Il monarchico tradito dal Re

Il monarchico tradito dal Re Il monarchico tradito dal Re Abbiate, senatore, già ministro con Nitti: un patto rotto dalla Marcia su Roma e dalla guerra folle SE mai qualcuno s�deciderà a comporre un grande affre�sco della classe dirigente che ha rotto l'Italia nel corso del Novecento, o a redìgere un reper�torio biografico dove ilssare i tratti e le personalità di coloro che pur ormai dimcnlicat�hanno lasciato traccia nella vita pubbli�ca dol Paese, è probabile cho obbedìfinlc all'ordine alfabetico aprirà la propria rassegna con "vi.11 io Abbiale. Quando noi 1943, ormai sotlaniimenrio o esiliato in patria dal retdme, il Corriere della Sera gli chiedo di compilare la «scheda biogrofica» alla quale la redazio�ne allìngorebbo por il coccodrillo in caso d'improvvisi commiati, Mario Abbiale sonatore dol Re�gno e già ministro con Nini scrivo, con calligrafia ancora sicu ra, la propria professione di fede: «Devoto per antica u rinnovata convinzione ai principi della de�mocrazia con i quali osorcìla�i mandali popolari o raggiunsi lo più alU; cariche dello Stalo, sono ormai da ventanni fuori dalla politica militante». E con lo siile pacalo ma corag�gioso con cui si e sempre opposto, ancho nell'aula del Senato, all'imporsi del fascismo aggiunge, incu�rante dello reazioni dio potrobboro suscilaro le suo affermazioni: «Nulla si potrebbe diro d�me so non questo: che ho profossato correttamente la mìa fedo politica o non l'ho ripudiata né barattata mai». Sono gli stessi toni con cui il 26 giugno 1924. davanti alla richiosta d�fiducia avanzata da Mussoli�ni in conseguenza della crisi cau�sala dal doluto Mattootti, Abbiate respinge la tosi avanzala dentro il gruppo liberalo da Bonedollo Croce d�toncodore al governo un'apertura condizionata. «Abbiamo discusso nel nostro gruppo la posizione da assumurs�di fronte alle dichiarazioni d�Mussolini r spinga il filosofo napo�letano a Giorgio Luvi della Vida incaricato da Salvaiorollì, di con�durre per la Stampa un sondaggio sugli umori dell'opposizione libe�rale e abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma, intendiamoci, fiducia condizionala. Nell'ordine del giomo che abbiamo redatto è dello esplicitamente che il Senato ai aspella che il governo restauri la legalità e la giustizia, come del resto Mussolini ha promesso nel suo discorso. A quosto modo noi lo toniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non tiene fede alla parola data. Vedete: il fascismo è stato un bene, adesso è diventalo un male e bisogna che se ne vada via. Ma deve andarse�ne senza scosse, nel momento opportuno, e questo momonlo po�tremo sceglierlo noi...». Su questa scelta, ben ricostrui�ta da Della Vida nel suo libro d�momoric «Fantasmi ritrovati», e più in generalo sul suo atteggia�mento verso il fascismo, Croce s�soffermerà negli ultimi anni dnlla sua vita con ben altri toni, finalmonte autocritici: «Non mi veni�va lontanamente nel pensiero che l'Italia potesse farsi toglierò dalle mani la tìbortà, che le era costata tanti sforzi e tanto sangue. Ma rinverosimìlo accadde...». Abbialo con pochi altri senato�ri e con esponenti dell'antifasci�smo ò invoce pronto e lucido noll'inquadraru il pericolo che il Paese sta corronno e, nel suo intorvonto in Senato del 26 giu�gno 1924, esprimo la nella ripulsa verso la fiducia a Mussolini. Una posizione che viene condivisa al momento del voto, il giomo dopo, solo da 21 senatori su 255. C'è nella parabola delineata da Abbiate una ìntima coerenza che, davanti ai mutamenti, sa tenere dignitosamenle la propria rotta e non cambiare vessillo e colore davanti all'alterno svolgersi delle vicende politiche. In un certo senso ripete un copione famigliare visto che an�che suo padre, appena diciasset�tenne, riesce a partecipare all'im�presa dei Mille passando diretta�mente dal seminario vescovile di Vercelli ai campi di battaglia sici�liani senza cambiare casacca. Poiché, per un'antica tradizione, i chierici di quel seminario portano la tonaca color cremisi, Giuseppe Abbiate combalte a Calatanmi con quella che molti credono esse�re una camicia rossa e che, Inve�ce, è semplicemente la divisa dell'istituto ecclesiastico da cui proviene. Un'eccentricità che in quella combriccola di volontari non stupisce nessuno visto che Giuseppe Sirtori, capo d�stato maggiore garibaldino, combatte in cilindro e abito nero da cerimo�nia. Con l'imporsi del regime Mario Abbiale si ritira a Buscale, nel Vercellese, vivendo nella villa ot�tocentesca che sta al centro della tenuta da 3500 pertiche che da sempre è stata la sua principale passione. Non a caso quando nel 1920 è ministro chiede alla moglie Rosa di informarlo quotidiana�mente sull'andamento dei bachi da seta e, allorché gli viene scritto che sono andati a male commenta sconsolato, «ecco, ottantamila li�re perdute». In mezzo alle sue risaie, tra allevamenti, bonifiche, concima�zioni Abbiate trascorre tutto il ventennio del regime, pronto, quando rivive la democrazia, a tornare in campo. E stupisce non pochi che conoscono il suo attac�camento alla monarchia quando, in occasione del referendum isti�tuzionale del giugno 1946, parla ai suoi elettori vercellesi in favore della repubblica. C'è, ancora una volta, della coerenza nel suo agi�re: il patto stretto tra il re e il Paese si è, ai suoi occhi, rotto al momento della Marcia su Roma. Lo ha detto in Senato nel 1923 e lo ripete, con immutata franchezza, nel 1946 davanti all'Assemblea Costituente. Parla del Re: «Basta�va che pronunciasse un no, un semplice monosillabo negativo, anche se doveva costargli l'abdica�zione. «Bastava un no contro la lacera�zione della Costituzione giurata, un no contro l'alleanza dal popolo non voluta, un no contro la guerra folle, perché l'Italia fosse salva. E non lo disse... Onde la responsabi�lità del re si confonde con quella della dinastia poiché la storia come rimerita il monarca della virtù cos�lo fa responsabile delle colpe del regime che in lui si accentra e s�impersona". Parole pacale, ancora oggi at�tuali, di un vecchio saggio ormai avviato al tramonto e che tuttavia farà tempo ad assumere altri pre�stigiosi incarichi (presidenza del�la Montecatini e poi delle Genera�li) prima di accomiatarsi, nel 1954, da un' Italia che lo ha presto scordato. DA tEGGERE Merlo Abbiate nel suo tempo e contro II suo tempo. Discorsi di mezzo secolo A cura di G.M, Baldi Editrice ia Sesia, Vercelli 1958 Giorgio Levi della Vida Fantasmi ritrovati. Neri Porrà Editore. Vicenza 1966 Il senatore Mario Abbiate, originarlo di Buscate: fu ministro nel 1920

Luoghi citati: Buscate, Italia, Montecatini, Roma, Vercelli, Vicenza