La vera Moby Dick

La vera Moby DickLa vera Moby Dick GIANNI RIOTTA IL venti di novembre del 1820, nell'Oceano Pacifico, a quasi 2000 chilometri dalla terra più vicina, la nave baleniera Essex, comandata dal capitano George Pollard, è speronala, per duo volle, da un gigantesco capodoglio. Conosciamo i punto esatto dai libri di bordo, Lalit urline 40 mij'.lùi Sud e Longitudine 120' Ovest di Greenwich. Il comandante in seconda, Owen Chase, ricorda cosi l'impatto con l'immenso cetaceo; tVedendoc�arri�vare addosso la balena, ordinai al marinaio al limone di virare, per evitarla. Le parole erano appena uscite dalla mia bocca e il capodoglio ci picchiò addosso con la lesta, mandandoci tutti a faccia in giù... era come se ci fossimo infranti su uno scoglio sommerso, restammo senza fiato». La nave t ianneggiata. La balena, che sembra rifiatare «chocc.ua per la botta», passa ancora una volta sotto la cniglia. La dunna appronta le prime riparazioni, quan�do una voce si leva alta «Eccola là, ci attacca di nuovo». «Il capodoglio, come se digrignasse le mascelle infuriato, in una mare di schiuma bianca apena dal furioso colpire della coda ci urta... la nostra imbarcazione aveva una velocita di t re nodi, lui. curei, di sei. Ci colpisce, deliberatamente, come Iier affondarci». La Essex ha una falla fatale. Si capovolge, e sprofonda piena d'acqua. Per novanta giorni l'equi�paggio, imbarcato sulle piccole scialuppe usate per arpionare le balene, incrocia per l'Oceano, tenendo�si alla larga da Tahiti, che crede in mano ai cannibali. A bordo qualche libbra di galletta, poca acqua e una tartaruga marina. Presto i cannibal: " saranno i marinai, costretti a bere urina e mangiar�si ira di loro. Muoiono prima il perche resta ancora un mistero i marinai di colore. E vengono divorali. Poi, quando le gallette son finite e ,non ci sono morti naturali, si passa al sorteggio di chi deve venire giustiziato per finire in pasto ai compagni. Il desti no sceglie il marinaio Owen Collin. «che si rassegnò al suo fato in pace, prego e si rimise alla •V^w^olontà dei compagni». Segue lotteria per designare il boia. ' I,a .viga della Essex si conclude nel febbraio d«l 1821 (e non del 1820 oo"me. erro�neamente, registra l'edizione Penguin Classics delle memorie dei soprawissutil quando una nave americana, al comando del capitano Aaron Paddack, trae in salvo la scialuppa di Pollard, rimasto solo con un compagno, dopo che un fortunale ha separato le imbarcazioni. Un'altra viene recupera�ta da un due alberi inglese il 23 di febbraio (tra �superstiti Owen Chase) e tre uomini, abbandonati su un isolotto deserto sono infine raggiunti, dopo 102 giorni di solitudine. Dei venti marinai della Essex solo otto sopravvivono ai tre mesi di terrore Owen Chase pubblica un diario dell'Odissea già nel novembre del 1821, probabilmente con l'aiuto di un laureato di Harvard. Vent'anni dopo, U libro capita tra le mani di un avido lettore marinaio, tale Herman Melville, che lo copre di note manoscritte «Tutta la sofferenza dei disperati della Essex scrive il futuro autore di Moby Dick sarebbe stata evitata, se solo le scialuppe avessero subito ine ro�dato verso Tahiti, non troppo distante dal luogo del naufragio e a tiro di un vento assai propizio. 1 marinai ebbero invece paura dei cannibali non sapendo che da olire veni anni gli inglesi avevano missionari residenti a Tahiti... decisero cosi di far vela verso le coste civilizzate del Sud America Il giovane Melville è segnato dalla storia del capodoglio che si ribella agli umani tormentatori e, apparendo ai fiocinatori (infuriato e razionalei sperona la nave, E', riconoscono i critici, l'ispirazio�ne più diretta per Moby Dick, la Balena Bianca che speronerà il Pequod, nave simbolo del capitano Achab. Nel romanzo stella della letteratura amen cane si salva solo il buon marinaio Ismaele, narratore innocente come il suo predecessore Owen Chase. Onesta estate 2000, d'improvviso, la vecchia saga torna in libreria le attende adesso traduzione italiana) Lo studioso Nathanicl Philbrìck pubblica In the heart of the sea, Nel cuore del mare, (Viking), Harvest ristampa le memorie di Owen Chase 77ic wreck oj the wnaleship Essex (La rovina della navi-baleniera Essex), mentre Penguin Classics, con la cura dello stesso Philbrìck, aggiun�ge alle pagine di Owen quelle di un mozzo, Thomas Nickerson. che il naufragio rende devoto alla Bibbia e a Cristo, Perche la sciagura dell'Essex non finisce di ammaliarci? Solo perche ha ispirato Melville? No perché parla proprio di noi, esseri umani dell'estate 2000. Non siamo forse anche noi, come i marinai della Essex, persuasi che i cannibali siano su tutte le isole che. ci circondano. Isola Emigranti. Isola Internet, Arcipelago Nuove Culture, Capo delle Identità Perdute? E invece i veri cannibali siamo noi. Abbiamo i! terrore di essere circondati dalla violenza e ci assoggettiamo alla violenza che e dentro di noi. Ouel che avvince nella lettura delle pagine diarisiiche di Chase e Nickerson è il fatalismo di quei baldi balenieri, convinti che Dio regga il loro destino, cosi come aveva retto quello di Giona, ingoiato dall'immane balena Non c'è traccia di risentimento per il destino orrendo del naufragio. Né i soccorritori accuseranno i marinai della Essex per avere ucciso degli innocenti per nutrirsene. 1-. il tono che ritroverete in tutti i diari della Guerra Civile americana, quaranta anni pai tarda Rasse�gnazione alla forza del volere divino come scandi ta nell'Antico Testamento, Dioche porta i marinai per il mare inquieto0 li rende signori del cicalo sia esso rappresentato dal capodoglio da cacciare con le testuggini manne, sia esso (Hiveri neri do sacrificare quando necessario Eppure Dio e il creato possono rivoltarsi contro l'orgoglio dell'uomo^iijileniere e sprofondarlo negli abissi, affondai' " ^ ne la nave con due colpi di --? cranio, ridurlo a w. " . ''-"■*' ^.^^ verme costretto a mangiare i suoi orgogliosi simili. il capitano Pollard. salvato, tornerà a far naufra gio. ancora una volta, finche non decide di tornare a Nantucket. la patria dei balenieri e là diventa macellaio Pine dellaparabola " capuano che andò |x'i mare e che fini afiondaio dal capodoglio, i cui uomini si fecero cannibali per paura dei cannibali, vende polpette e braciole alle famiglie dei balenieri i lu cao ìano i cetacei per illuminare, con il grasso, lo sale dell'Ottocento americano. Ha nnarrito la sua identita. il suo onore, la sua fede. Perche la su,! vi. enda ci Jammalia cosi t auto, questa (statedel 2000? * gianrii.noffH'i Uìstuiìipti il La saga della nave Essex che ispirò Melville: nel 1820 fu speronata da un capodoglio, naufraghi si mangiarono tra di loro. Una storia che parla di noi yIllustratone di J. Olivier Héron dal volume di YvesCohat «Le balene, giganti del mare», Electa Gallimard 1992 La saga della nave Essex che ispirò Melville: nel 1820 fu speronata da un capodoglio, naufraghi si mangiarono tra di loro. Una storia che parla di noi GIANNI RIOTTA IL venti di novembre del 1820, nell'Oceano Pacifico, a quasi 2000 chilometri dalla terra più vicina, la nave baleniera Essex, comandata dal capitano George Pollard, è speronala, per duo volle, da un gigantesco capodoglio. Conosciamo i punto esatto dai libri di bordo, Lalit urline 40 mij'.lùi Sud e Longitudine 120' Ovest di Greenwich. Il comandante in seconda, Owen Chase, ricorda cosi l'impatto con l'immenso cetaceo; tVedendoc�arri�vare addosso la balena, ordinai al marinaio al limone di virare, per evitarla. Le parole erano appena uscite dalla mia bocca e il capodoglio ci picchiò addosso con la lesta, mandandoci tutti a faccia in giù... era come se ci fossimo infranti su uno scoglio sommerso, restammo senza fiato». La nave t ianneggiata. La balena, che sembra rifiatare «chocc.ua per la botta», passa ancora una volta sotto la cniglia. La dunna appronta le prime riparazioni, quan�do una voce si leva alta «Eccola là, ci attacca di nuovo». «Il capodoglio, come se digrignasse le mascelle infuriato, in una mare di schiuma bianca apena dal furioso colpire della coda ci urta... la nostra imbarcazione aveva una velocita di t re nodi, lui. curei, di sei. Ci colpisce, deliberatamente, come Iier affondarci». La Essex ha una falla fatale. Si capovolge, e sprofonda piena d'acqua. Per novanta giorni l'equi�paggio, imbarcato sulle piccole scialuppe usate per arpionare le balene, incrocia per l'Oceano, tenendo�si alla larga da Tahiti, che crede in mano ai cannibali. A bordo qualche libbra di galletta, poca acqua e una tartaruga marina. Presto i cannibal: " saranno i marinai, costretti a bere urina e mangiar�si ira di loro. Muoiono prima il perche resta ancora un mistero i marinai di colore. E vengono divorali. Poi, quando le gallette son finite e ,non ci sono morti naturali, si passa al sorteggio di chi deve venire giustiziato per finire in pasto ai compagni. Il desti no sceglie il marinaio Owen Collin. «che si rassegnò al suo fato in pace, prego e si rimise alla •V^w^olontà dei compagni». Segue lotteria per designare il boia. ' I,a .viga della Essex siconclude nel febbraiod«l 1821 (e nondel 1820 oo-"me. erro�Illustratone di J. Olivier Héron dal volume di YvesCohat «Le balene, giganti del mare», Electa Gallimard 1992

Luoghi citati: Greenwich, Sud America, Tahiti