Clinton e Arafat: non lasciamo solo Barak

Clinton e Arafat: non lasciamo solo Barak Clinton e Arafat: non lasciamo solo Barak Levy vuole dimettersi, luned�il premier rischia di cadere AldoBaquis TEL AVIV Nel tentativo di aiutare il premier israeliano Ehud Barak a superare le diiftcoltà politiche inteme create�gli dal vertice di Camp David, il presidente Bill Clinton ha concesso ieri una insolita intervista alla tele�visione di stato israeliana in cui ha confermato che cercherà di impedi�re la proclamazione unilaterale di uno stato palestinese. «Sarebbe un grave errore se ciò avvenisse» ha detto il presidente degli Stati Uniti al telegiornale più seguito dagli israeliani, quello del venerd�sera «Dovremmo allora riconsiderare la nostra posizione». Anche il presidente palestinese Yasser Arafat ha cercato di dare un aiuto indiretto a Barak con una intervista alla televisione egiziana in cui ha sostenuto che una porzio�ne importante degli israeliani vuo�le la pace e deve essere aiutata a scegliere quella direzione. L'intervista di Clinton sollecita�ta da Barak è giunta tre giorni prima di un drammatico voto di sfiducia al governo che potrebbe concludersi a sfavore del premier se il ministro degli esteri David Levy si schiererà (come qualcuno ipotizza) dalla parte del Likud. Nei giorni scorsi la destra israeliana ha accusato Barak di aver monopoliz�zato in maniera senza precedenti la radio di stato per i propri fini politici: l'intervista di Clinton ri�schia dunque di aver in quegli ambienti l'effetto opposto a quello desiderato. Clinton ha colto l'occasione per confermare la volontà degli Stati Uniti di rafforzare anche in futuro le relazioni militari e strategiche con Israele. Con un occhio alla campagna elellorale di Hillary Rodham Clinton, ha aggiunto di aver «sempre voluto» trasferire l'amba�sciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme e di essere tuttora pronto a riesaminare la questione. Secondo la stampa israeliana, se il vertice di Camp David si fosse concluso in maniera positiva, Clin�ton avrebbe deposto già ora la prima pietra della nuova ambascia�la a Gerusalemme. Il presidente statunitense ha ribadilo che qualora Israele e i palestinesi raggiungano un accor�do definitivo (cosa che ritiene possi�bile entro la fine dell'anno) cerche�rà di far approvare dal Senato un generoso pacchetto di aiuti. Ha poi sottohneato che profughi ci sono anche fra gli israeliani, e non solo fra i palestinesi: si tratta di centina�ia di migliaia di ebrei sefardiii, costretti negli Anni Cinquanta a lasciare nei paesi arabi di origine i loro beni. «Anche a costoro spella�no risarcimenti», ha rilevalo l'accaitivante presidente degli Stati Uniti, In un'intervista di quasi mezz'ora, Clinton ha confermato che un nuovo vertice potrebbe avere luogo il mese venturo, e cosi pure una sua nuova missione in Medio Oriente. Perché ciò avvenga, occorre che in queste settimane Barak superi le difficoltà politiche interne e che Arafat riesca a rastrellare il soste�gno del mondo arabo: in particolar modo dell'Egiuo e dell'Arabia Sau�dita. Già ieri un quotidiano palesti�nese si è domandato, perplesso e preoccupalo, per quale ragione Ara fai sia rimasto finora da solo a combattere la battaglia del mondo arabo per Gerusalemme. Oggi Arafat sarà in Francia da Jacques Chirac per valutare gli umori dell'Unione europea di fron�te alla prospettiva di una proclama�zione unilaterale dello slato iialesùnese; la Germania e la Gran Breta�gna a quanto pare si oppongono. Il presidente palestinese ha anche cercalo di organizzare una puntata a Damasco per coordinare le posi�zioni con Bashar Assad: ma la reazione dol neo-presidente siria�no, affermano fonti palestinesi, è stata mollo tiepida. Barak, da parte sua, ieri ha ostentato fiducia, Eventuali accor�di di pace con i palestinesi sarebbe�ro approvati è la sua sensazione da una vasta maggioranza di israe�liani. Malgrado la posizione politi�ca di Barak appaia compromessa in parlamento, in caso di nuove elezio�ni il 43 per cento degli israeliani tornerebbero a votarlo: l'ex leader del Likud Benyamin Netanyahu ha ricevuto solo il 38 per cento dei consensi nell'ultimo sondaggio di opinione. Le rivelazioni giornalistiche sul�la spartizione funzionale di Gerusa�lemme, sulle bandiere palestinesi nella Spianata delle Moschee, sall'ufficio di Arafat nella Citta Vec�chia di Gerusalemme, sul ritiro dal 90 per cento della Cisgiordania e sullo smantellamento di decine di colonie non hanno provocalo il temuto terremoto nell'opinione pubblica israeliana. «Adesso non ci resta che sperare che i palestinesi diano prova di elasticità», ha con�cluso Barak, 11 presidente Usa in tv «Se i palestinesi barano sono pronto a spostare l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme»