Gutenberg

Gutenberg Gutenberg Mio padre, quindici anni più vecchio di lei, era già stato sposato e aveva avuto una figlia BLAKE MORRISON NON potevo fare a meno d notare la condiscendenza di mio fiadre davanti a questi proclami di elevali rialali. Non che aprisse bocca. Non che si disturbasse ad avanzare le sue più solide prelose. Ma il sollevarsi de sopracciglio sinistro, il debole sor riso che gli attraversava le labbra, la simulata attenzione per qualche materia più urgente erano lutti segnali rivelalori. I suoi parenti i nostri veri parenti, cosi eravamo indotti a credere erano tutti ricchi patrizi: mercanti di sete, mediatori, giudici, commercianti col Paesi lontani, compagni dell'an�tica società della Zecca, con le caso nei quartieri migliori della città e proprietà in campagna (nello quali si ritiravano In estatol che forniva�no granoe vino. La nostra ricchez�za era paragonabile alla loro, ma la posiziona inolio inferiori.-, a causa di mia madre Mio padre, circa quindici anni jiiu vecchio di lei, si era già sposato m irecedenza, a aveva avuto una fig ia. la mia SDreltastra l'alzo. Come la bottega di pietra, anello qiii-l matrimonio non era un argo�mento di cui mia madre discutes�se, ma ci era chiaro che la prima moglie di nostro padre proveniva da una ricca famiglia o che quando mori la ricchezza di lei si aggiunse alla sua. Con questa situazionialle spalli-, icon 1 parenti ricchi al suo fianco, mio padre poteva permet�tersi le suo iirie di superiorità. Era lui la mota ironica, quasi indolente del matrimonio, mentre mia ma�dre correva avanti o indietro e si agitava Anche so erano ricchi iovevanodiversi servitori, lei riusci�va ugualmente a tormentarsi con angosce sempre nuove: il lotto perdevo, la cuoca rubava, il cami�no fumavo, c'erano di nuovo i topi in cantina, occorreva svuotare la secchia della rìgovomatura, noi bambini avevamo troppo parolac�ce in bocca ed eravamo pigri, ormai i sum polmoni oranosoiibcoti dallo polvere, litaceva malila lesta peri Intoccava a li-i far qua�drare il bilancio familiare, e Dio solo sapeva 'osa sarebbe stato d�lei. Mio padro tornava dal magazzi�no dei panni di lana o dalla Zecca aspettandosi una cena irnnqullla o unii brocca di Hlieingam-r, solo por ossero investilo da questo torrente di dolore Allora ascoltava con pazienza, e suggerivo rimedi, mo mia madre rifiutava ogni aiuto, in parto perché ritenevo che le faccen�de domestiche fossero il territorio esclusivo di una moglie, in parte porciliconvinta che il doloro fosse il suo destino Allora ero troppo piccolo por rendermene i omo, ma capisco adeSSO che lo lacrime o i crocci tradivano una desolazione più profonda connessa al suo Sta io. Poiché non si sentiva proprietà ria a pioni) titolo di ossa, pensava che la casa stesso cadendo a pezzi li poiché mio padre ora già stato Sposato le con una donna giovane, ricca, bolla e segnata da un tragico doslinol, credeva di finire al socon do |M)sti), a molla distanza, degli affetti di mio padre. Col passare dogli anni, sul viso di mio padre, quando compariva sulla porta tornando a casa, non si leggeva più l'allosa di una sorala pacifica; anzi, proso a tornare il più tardi possìbile, (lu|X) aver con�sumalo altrove la sua brocca di vino. Non avendo più nessuno a cui confidare lo suo preoccupazio�ni, mia madre era obbligata a piangere da sola. Mi ricordo una volta che mi imbattei in lei in una stanza del primo piano. "Oh, Hen�ne" singhiozzò, con la voce che si confondeva coi versi dello tortore Ile più propense o commisorare so slesso fra lo creature, di Diol che gemevano malinconiche sulla gron�daia, "Non puoi capire" disse slringondomi contro lo guance che sapovono di sale. Era vero. Non capivo. Ma immaginavo che tulio dipen�desse dalla faccenda della bottega. Lo suo lacrime mi scorrevano lun�go il collo come un ruscello. Povera Multi, La martire piangente della bottega in pietra di suo padre. Che anch'io avrei pagalo un prezzo per quell'attività ili fami�glia non me lo avevano spiegato né mio padro né mia madre. Porse ansavano che fossi troppo piccoo, e intendevano dirmelo in segui�lo. Ma proslo, grazie ai miei cugini, lo scoprii da solo. 9 m m i miei cugini s�chiamavano Frilo e Huloman, e ogni estate venivo mandato presso la loro casa di campagna, affinché per qualche settimana mia madre potesse ri�sparmiarsi di badare a me. Erano gemelli ed erano di un anno mag�giori di me, due esseri doppi dai capelli d'oro che facevo fatica a distinguere, almeno fino a quandi) l-'rilo non si foco più loquace e divenne il capo. Dato che c'era cosi poca diflerenzo di ola giocavamo assiemo. K giocavamo ai cavalieri. Como spaili.' e pugnali usavamo rami di (aggio, Por lo lance Strappa�vamo le canne dallo rivo del Heno. Como cavalli, avevamo lo gambo con cui galoppare, anche so qual�che volta, so riuscivamo a convin�cere un servo a prestarcene uno, montavamo un asino. Lo nostro crociate ci conducevano lontano, por unta la Cristianità o ancora oltre. Molli draghi giacevano san�guinanti nel frutteto. Molti covoni venivano scalali affinché una fan�ciulla Mitesse ossero salvala dalla tono ( i un castello, Erano e uesti i nostri trionfi nel corso del e lun�ghe giornale, li quando ci sdraiava�mo sul letto, Prilo e Huloman narravano storie per tutta la notte: la vittoria su un esercito di infedeli in Terrasanta, o la conquista del cuore di una donna in Francia. Quando oravamo bambini, parlaro di battaglie ora la cosa che ci appassionava di piti. Lance scintil�lanti, scudi colesti, brecce nello mura, spade bninilol II nostro desiderio più vivo era la crociata contro i maomettani, Più vicini u noi c'erano gli ebrei, che benché a Magonza fossero molto pochi, dai tempi del mio bisnonno Iquando ne erano stati bruciati un centina�io por il sospetto di aver diffuso la pesto}, si diceva che avvelenassero i pozzi, avessero la coda sotto i vestiti, bevessero il sangue dei neonati e commettessero altri pec�cati, come l'usura, contro i quali avremmo dovuto muovere guerra in nome di Dio. (Non avevo mai visto un ebreo, dato che vivevano chiusi nel loro quartiere, ma come ogni altro cristiano credevo a quan�to si diceva contro lo loro fedo, e più avanti, nel corso della vita, mi sono sempre attenuto al principio di non prendere denaro in prestito da loro, per paura di essere raggira to). Tali erano i nomici che sogna�vamo di calpestare con i nostri zoccoli. Ma, non appena cresciuto, i miei pensieri si volsero verso un altro genere di conquista. Su quale donna avrei trionfato da grande? Como si faceva a stringere d'asse�dio un cuore palpitante? Anche la monto di Pnlo e Ruleman era ingombra di questi misteri, ed erano loro a disegnare per me i iralti venerali dello ragazze che conoscevano labbra di ciliegia, soni colmi, cascale di riccioli ragazze che, dopo tante celebrazio�ni, non potevano che deludermi so in seguilo le incontravo. Una volta accalappiammo per i nostri giochi una ragazza di nomo Grotchen (accalappiare non è una vuota metafora, dato che le avevamo stretto le braccia con corde di canapa e l'avevamo legata a un albero, spiegandole che era una fanciulla del Reno ingiustamente accusata di stregoneria e che l'avremmo liberala un attimo pri�ma che fosso bruciala sul rogol. In seguito, ci rotolammo con lei sul�l'erba e a tumo ciascuno di noi provò a baciarla. Fu a me che oppose la resistenza più feroce, e dato che aveva i denti storti e il fiato che puzzava di cavolo la cosa non mi feri particolarmente. Però mi dispiacque quando, in seguito, Frilo e Ruleman risero di me. "Era perché pensava che fossi tropiM)giovane" disse Frilo. "E perché non sei uno di noi" aggiunse Ruleman. Frilo gli scagliò un'occhiata di rimprovero, e Ruleman dovette vergognarsi perché mi pose un braccio altomo alle spalle. Credo che i loro genitori i mici zii avessero ordinalo ai gemelli di trattarmi come so appartenessi alla loro famiglia. Ma in quel mo�mento Ruleman si era lasciato scappare che mentre i miei cugini potevano essere cavalieri che muo�vevano a battaglia, io appartenevo a una schiatta più umile. Insistei perché mi dicessero dove stava la differenza: non ero uno di loro? Essi anossirono e al principio non dissero nulla, ma poi saltò fuori la verità. Per avere potere a Magon�za, un uomo doveva essere uno della Mùnzerhausgenossenschaft., un compagno della Zecca. Lo era mio padre. Lo era il loro padre. Lo sarebbero slati Frilo e Ruleman. Ma per via della bottega di pietra dalla parte di mia madre, né io né mio fratello Friele avremmo potu�to essere ammessi alla società. Mai fame parte! Mai brillare là dove veniva battuta la moneta! Friele, in quanto primogenito, avrebbe almeno ereditalo il commercio di panni di nostro padre. Per me, la perdila era maggiore. "Non avere paura. Batteremo noi moneta per le"" disse Frilo. "Tutti i fiorini che vonai" disse Ruleman. "Quelli che occorrono per com�prare una Grelchen?" chiesi io. "'Grelchen puoi averla gratis" dissero scoppiando a ridere, e ci gettammo nel frutteto nella spe�ranza di prenderla. Finsi un'aria disinvolta, ma l'ombra di nonno Wemer si era distesa sopra di me, chiudendomi nelle tenebre e oscurando il mio sole. Molli anni dopo avrei conside�rato questa prigionia come una liberazione: se non ero adallo alla mia classe, me ne sarei trovala un'altra, o sarei vissuto ai-di fuori di ogni gruppo. Ma quell'estate mi sentii come se fossi stato colpito da una punizione o dall'esilio. Quan�do giocavamo ai cavalieri nel frut�teto, io mi tenevo sempre un po' in disparte. Pallido all'ombra degli alberi da frullo, osservavo i miei cugini dorarsi nella calura estiva. Erano ragazzi della Zecca, nati per ballere moneta e cavalcare veloci stallo�ni. Io ero l'erede di nonno Wemer, nato per essere escluso. Avevo la faccia di mio padre, lo dicevano lutti: una faccia pallida, sottile, studiosa. Ma non avevo le sue mani. Le mani dei Gonsfleisch sono grosse, con le dita piegate per rastrellare le monete. Le mie mani erano piccole, con lunghe dita dril�lo. Nessuno sapeva da dove mi fossero venute, dato che erano diverse da quelle di mia madre e di tutta la parentela. Mani da borsaio�lo, disse una volta un mio maestro. Altri sostenevano che avevo dita come candele, come aghi, come frecce, come lame di coltello. Ma la definizione che preferisco era quel�la di fratello Ernard (di cui parlerò più avantil: "Sono mani come le penne dei copisti: come se potesse�ro scrivere da sole". Più la gente parlava delle mie mani come di qualcosa fuori del comune, più le osservavo, e quan�do ero solo me le portavo all'altez�za della faccia, perché fossero loro a dinni cosa fare. Muovevo le dieci dita una per volta, e ognuno era una singo a lingua che si agitava, e poi le dimenavo tutte insieme, corno una cacofonia di voci che rumoreggiavano. Ognuna consi?;liava un diverso corso della vita aro questo, fare quello ma erano tutte d'accordo che, qualunque cosa facessi, erano proprio le mani la mia ricchezza maggiore. Usaci' gridavano. "Ti siamo state donate da Dio." Lo mani divennero per me ogget�to di studio, e la meditazione su di esse una forma di preghiera. Con�templavo i loro dorsi. Lune nuove spuntavano sulle unghie. Le vene formavano gonfie tracce blu sui polsi, quasi fossero stato scavate da una talpa. Oppure fissavo le lineo sui palmi, che scorrevano come fiumi fino a precipiure oltre i bordi del mondo conosciuto. Ero stato allevato nella convinzione che lavorare con le mani fosse qualcosa di inferiore allo mia digni�tà. "Lascia che sia un servo a farlo" diceva mio padre, se era necessa�rio costruire o riparare qualcosa. Ma sulla Bibbia avevo letto che è dolce il sonno dell'uomo che lavo�ra. E avevo imparato che nell'anti�ca Grecia e a Roma gli incisori erano ancora più apprezzati dei poeti. Volevo produrre cose con le mani. Traduzione di Massimo Birattari 13 continua) Quel matrimonio non era un argomento di cui mia madre discutesse, ma ci era chiaro che la prima moglie proveniva da una ricca famiglia e quando mori la sua ricchezza divenne la nostra ricchezza Da bambini, parlare di battaglie era la cosa che ci appassionava di più. Lance scintillanti, scudi celesti, brecce nelle mura, spade brunite! Il nostro desiderio più vivo era la crociata contro i maomettani. itempoLibero no d nza di questi alali. che si ue più si de e sor bbra, alche lutti nti i vamo tutti sete, cianti ll'an�e caso ittà e GutMio paanni pidi lei, esposatoavuto urfTtt^Ut5X.v i z V 7 \ I 1 Blake Morrison ha scritte tiLe confessioni di Gutenberg», affascinante biografia che Longanesi manderà in libreria in autunno. Per tutta l'estate ttL ne pubblicherà i capitoli salienti. Illustrazione per La Stampa di Dariush.

Persone citate: Blake Morrison, Diol, Gutenberg, Longanesi, Magon, Massimo Birattari, Quan, Wemer

Luoghi citati: Como, Francia, Grecia, Roma