La morte in diretta, ultima beffa per D'Alema

La morte in diretta, ultima beffa per D'Alema LA VISITA DELL'EX PREMIER FRA LA RABBIA E LE ACCUSE DI GIORNALISTI E POLIGRAFICI La morte in diretta, ultima beffa per D'Alema «Si chiude», i liquidatori interrompono, l'assemblea retroscena N Pierluigi Eattlsta ATURALMENTE è l'esa�sperazione, è la rabbia, è la cocente disillusione a detta�re l'amara sentenza di un redatto�re dell't/nità: «D'Alema ha coro�nato il sogno della sua vita: assi�stere in dirotta alla morte di un giornale». Ovviamente è un gru�mo di risentimenti irrisolti, è una spia di rapporti inesorabilmente deteriorati, è il sintomo di un'ap�partenenza incrinata, è il segno di uni tensione sorda e rancorosa il silenzio gelido che alle 15 e 10 in punto accompagna l'ingrosso dell'ex segretario del partito, del�l'ex presidente del Consiglio, del�l'ex direttore delTUnitó, insom�ma di Massimo D'Alema nello stordimento doloroso di una reda�zione che vive le sue ultime ore di vita. Di un giornale che chiude. Di una bandiera che si ammaina. Di giornalisti che hanno lavorato negli ultimi due mesi senza sti�pendio, con le carte di credito bloccate, senza nemmeno i quoti�diani in mazzetta, tra i boaxos di acquirenti che non si materializ�zano, con un partito che si è arreso alle spietate leggi della contabilità e un ex leader che non si faceva mai vivo. E che si è fallo vivo fuori tempo massimo. O meglio: giusto in tempo per assi�stere agli ultimi rantoli di un r)tidiano, il giornale «fondato Antonio Gramsci», che chiude i battenti. Mestamente. Rabbiosa�mente. E' una questione di tempi, di ore, di minuti. Fosse arrivato in mattinata, come pure aveva an�nunciato e come non ha potuto per sopraggiunti imperni parla�mentari, D Alema avrebbe si af�frontato un clima rovente da fossa dei leoni, ma si sarebbe risparmiato l'occhiata terrea, il viso contratto nella malinconia impotente del direttore Giuseppe Caldarola che ha interrotto l as�semblea di redazione per comuni�care la decisione impietosa del liquidatore Uckmar: pollice ver�so. Tutto in una manciata di minuti, appunto. Dopo le 15 D'Alema entra nella sede dell'Uni tà, senza un saluto, senza un buongiorno o un cenno mininin d'intesa. Resta per 50 minuti nella stanza del direttore con Caldarola e il comitato di redazione. Poco dopo le 16 comincia l'assemblea. Che poi cesserà pre�sto di essere un assemblea per acquisire i traili di un processo a porte aperto, o se si preferisce di uno psicodramma. D Alema scan�disce il suo discorso per un quar�to d'ora, 11 primo intervonlo, di Maddalena Tulanti, comincia con un «Massimo sbaglia quasi su tatto». Il secondo, di Enrico Fiorro, si conclude imprecando alla «mazzata finale» che ha assestato il coli» mortale a una testata slorica del panor.'-ma (giornalisti�co italiano. Per il terzo intervento non c'è piti tempo, perché Calda�rola annuncia di dover convocare d'urgenza il cdr e comunicare il verdetto dei liquidatori. La situa�zione è precipitata, lo intuiscono tutti. In intuisce D'Alema che chiede al direttore il permesso ili seguirlo nella sua stanza. Il dram�ma si consuma in pochi attimi. L'assemblea si sciog ie. Le impre�cazioni muoiono in gola. L'Unita sospende le pubblicazioni. Si de�ve metter giù l'ultimo numero del giornale, 1 unico concesso da Uck�mar. Non è più ora di recrimina�re. Se c'è qualcosa su cui D'Alema avrebbe potuto recriminare è la fatalità ai un destino beffardo che lo ha portato n visitare \'l)ni tà proprio mentre ne veniva di�chiarala la fine. Era venuto non per portare la solidarietà della Fondazione «ItalianiEuropei» ma per annunciare che la Fondazio�ne da lui presieduta si sarebbe impegnala, sempre che la virtua�le cordata di imprenditori soccor�ritori lo avesse consentito, a en�trare nel capitale sociale della testata portando in dolo gli inlclleltuali della sinistra che della Fondazione sono membri. Ma in molti hanno percepito in quest'ul�tima nutazione il sentore di una gaffe, come se per mantenere i contatti con la cultura delia sini�stra occorresse il filtro e il beneslare della Fondazione dalemiana. Non bastavano le polemiche sulla Fondazione che fa fumi raisiru) parallelo rispetto al parti�lo, che balte cassa alle cooperati�ve menlte le casse del giornale si svuotano? D'Alema, che pure ave�va comincialo la sua perorazione con la delicatezza di toni che si deve in presenza di un grave malato in famiglia, ha quasi un molo di slizza. Il suo tono si fa sferzante, professorale, sarcasti�camente contundente, come so�vente gli accade: «Sono rimasto abbastanza col lito da ricostruzio�ni demagogiche e abbastanza sciocche che mi è capitalo di leggere in questi giorni. Di quanti hanno voluto dare l'idea, insieme volgare e stupida, che il presiden�te aclla Fondazione Itahanieuropci stia cercando soldi per la Fondazione che presiede mentre rUm'fà versa in una situazione critica». Ma è un boomerang. La maggioranza dei giornalisti nunili in assemblea sembra condivide�re r«idea insieme stupida e volga�re» sdegnosamente confutata da D'Alema e quando il presidente della Fondazione pronuncia quel�le parole ottiene in platea un risulvi'o esattamente opposto a quello ricercalo. Valentino Parla�to, che ha portato all'Unùd la solidarietà tei manifesto, s'alza Inviperito dalla sua sedia pronun�ciando uno stentoreo, sebbene preventivamente edulcorato, «ma vai a quel paese». Qualche giornalista abbozza un cenno di complice intesa con Gian Antonio Stella, implicitamente indicato da D'Alema come il «colpevole» numero uno per aver raccolto sul Corriere della Sera i lamenti di molli colleglli dell'Unità colpiti da quella die hanno definito la «latitanza» di un loro ex direttore cosi autorevole. Ma anche cosi ferocemente ostilo a quei giornali�sti do lui affeltuosamente definiti «jeno dattilografe» die non morilann nulla più di una formale solidarietà. Poi, il dramma. Alfredo Reichlin, ex direttore anche lui e ora. ci tiene a sottolinearlo, vice-presi�dente della Fondazione Italionieunipci ha gli occhi lucidi di chi trattiene a stonto le lacrime. Un giornale chiude e lo caccia al colpevole appare improvvisamen�te come un attività atroce e insen�sata. D'Alema lascia la redazione. Domani è un altro giorno. Per l'Unitti, e per chi non crede ai miracoli, è 'uliimo. Mentre spiegava che i giornali avevano riportato male il suo pensiero espresso nell'incontro con le Coop Parlato si è alzato: «Ma vai a quel paese»