«Quella norma può svuotare anche il ruolo dei pentiti»

«Quella norma può svuotare anche il ruolo dei pentiti» LA PREOCCUPAZIONE DEL PROCURATORE VIGNA «Quella norma può svuotare anche il ruolo dei pentiti» intervista Vincenzo Tessendori UN grido di allarmo: il rito abbreviato, lamentano i magistrati palermitani, fini¬ rà per spuntare lo loro armi nella lotta alla mafia. Procuratore nazionale anti¬ mafia Piero Luigi Vigna ò proprio cosi? «Porsi!, por capirò il senso di questa cosa, è utile una breve cronistoria. Quando noir89 ò en¬ trato in vigore il codice di proce¬ dura penale, il giudizio abbrevia¬ to poteva essere fatto anche por i reati puniti con l'ergastolo e la pena perpetua vuniva sostituita da uno a 30 anni di reclusione. La Corti! Costituzionale noi '91 di¬ chiarò incostituzionale questa di¬ sciplina perché ritanuta in con¬ trasto con la legge delega che fissava i criteri dirottivi por la l'orimilaziono dui codice di proce¬ dura. Infatti veniva detto cho nel giudizio abbrevialo la ponu ora ridotta di un terzo: e, ovviamen¬ te, un ergastolo Irasformato in 30 anni non è una riduzione ma una modificazione della (inalila dolla pena e non della quantità». Va bene, il problema ò que¬ sto: ma lei come lo vede? «Così: occorre stabilire si! i delitti dì mafia, intendo gli omicidi di mafia, jier esempio, o quelli di terrorismo, presentino specificità tali da poter escludere con una legge il ricorso al giudizio abbreviato». Ed esistono quelle specificità? «Ovviamente, questa è una valu¬ tazione che spetta al Parlamen¬ to. Se poi uno può esprimere un giudizio personale... ». Sarebbe? «Beh!, la specificità esisto. Però, ripeto, tocca al Parlamento qual¬ siasi decisione». Ma la temuta applicazione del rito abbreviato, a quanti uomini del disonore regale¬ rebbe la speranza di evitare la galera perpetua? «Numeri è meglio non fame, si rischia l'imprecisione. Ma per questo discorso, è da tener pre¬ sente un'altra norma, l'articolo 73 del codice penale: dice cho (piando ci sono più delitti, il che spesso avviene per i mafiosi, por ciascuno dei quali deve infligger¬ si una detenzione non inferiore ai 24 anni di carcere, si applica l'ergastolo». Secondo i firmatari del "cahier de doleances" di Pa¬ lermo, gli uomini del disono¬ re di Cosa nostra, anzi, "lo¬ ro", temono soltanto il car¬ cere perpetuo: allora, per¬ ché favorirne cosi la cancel¬ lazione? «Bisogna non dimonticaro una cosa: so uno viene condannato per più delitti, gravi naturalmen¬ te, alla fine prende l'ergastolo. In altre parole, se uno riceve una condanna per due omicidi a 30 anni più altri 30, il risultato dell'equazione è il carcere a vita. E questa è cosa che avviene spesso». Ma, insomma, il rito abbre¬ viato è una conquista di civiltà o una sconfitta? «E qui c'è una risposta duplice. Se si guarda all'articolo 27 della Costituzione cho sottolinea come il fine della pena sia la rieduca¬ zione e il reinserimento del sog¬ getto, allora il giudìzio è positi¬ vo: sì, è una conquista. Ma... ». Dubbi? «Il punto è che se si guarda all'effetto deterrente, di certo il mantenimento dell'ergastolo è positivo, per il mafioso o per il terrorista, in quanto lo isola, salvo offra collaborazione. Ma questi non sono nodi gordiani che si possono tagliare con la spada». Qual è il senso giuridico e quale quello politico di que¬ sto progetto? «Il legislatore tenta di costruire un giudizio dai tempi più brevi, come un modello ordinario di procedimento, evitando il più possibile il dibattimento. E que¬ sto nella speranza che i tempi di resa della giustizia si abbrevino». E funziona? «Attualmente è, diciamo, in fase sperimentale, poi bisognerà tirare le somme per vedere se le speranze si siano concretizzate». Sapere che prima o poi usci¬ ranno, non fa si che i mafio¬ si ostentino come tante me¬ daglie quelle loro condan¬ ne? «Per la verità il mafioso condan¬ nato e che esce, se è rimasto muto esibisce di sicuro la condan¬ na come un sigillo della sua onorabilità, chiamiamola così». Sapere di esser fuori dal quel terribile cono d'ombra che è l'ergastolo non finisce per svuotare anche di signi¬ ficato il ruolo dei "pentiti" o collaboranti? «Ma di sicuro, ci può essere una disincentivazione». E allora? «Il fatto è che io spero sempre che ì collaboranti siano mossi anche da altre motivazioni che non il semplice premio, anche se è inutile sottolineare come esso sia forte. Spero che si rendano conto di quali cambiamenti sia¬ no avvenuti nelle cose, di quanto non sia per loro producente tener¬ si vincolati a un'organizzazione che si reggeva sui miti». Per esempio? «L'impunità, o la segretezza, o la possibilità che le cose venissero comunque aggiustate». Anche i processi? «Questo io non lo dico. Le cose, in generale. Ecco, questi miti sono venuti meno e la cosa dovrebbe portarli a riflettere». Ma i magistrati di Palermo hanno tagliano corto con il loro documento: la norma dev'essere cambiata, dicono. «Si toma all'inizio: questo è un giudizio che spetta soltanto al Par¬ lamento. Il quale, del resto, ha tutti i poteri per farlo». Appunto. «La cancellazione dell'ergastolo può disincentivare l'interesse a collaborare con lo Stato» Boss della mafia durante un processo. Sotto il procuratore Piero Luigi Vigna

Persone citate: Piero Luigi Vigna, Vincenzo Tessendori

Luoghi citati: Palermo