L'oddissea senza fine dei 124 profughi curdi di Giulio Gavino

L'oddissea senza fine dei 124 profughi curdi L'oddissea senza fine dei 124 profughi curdi «Chiusi» fra Piemonte e Liguria, respinti dalla Franciu Giulio Gavino Massimo Numa Donne, tanti bambini, da tre mesi a dieci anni d'età, i loro uomini. 124 in tutto. Curdi, in fuga dalla paura e dalla povertà del loro paese. Da tre ;iomi sono «rimpallati» da un angoo all'altro d'Italia, dopo l'approdo a Crotone e il primo viaggio della speranza verso il Nòrd, la Francia e la Germania, via Torino. Ieri matti�na alle 10 erano ad Alessandria, non desiderati. Cosi hanno raccolto le loro poche cose e sono saliti sui bus messi a disposizione dal Comu�ne per raggiungere la stazione ferro�viaria. Adulti, donne, i loro figli, i vecchi: l'ultimo faticoso appello in una sala d'attesa disadorna e gremi�ta. Li avevano fermati la sera pri�ma, a bordo di due Tir tedeschi sull'autostrada Torino-Piacenza, mentre tentavano di risalire l'Euro�pa. Alle 13,21, quando gli ultimi salgono sul treno, l'omergcnza -cur�di ad Alessandria cessa. Con buona pace del sindaco Francesca Calvo («Entro mezzogiorno via tutti, sen�nò li porto sotto scorta nei giardini del Viminale»), Da parte loro non un gesto d'ira, né di rancore contro chi li ha costretti a lasciare il rifugio faticosamente trovalo. Il gruppo, che proviene da un solo villaggio, aveva cambiato lattica. Troppi riflettori sul corteo multi�colore e ormai esausto, troppa poli�zia che rischia di bloccare l'esodo verso la Germania. E cosi in 51 scelgono di .tornare.a Tprmo, da dove erano partiti domenica matti�na con i Tir poi intercettati dalla polizia; 8 vanno a Milano;iSffi]gono sul treno diretto a VentftBglia, alla frontiera francese, 10 si ferma�no a Genova, ospiti di connazionali. Ogni curdo, adulto o bambino, ha ricevuto dalla prefettura 50Q mila lire, più o meno due seiiimano di «diana» (hanno diritto a 34 mila lire a testa al giorno). In Italia possono restare due mesi al massimo, in attesa che venga definito lo status giuridico di rifugiati. Poi si vedrà. Ad Alessandria il Comune e la Croce Rossa distribuiscono viveri scarpe, vestiti e giocattoli. Gli inter�preti stentano a farsi capire dai capifamiglia che devono decidere la pros-sima lappa di un viaggio alluci�nante, dal Kurdistan iracheno alla Turchia e poi in nave sino alla Calabria, in treno sino a Napoli, Torino, sui Tir ad Alessandria; e poi ancora rotaie e rotaie, sino al prossi�mo campo profughi chissà dove. I bambini si isolano dal caos e gioca�no sui gradini della stazione con le bambole, gli animali di peluche rotolano nella polvere, fanno corre�re trattori di plastica che evocano spiagge, ombrelloni e mari per loro impossibili. La stazione di Alessan�dria è una Babele, i marciapiedi fanno da «appelplatz». In fila davanti alla biglietterìe, tra sguardi indifferenti, curiosi, a volte ostili. I ferrovieri li aiutano a scegliere le banconote per pagare i biglietti. Da Alessandria a Torino, poco più di un'ora di viaggio sul treno che ad Asti si riempie di operai e pendolari, sotto la calura d'agosto. I curdi li riconosci anche per il sac�chetto di plastica blu che il Comune ha dato a ciascuno. Dentro d sono succhi di frutta, pane, acqua mine�rale. Noo è gente denutrita, sono solo vestiti in modo strano. Le donno hanno scelto a caso, tra i vestiti donali dalla Carìlas e l'effet�to, nonostante la situazione, è buf�fo. Ci sono le magliette della Coop sponsorizzate dall'Unipol taglia XXL finite sulle spalle esili di bimbi di 3, 4 anni; dejft vu di mode trapassate, abbaglianti top fucsia stretti da lacd su gonne tradiziona�li curde in sobrie fantasie. E una bimba, che era acalza, arranca su un paio di scarpe col tacco. Ma tutti in ordine, puliti Un viaggio breve, brevissimo, le mamme uniscono i sedili e cercano di far riposare i bimbi; qualcuno fa chiasso nei corri�doi, gli altri dormono. In due giorni hanno già imparato a dire «glasse» e «ciao», i più piccoli sorridono a tutti e uno, che ha gli ocelli azzurri, offre un pezzo di biscotto a chi gli passa vicino. A Torino, stazione Porta Nuova, si toma alla realtà; gli zaini, i fagotti, si accumulano sulle banchi�ne, due donne in stato avanzato di gravidanza faticano a scendere e si guardano intorno affaticate, esau�ste. La marcia riprende, verso la città, in piccoli gruppi che tendono ora a separarsi, a cercare un'isolata via di salvezza. Le famiglie si ferma�no a riposare nei giardini, nei porti�ci, sino a sparire all'improvviso nel nulla. I soldi servono a pagare le pensioni e gli hotel, le schede telefo�niche bruciate in un attimo per riprendere i contatti con i contrab�bandieri di carne umana, per pren�dere al volo il prossimo «Tir ex�press», destinazione Germania. Gli emissari del racket tentano di con�fondersi con i profughi: ma indossa�no polo firmale, hanno occhiali da sole, telefonino appeso alla cintura come una Colt, Ri tessono la trama spezzala dalla polizia, devono porlare a termine il lavoro. La giornata si chiude così, in un estenuante nulla di fatto. I curdi cercheranno di andarsene, con ogni mezzo. Questoèsicuro. Non hanno alternative: hanno pagato a suon di dollari la fuga da l'inferno iracheno. Ma sorte più amara è toccala ai loro connazionali che hanno inse�guito la strada verso la Francia. Volevano scendere dal treno a Ven�timiglia, e ripartire per il Nord con un altro convoglio. Lunghe ore di viaggio, ma al di là del confine, alle 18. li aspettava la gendarmeria francese schierala con i cani, decisa a far rispellare il trattato di Schengen e a non accogliere i profughi riconosciuti dal governo italiano ma non da Parigi. La chiamano «respingùnento» la norma che ripor�ta in Italia chi passa il confine, e non lo può fare. Tra i curdi che, coraggiosamente, hanno scello la strada di un colpo di mano, venti bambini di età compresa tra i ire mesi e i dieci anni. In stazione la polizia li ha inquadrati e portali nell'ennesima sala d'aspetto. Docu�menti, scartofiìe. In serata la stazione di Ventimi�glia è già un ricordo nell'album dell'orrore quotidiano: fanno da rifugio per i profughi altri giardini e le panchine del lungomare. La poli�zia controlla i curdi, già fotosegnalati a Torino, uno ad uno, con discre�zione. Qualcuno compra del latte, altri panini e carame le. Uomini e donne abbassano gli occhi di fronte ad una generosiù che non voglio�no, che non clùedono. Ad un tratto il pianto di un bimbo rompe il silenzio nell'airìo della stazione. Lo mamma lo allatta. Si va verso un'al�tra notte da incubo. Adesso sono liberi di accettare l'aiuto della pre�fettura e della Croce Rossa o di organizzarsi in modo autonomo. Ma. pare, sono solo l'avanguardia di un flusso migratorio destinato ad aumentare nelle prossime ore. Do�ve finiranno i 300 che si stanno avvicinando all'Italia a bordo di un'altra «carretta» del mare? Metà sono tornati a Torino, metà sono bloccati a Ventimiglia aspettando un Tir «fantasma» ORE 12,36 «Fugo» da Alessandria Allo IO ami a bordo dei bus messi a aispoimone dal Comune. Spcrjvjno di o-os.-are un treno che h portane vervi l'Austria « la Genrani». invece noo c'era. E rfora hanno deci» metà* tornare a Tonno, gli ahn di-pfovare" la via france». SI triste ritorno a Torino Se n'erano andati, misterìotamenie. l'altro pomeriggio. So�no tornati, ancori a Porta Nuova, nel primo pomeriggio, dopo il breve viaggio da Alemndri». I bimbi stanchi e affamati, alcune donne visibilmente provate. ORE 18 Bloccati a Ventimiglia I SS che hanno provato a lasciare l'iulia dal confine ligure sono stati bloccati a Ventimiglia; la polizia non li ha lasciati proseguire, perette dafloltra parte i gendarmi b aspettavano con tanto di cani pdiuono: da qu non si passera neanche oggi

Persone citate: Docu, Francesca Calvo, Massimo Numa