L'antropologo lascia il selvaggio e passa all'uomo metropolitano

L'antropologo lascia il selvaggio e passa all'uomo metropolitano L'antropologo lascia il selvaggio e passa all'uomo metropolitano SE chiedete a una persona di media cultura cos'è l'antro�pologia culturale, è proba�bile che vi dia una risposta abbastanza sensata. Se lo chie�dete a un antropologo, prepara�tevi ad ascoltare una trattazio�ne lunga e complessa ed è molto probabile che ne uscirete con le idee meno chiare di prima. Infat�ti, se fino a qualche decennio fa il mestiere di antropologo era chiaro a tutti, oggi lo è molto di meno. Non più solo lo scienziato avventuroso alla Malinowski che andava a spendere gran parte della sua vita in qualche angolo sperduto del pianeta, tra quelli che gli altri chiamavano «selvaggi», ma anche, e sempre ili più, studiosi che si occupano di realtà urbane, di immigrazio�ne, di percezione delle malattie, di esposizioni museaU, di consu�mi, moda e via dicendo. Cos�la comunità antropologi�ca, ammesso che se ne possa ancora parlare, è venuta diffe�renziandosi e sfaccettandosi nel�lo spazio e negli strumenti adot�tati. L'antropologia culturale è da sempre lo sguardo di un mondo su di un altro, ma i «selvaggi» sono sempre meno e la crisi dell'oggettività (o della presunta oggettività) è un chia�ro segno del disagio di un'epoca in cui paradossalmente l'occi�dentalizzazione del mondo coin�cide con l'indebolirsi delle cer�tezze dell'Occidente sulla pro�pria identità. Per dirla con Clif�ford Geertz: tin un mondo di Opec, Asean, Things Fall Apart, e di Tongani che giocano contro i Washington Reoskins, il mon�do ha ancora i suoi comparti�menti stagni, ma i passaggi fra di loro sono molto più numerosi e meno attentamente protetti». Ecco allora che questo libro di Robert Borofski ci offre uno sguardo ricco e variegato sul panorama dell'antropologia at�tuale, sui suoi interessi, sulle sue prospettive e sulle sua dia�tribe inteme. E lo fa non con la solita revisione critica da parte dell'autore, ma raccogliendo le voci dei protagonisti diretti del mondo antropologico, ciascuno dei quali è chiamato a difendere il proprio paradigma e a esporre le sue perplessità su quello dogli altri. Cos�tra un Marvin Harris, strenuo e cocciuto difensore del mate�rialismo culturale, che fonda i suoi teo�remi sulla convinzio�ne che le scelte cultu�rali siano comunque costrette dalle limi�tazioni neurobiologi�che e un George Marcus, fauto�re di un'antropologia postmo�derna e decostruttivista, per la quale più che i fatti esistono le interpretazioni che di esse dan�no gli attori sociali, troviamo altri 29 saggi d'autore che ci illustrano campi e metodi di questa disciplina. Se fino ad alcuni decenni fa tracciare la celebre linea di confine tra natura e cultura appariva cosa piuttosto sempli�ce, oggi lo scopeite della scienza e le sue più recenti prospettive (pensiamo all'ingegneria geneti�ca) ci pongono sempre nuovi problemi e la nostra linea di divisione si fa sempre più irrego�lare e tenue. Nessun antropolo�go nega che l'essere umano sia fatto sia di natura sia di cultura. Il problema sta nel peso percen�tuale da attribuire all'una o all'altra e in che modo analizzar�le. Il valore di questo libro, il cui titolo originale è «Assessing Anthropology», «valutare» l'antro�pologia, sta proprio nel mettere in evidenza come questa disciplina, occupandosi dello studio dell'uo�mo in prospettiva comparativa, si tro�vi non solo ad affrontare la miriade di problemi posti dalla complessità dell'es�sere umano compo�sto si di cultura, ma anche di geni e neuroni, ma a doversi adattare continuamente alle tra�sformazioni in corso, esattamen�te come fanno le culture e le società di cui si occupa. Tradizionalmente gli antro�pologi culturali si occupavano del cosiddetto «locale» (definito molto spesso come «tribale»), ma in che misura oggi ci si può limitare ad esaminare una scheggia di mondo senza peral�tro rifarsi a un insieme più vasto che le innumeri forme di comunicazionc legano a quella scheggia? Inoltre oggi la distanza esi�stenziale e intellettuale dell'an�tropologo rispetto ai suoi ogget�ti di studio non e più cos�evidente. Perché anche quando l'antropologo continua a lavora�re in società differenti dalla propria, esse somigliano sem�pre più alla sua. Sempre più egli vi ritrova aspetti conosciuti del�la propria cultura. Per questo nozioni classiche come alterità, sguardo esterno, osservazione partecipante, che hanno costituito finora i fondamenti dell'an�tropologia, sembrano oggi biso�gnose di essere riesaminate su nuove basi. Il libro di Borofski, suddiviso in sei sezioni, ha il pregio di offrire ima vasta gamma di risposte a questi problemi. Emergono cos�alcune tra le maggiori discordanze teoriche del efibattito attuale: scienza o interpretazione? Universalismo o re ativismo? Dibattito reso ancora più vivo dalla presenza non solo di studiosi occidentali, ma anche di antropologi «nati�vi», che forniscono e costituisco�no una variabile in più alla prospettiva comparativa classi�ca dell'antropologia culturale. Si dico che esista un concetto di cultura per ogni antropologo. A questo tema vengono dedicato due sezioni: la prima dove si cerca di mettere in luce cosa intendiamo con il termine cultu�ra; la seconda dove questo con�cetto viene analizzato in modo dinamico nelle suo trasfonnazioni noi tempo e nello spazio. Infine una seziono dove si parla dell'antropologia culturale fuo�ri dall'accademia, delle suo ap�plicazioni concreto e delle sue prospettivo future. Una nota curiosa o interes�sante: a ogni saggio Borofski fa seguire una breve «biografia intellettunlo» di ogni autore, scritta dall'autore stesso. Una sorta di «ammissione» di eventi, casualità e personaggi dai quali ogni autore è stato influenzato. Cos�come sposso si fa con gli informatori sul terreno, anche Borofski ha voluto narrare le storie dei suoi collaboratori por meglio collocarli nella comples�sa geografia della comunità an�tropologica. NON E' PIÙ LO SCIENZIATO AVVENTUROSO AUA MALINOWSKI CHE SPENDEVA GRAN PARTE DELLA VITA IN ANGOLI SPERDUTI DEL PIANETA. TRA QUELLI CHE VENIVANO CHIAMATI «NATIVI» in una stampa, l'incontro di Stanley con Uvingstone: oggi l'antropologo culturale si deve occupare soprattutto di città, moda, immigrazione, consumi e malattie Robert Borofski, Antropologia culturale oggi Meltemi. pp.L6S.000 SAGGIO

Persone citate: Borofski, Fall, Geertz, George Marcus, Malinowski, Marvin Harris, Robert Borofski

Luoghi citati: Washington