A Camp David la pace appesa a un filo di Andrea Di Robilant

A Camp David la pace appesa a un filo A Camp David la pace appesa a un filo Arafat e Barak divisi sullo status di Gerusalemme Andrea di Robilant corrispondente da WASHINGTON Sono proseguiti fino all'alba a Camp Davidi colloqui di pace tra il presidente americano Bill Clin�ton, il primo ministro israeliano Ehud Barak e il presidente dell' Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat, ma nella notte le speranze di raggiungere un ac�cordo erano esihssime, in partico�lare sul nodo di Gerusalemme, Cos�il portavoce deUa Casa Bian�ca Joe Lockhart ha fotografato la situazione a poche ore dalla sca�denza dei colloqui. Clinton si è impegnato ad esplorare ogni pos�sibilità di accordo, facendo per tutto il giorno la spola tra Barak e Arafat e rinviando ancora una volta di qualche ora la sua par�tenza per il G8 di Okinawa, in Giappone. Indiscrezioni contraddittorie, scambi di accuse, drammatiche minacce di abbandono: l'intero repertorio dell'arte diplomatica è andato in scena a Camp David, creando confusione e incertezza attorno ai negoziati. Provato, gli occhi gonfi dalla stanchezza ma deciso a scongiurare un fallimen�to dei colloqui, il Presidente Clin�ton ha cominciato il nono giorno di negoziato con un ennesimo faccia a faccia con Yasser Arafat per tentare di rompere in extre�mis l'impasse sul nodo centrale: il futuro di Gerusalemme. Arafat insiste che Israele deve cedere la sovranità di Gerusalemme Est al futuro Stato palestinese. Gli isra�eliani insistono che Gerusa�lemme non può essere divisa, al massimo si può pensare a una gestione a sovranità limitata di alcuni quartieri di Gerusalemme Est per i palestinesi. Ancora ieri il divario pareva incolmabile. Tanto che da Geru�salemme fonti del govemo israe�liano hanno riferito che Barak si stava preparando a lasciare Camp David senza un accordo. Il premier israeliano ha effettiva�mente mandato una lettera di fuoco a Clinton: «Con mio grande dispiacere sono arrivato alla con�clusione che la parte palestinese non sta negoziando in buona fede, non è pronta a discutere in modo serio il modo per arrivare a una pace permanente tra di noi». Sulla presunta partenza anti�cipata di Barak il premier ha ordinato di preparare il suo ae�reo per le otto di sera locali, cioè quattro ore prima della scadenza dell'ultimatum si è discettato per tutta la giornata. Tanto che Lockhart è dovuto intervenire per sottolineare l'ovvio, e cioè che nonostante le'Yensioni e le diificoltà i tre leader erano anco�ra tutti a Camp David «e la discussione continua. Girano un sacco di voci che non riflettono per nulla quello che sta realmen�te accadendo. Nessuno ha infor�mato la Casa Bianca sulla parten�za di Barak. Abbiamo controllato con il suo portavoce». Il giorno prima era stato Ara�fat a far circolare la voce che sulla questione di Gerusalemme non c'era più speranza e che stava facendo le valige. Aveva anche telefonalo a Kofi Annan, segretario generale dell'Onu. per annunciargli il fallimento dei ne�goziali. Ma mentre cercavano Annan è arrivata la chiamata di Clinton che invitava Arafat ur�gentemente nella sua cabina a Camp David. Ieri Annan è co�munque sceso in campo per esor�tare pubblicamente Arafat e Ba�rak ad arrivare a un compromes�so. Ma sul reale andamento dei colloqui, non una parola. E ai cronisti non è rimasto che racco�gliere voci e ipotesi. L'esponente palestinese Jlanan Aghrawi ha dettò che non c'era alcuna reale jossibilità di accordo su Genisaemme e che la decisione di prolungare di un giorno i collo�qui era dovuta semplicemente al desiderio di Clinton di trovare ima via d'uscita onorevole. Gli ha fatto eco il segretario generale dell'Olp, Abu Mazen, che ha la�sciato Camp David ieri per parte�cipare al matrimonio di suo fi�glio: «Rimangono differenze su tutte le questioni e i divari sono mollo ampi». Il pessimismo degli israeliani non era da meno. Il vice ministro della Difesa Ephrain Sneh ha detto che l'unico motivo rimasto per sperare era dovuto solo al fatto «che Barak si trova ancora li». Ma lo speaker del parlamento israeliano, Avraham Burg, in con�tatto telefonico con Barak, è parso più possibilista: «Spero che le voci fatte circolare circa la sua partenza anticipata siano una mossa lattica, perché alla fine sia noi che i palestinesi siamo decisi ad anivare alla pace». Se non ci si arriverà in questa occasione, gli americani hanno comunque previsto un Piano B, una sorta di accordo ad interim che consolidi i progressi fin qui compiuti sui vari fronti della trattativa dal ritomo dei rifugia�ti palestinesi agli insediamenti israeliani fa» Cisgiordania. La Ca�sa Bianca teme che altrimenti tutto il lavoro fatto finora verreb�be disperso.in un macelli accuse erecrinunazioni. v"" -m» Il premier israeliano minaccia la partenza anticipata ma poi si tratta fino all'ultimo minuto Barak, Arafat e Clinton in un momento di pausa durante i colloqui di Camp David

Luoghi citati: Cisgiordania, Gerusalemme, Gerusalemme Est, Giappone, Israele, Washington