GERUSALEMME

GERUSALEMME tanima doppia di una città che appartiene ai mondo, dove Dio forgiò l'uomo e gli comandò di tornare GERUSALEMME mbalbcolwibbino dMm ddpkmto wonthal N po' come lo sguardo ubiquo della Gioconda, la cupola d'oro di Gerusafcmutie insegue l'occhio da ogni aogoio della città: non è propna(' rasiitf una moschea, il luogo isla�mico della preghiera collettiva, un santuario che entro i colori sgargianti cela uno ' ine di roccia opaca dalla tè piiraitiva. Secondo la traime dei figli di Maometto, da Qutjilo rugoso trampolino ormai levigato da secoli e mani devote il Proleta spiccò il volo verso il ófelc, con uno slancio molto simi�le e quello d�Elia, asceso in cielo adi pressi di Gerìco, accanto al Giordano. Per gli ebrei ortodossi tutta la Spianata è luogo proibito, citi non è dato di salire s�da non rischiare di trovarsi per sbagho ìmt! pùnto in cui sorgeva la stanza più «tìci u e inaccessibile del Tem�pio, là dove dimorava costante la vrofenza Divina, il cosidetto Sanetti Sanrtonun. Anche per i figli d'Israele la roccia nella cupola è ben piii di ima sporgenza minera�le: qui Giacobbe s'appisolò la notte del fatidico sogno in cui òseiu e terra si congiunsero su una qui Abramo non esitò a care il figlioletto Isacco peri'rio gliel'aveva ordinato. Di /flccundo la tradizione obraiia creazione del mondo si come una docile matassa le moni di Dio. In un punto ipttelsaio nel sottosuolo dofVKabbe ancora trovarsi quolla ^pietra di fondamento» da cui è partito e su cui tutto il o si reggo, sorta di nucleo 'universo, atomo dalla massa riiinimu ma dalla densità infinita. jPupilla e ombelico del mondo, ciuÀmano gli ebrei Gerusalemme, l'unico luogo cui la Bibbia si rivolge con «tu», quasi che la città fosse una persona, una coscienza, uu cuore che pulsa davvero. Ma i caso Gerusalemme, Veruim, è un nome duale: né ^ lare né plurale. Proprio coìb~i1 cielo, impalpabile essenza 1jft bilico fra l'astratto e il concroGerusalemme è un'esistenza ipia. uno stare ambiguo magiente sospeso fra il tempo e Io io. un luogo che nella memoesprime con codici e redolo 1 vaùi suoi. Gerusalemme è la città dove il vento una brezza perenIM e mai stanca pare un'Ohisiogg «ittica, e dove l'orizzonte .g^llo verso i monti viola di f Wtotìb, oltre il torpido Mar Morto .ssixpira. Gerusalenune ò il cen) dui mondo ma anche il luogo taurino per eccellenza: a poco in linea d'aria dalla cupod'oro e i suoi riflessi, sullo del monte Scopus. non dal campus unìversita; un sentiero di sassi separa il dal suo opposto. I boschi pan s'interrompono bruscacedendo il passo a una M steppa sbiadita costellata d�ten�de nere e di capre al pascolo. Giù in fondo, se la giornata è nitida, s'intravedono l'oleoso Mar Morto e la cappa d'aria pesante ma benefica che lo sovrasta. La sensa�zione inevitabile, feroce come ima fitta al cuore, è che tutti giungiamo di li, da quella terra con cui Dìo foggiò l'uomo e cui fili ingiunse di tornare. «Polvere sei e in polvere tornerai», dice il Signo�re ad Adamo a mo' chissà se d�minaccia o rassicurazione. Gerusalemme è il centro del mondò ma anche il suo margine estremo in cui vita e deserto si sfiorano, si contagiano a vicenda di storia. Entro l'abitato più fitto, ormai scarsamente distinguibile irai grappoli di case e torri, si trova invece il monte di Sion. Timida altura fra le quasi innumerevoli d�una città tutta abbarbicata su apici piatti, il monte di Sion ha dato il nome al movimento risorgimentale ebraico, memore di un'antica no�stalgìa conosciuta dagli ebrei du�rante il loro primo e breve esilio in Babilonia, quando essi appesero le loro cetre ai salici lungo 1 Eufrate, affidando al fiume e al vento un'ele�gia di lontananza. Sion e Gerusa�lemme sono il luogo di un ritorno vagheggiato per secoli e millenni con una tenacia insondabile. Quanti poeti e mercanti, vedo�ve e filosofi ebrei si sono persi lungo la strada che portava dulia Diaspora a Gerusalemme, spesso ansiosi soltanto d�venire a mori�re qui e magari trovare un angolo di tomba nel cimitero al Monte defili Ulivi. Cimitero ambito quan�to mai altro, esso è luogo di un riposo lungo si. ma provvisorio: stando alla tradizione tpiesti mor�ti saranno �primi a risorgere, a udire le trombe giubilanti del Messia e varcare la soglia delle antiche mura d�Gerusalommc, quando verrà la fine dei tempi. Bisogna sur pronti, come narra questo sapido e forst neanche immaginario scambio d�battute fra due sarti di un villaggio ebrai�co: «Solo il messia potrà venire a salvarci!», sospira Bei eie. «Ma come, diciamocelo francamen�te?! », replica Leon. «Scusa, ma non sta forse scritto che il Messia porterà con sé la resurrezione dei morti?» «Questo si, e allora?» «Al�lora allora... Avranno pure biso�gno di vestiti, i morti risorti, si o no?!». «Certo, ma non dimentica�re che resusciteranno anche un sacco di sarti..», replica scettico Leon. «Non lo escludo. Ma non avranno la minima idea d�cosa si porta oggigiorno in Polonia...». Neil attesa, il popolo d'Israele s'abbarbica al Muro del Pianto, che in ebraico è detto «muro occidentale* o più sempUcemenla «il muro»: una barriera abba�gliante che finisce dove il cielo è già alto e lo sguardo quasi fatica a giungere. Qualcuno ha detto che solo una tirpe svitata come quella d'Israele ha potuto scegliersi un muro come il luogo più vicino a Dio. Ma forse il Muro dove non si piange affatto, anzi si viene per celebrare i momenti più gioiosi della vita, dove capita di trovare rabbini che ballano e giovani mamme che sorridono verso le carrozzine sta li proprio a dire della inafTerrabile molteplicità di Gerusalemme. Centro, confine, destinazione, la città è da sempre per gli ebrei anche un luogo di incontro, di riconoscimento della molteplicità: quante discussioni talmudiche si svolgono qui fra ferrati rabbini e scettici ufficiali romani, quanti pellegrini cristia�ni s'incontrano negli itinerari di viaggio dei mercanti ebrei nel Medioevo, quanti mormorii d�case di studio islamiche echeggia no fra le narrazioni in ebraico. Nel XII secolo Beniamino da Tudola il Marco Polo degli ebrei descrive prosaicamente una Genisalemme infestala dalle malat�tie. Qualche generazione dopo. Qvadyah da Bertinoro non usa mezzi termini: «Gerusalemme è tutta in rovina». A metà (lell'Ollocento arriva a Gerusalemme una intrepida maestrina di Trieste; «Non vorrei dimorare fuor di Terra santa, neppure in città oiksai popolata da israeliti; giacché tutti coloro die vivono fuor di Terra santa, sono come Atei... Il viaggiatore che giungo da Giaffa, scorge la Città santa, circa un'ora e mezza prima di giungervi. Alte mura di pietra viva, merlate, con torri quadri fortissimi;, si offrono allo sguardo» (Flora RandeggorFriedenberg. Da Trieste a Gerusa�lemme, Terziaria. Milano 2000). La stessa determinazione rac�conta più o meno fra le righe della sua autobiografia Eliezer ben Yehudah, salito a Gerusalemme dalla nativa Lituania armato sol�tanto della propria follia e di un sogno: quello di ridare vita quoti�diana all'ebraico, la lingua santa della Bibbia e della sinagoga. Co�me sposso capilo ai sogni scortati da un autentico seme di follia, anche (juello di ben Yehudah s'è avverato, merito certo della pie�tra ciliare di Gerusalemme, capa�ce di assorbire voci e profumi e di restituirli all'aria dopo centinaia d�anni, un po' come fu il basalto con la calura estiva che la sera, quando è buio, trasuda. «Mi s'in�colli lo lingua al palato, si ti dimentico Gerusalemme», dico il Salmista usando la consueta con�fidenza con cui allora ci si rivolge�va alla città, forti di un'intimità che il tempo ha dissolto. La dita aspetta, sa bene die dimenticarla è impossìbile. La sera, poco prima di un tramonto che qui non è mai cosa scontata, la luce succhia via la storia da Gerusalemme e la lascia sola con la sua indescrivibile bellezza, con colori che non sono di questo mondo. Il silenzio che per una infinitesima frazione di tempo scocca in quell'indescrivibile mo�mento ò come un bisbiglio die la città rivolge al mondo: con me bisogna avere pazienza. Di qui Maometto spiccò conslancio il volo verso il cielo tome il profeta Elia. È l'unico luogo cui la Bibbia dà del «tu», quasi e una coscienza o una persona amica. Impossibile dimenticarla Gerusalemme vista dall'antico cimitero s&tìico. sul Monte degli Ulivi da cui la citt�vecchia appare dietro le mura. Al centro la cupola d'oro che, «come lo sguardo della Gioconda, insegue l'occhio da ogni angolo della città: un santuario che entro i suoi colori sgargianti cela uno spunzone di roccia opaca...» Gerusalemme è città simbo�lo di fede in un unico Dio, comune u tutta l'umanità, «poiché da Sion uscirà la fcggc...». Abraham Yehnshua QUARTIERE MUSULMANO

Persone citate: Abraham Yehnshua, Flora Randeggor- Friedenberg, Giacobbe, Ulivi