La lunga battaglia di Gerusalemme

La lunga battaglia di Gerusalemme La lunga battaglia di Gerusalemme La Città Santa nodo del negoziato tra offerte e rifiuti Franco Pintarelli NEW YORK C'è una proposta americana su Gerusalemme che Madeleinc Albright, il scgrotario di Stato america�no che «sostituisce» momentaneamente Bill Clinton al negoziato di Camp David, ha presentato a israeliani e palestinesi nella speranza di sbloccare il problema cne ìmpodisc» di andare avanti su tutti gli altri, per i quali invece l'accordo non sarebbe «troppo distante». Ufficialmente, all'inizio dei lavo�ri di ieri mattina, la Albright alava aspettando una «risposta formale» da parte dei due interlocutori e nessuno, naturalmente, sa se quella risposta è arrivata e in che termini. Ci sono però quelle «informali», fornite da fonti sparse fra Washington, Israele e la Palestina, secondo le quali la parte israeliana è molto contenta della proposta mentre quella palestinese non lo è per niente. Anzi, stando ad Hassan Abdcl-Rahman, il rappresentante a Washington dcll'Olp, la proposta americana non esisto neppure, «a meno che Khud Barak non voglia considerare la sua come una proposta americana». La proposta presentata dalla Albright, infatti, ricalca quella israeliana (autonomia amministrati�va palestinese nella parte Est d�Gerusalemme, che comunque resterebbe sotto la sovranità israeliana) con alcune «aggiunte», e il problema ieri era quello di vedere quanto quelle aggiunte fossero in grado di ottenere dai palestinesi una risposta diversa da quella ricevuta in precedenza: un secco no.Da quanto se ne sa, le aggiunte americane consistereb�bero nell'estensione di quella autonomia ammini�strativa ad alcuni villaggi fuori città. Ma il segnale più importante della giornata d�ieri è arrivato proprio da Israele con lo parole del Ministro della giustizia Yossi Beilin, che ha definito un «mito» l'unità d�Gerusalemme. «Quei villaggi in fondo non sono davvero nostri ha poi aggiunto l'autorevole rappresentante laburista del governo Barak a proposito della proposta Albrighte non ci dobbiamo impuntare su questo, pregiudicando il grande sogno della pace con i palestinesi, ormai vicina». Nella proposta americana la città vecchia resterebbe sotto intero controllo israeliano, ma ai palestinesi verrebbe garantito un «corridoio» (forse perfino sotterraneo) per raggiungere senza proble�mi la moschea di Al-Aqsa. Per diffìcile che sia da «digerire» in Israele, questa proposta resta evidente�mente molto lontana dall'obiettivo dei palestinesi, che è quello di fare della parte Est d�Gerusalemme la capitale del loro Stato, e questa è la ragione per cui il già citato Rahman l'ha praticamente ignorata. «Noi ha detto siamo pronti a riconoscere la piena sovranità israeliana sulla parte Ovest di Gerusa�lemme, se loro riconoscono la nostra sovranità sulla parte Est». Sembra senza uscita, ma forse c'è ima aggiunta ulteriore nella proposta americana, rispetto a quella israeliana, che potrebbe costituire «la» differenza decisiva: l'accordo, cioè, non sarebbe defìnìtìvo ma dichiaratamente temporaneo. In sostanza si tratterebbe d�una scappatoia che somiglia molto a quella che ha sempre consentito finora di fare passi avanti: quella d�rinviare il problema di Gerusalemme. Questa volta non pote�va essere un rinvio puro e semplice, per cui gli americani hanno pensato bene di condirlo con quello che �palestinesi potrebbero considerare un "primo passo" verso la sovranità su Gerusalemme. Naturalmente nessuno è davvero sicuro che la proposta presentata ieri dalla Albright sia proprio questa. A Camp David il silenzio stampa continua implacabile e le informazioni arrivano attraverso il complicato circuito di quelli che in Israele parlano al telefono con Barak e poi riferiscono «informal�mente», mettendoci qualcosa d�proprio; oppure dai palestinesi che stazionano a Washington e che sono m contatto con quelli impegnati a Camp David, le cui parole loro riferiscono, forse confondendole con i propri desideri. Se i termini della proposta americana risulteranno proprio questi, comunque, la risposta che la Albright ieri stava aspettando non riguardava soltanto i palestinesi ma anche gli israeliani. Se infatti per �primi l'accettazione sarebbe un «sacrificio» enorme le forse non sosteni�bile per Arafat), anche per gli israeliani l'idea di un accordo non definitivo, nel momento in cui nasce lo Stato palestinese, non è di facile accettazione, soprattutto tenendo conto del modo in cui Barali è arrivato a Camp David undici giorni fa, «inseguito» da una coalizione che si sfaldava. Il ministro della Giustizia israeliano annuncia alla radio di Tel Aviv «E'ora di rinunciare al mito dell'unità della Capitale» Intanto la Albright presenta un nuovo piano