palandri col suo Boccalone, e ne frequentava i corsi il Tondelli di «Altri libertini». In trentun anni di insegnamento uni�versitario anti-universitario, si dovrebbe dire lo scrittore padova�no ha laureato più di una generazio�ne di teatranti, maghi, clown, trampolisti, attori, registi, critici teatrali. La storia di Giuliano Scabia per raccontarla tutta ci vorrebbe un intero libro o un lungo documenta�rio, ed è una delle storie più belle e sconosciute non solo del teatro o della poesia, ma anche del romanzo e della narrazione. Perché nonostan�te i tanti meriti e la bravura innata, egli è ancora una figura ignota al grande pubblico dei lettori, trascu�ralo dai mass media e dai giornali, insomma un maestro segreto se�guito da un piccolo e tuttavia fedelissimo manipolo di lettori e ascoltatori incantati. Dopo aver scritto uno dei testi più belli del dopoguerra. Fantastica visione (Fel�trinelli), che reintroduce nel teatro la finzione mitica, e aver vagalo per l'Italia con il suo Angelo e le storie di Dorothea, nel 1990 Scabia ha pubbli�cato presso Einaudi, sue editore dagli Anni Sessanta, uno smilzo romanzo, «In capo al mondo», die è l'equivalente in lelieratura di quel�lo che lui ha fatto nel teatro come attore, regista e narratore dei propri testi: la ricerca di una narrazione che includa il mistero, il mito, quel�la «comprensione affettiva», come RECENBcl l'ha definita Gianni Celati, che è l'unico modo che abbiamo per inten�dere ancor oggi «i messaggi degli dèi, cioè il nostro destino». La stona del violoncellista Lorenzo e della sua sposa Irene è (juanto di più lontano possa esserci dal clima spiri�tualistico o esoterico che circonda spesso il mito, e riesce a creare un'atmosfera sospesa, un'aria di mi�stero che si può cu colpo svelare, ma anche rivelare. Insomma, un'idea del dramma dell'esistenza in cui la predestinazione e il destino parole chiave )er Scabia-sono sempre sul punto di compiersi e manifestare a noi mortali il senso profondo delle cose. Scabia è uno dei pochi, forse l'unico scrittore midco in circolazio�ne, se si eccettuano alcuni scgtiori meridionali, sconosciuti ai più (Roc�co Brindisi, per esempio), il mito di IÓNE Scabia non ha ovvia�mente nulla a che fare con la moda della lhi «new age», cosi come gli angeli che parlano m Lorenzo e Cecilia, continuazione del pre�cedente romanzo, che ingloba nella prima partei non sono creature misterio�se, ma la proiezione dei nostri pen�sieri e desideri, i suggeritori e gli ammonitori che i nostri anionati greci o medievali incontravano cammin facendo, agli incroci, nei san�tuari, nelle chiese, lungo le mura delle città. E che un regista, anch'es�so a tratu mitico, Wim Wenders, ha fallo apparire una volta sotto il cielo di quell'incredibile cillà del Destino che è stala negli Anni Ses�santa e Settanta Berlino. «Cecilia e Lorenzo» è un vero romanzo, con tanto di plot e sviluppo, personaggi e caratteri ben delineati; :scritto con una lingua adatta alla recitazio�ne ad alla voce. Le frasi di Scabia hanno un fiato lungo e si rodono su un singolare uso dei participi che sostituiscono gran pane delle secon darie e relative. E' un modo di raccontare antico, die non disde�gna il dialetto, senza fare dell'arche�ologia o del tradizionalismo. Anzi, Scabia usa melodi e tecniche dell' avanguardia degli Anni Sessanta che lui stesso ha contribuito a in ven tare e mettere in circolazione. E un fraseggio piano, ma poetico, è la «poesia di quell'avanguardia» che non ha solo prodouo libri sperimen�tali e difficili, ma anche, come nel caso di Scabia. Vassalli, Orango e Celati, narratoripertutti, persino popolari e affabulami. L'altra gran�de abilità di Scabia risiede nel dialo�go, che svolge in questo romanzo il compilo di far fluire le storie, d'indi�viduare i caratleri, mentre l'Autore, sempre presente, si dene il compilo di commentare, in una sorta di conlrappunto, gli avvenimenti, di tessere i singoli destini, di accomo�darli, per quanto poi ogni personag�gio agisca per moti propri, condotto da una musica interiore, che è poi la voce del Destino stesso. Questo romanzo di Scabia con l'aria di raccontarci la leggenda di un violoncellisia che ama in succes�sione due diverse donno e si spinge fino in capo al mondo, in India, m realtà ci narra una storia italiana, ambienuita a Venezia. Padova, nei Colli Euganei, tra gli Anni Verni e i primi decenni del dopoguerra, una storia meravigliosa dove ha un ruolo non secondario la tragedia del Vajonl, di cui Scabia ci fornisce una 1 uiiura originale, davvero uma�na e grandiosa, come solo un narra�tore mitico, amante dei dettagli e delle piccole storie, riesce a costrui�re. Cecilia, figura dominante della seconda parte del romanzo, è un personaggio singolare, anche lei segnata da un destino, la paura dell acqua. E una figura femminile indimenticabile, come la musica che toma più volle nel racconto per incantare uommi, donne e ani�mali. Di sicuro questo romanzo non finirà qui, ma avrà un seguilo. Intanto, la cosa migliore che si possa fare, durame il prossimo autunno, è quello di invitare Giulia�no Scabia a leggere il suo romanzo di persona, a casa propria o in un circolo di amici, perché davvero lui è l'unicoscriltore che viaggia da un capo all'altro dellltalia per visitare paesi e piccole comunità, e cjuesto senza che si pubblichino avvisi o si appendano manifesti. Chissà poi che durante questa breve esule qualcuno di voi non lo inconiri in qualche bosco col suo cavallo di cartapesta, venuto a salutare gli alberi e le piante, a cantare e dire poesie ad alla voce. «LORENZO E CECILIA»; IL NUOVO ROMANZO DI UN MAESTRO SEGRETO, DAL TEATRO D'AVANGUARDIA ALLA STAGIONE CON BASAGLIA, ALLE RECITE SUGLI APPENNINI RECENSIÓNE Bclpòlhi Giuliano Scabla ambienta il suo romanzo tra Venezia, Padova, Colli Euganei: una storia dove non ha un ruolo secondario la tragedia dei Vajont Giuliano Scabia Loremo e Cecilia Einaudi, pp. 318. L 28.000 ROMANZO