I SEGNALI TRA PARIGI E BERLINO

I SEGNALI TRA PARIGI E BERLINO I SEGNALI TRA PARIGI E BERLINO Daniel Verne! DIETRO le quinte, in un momento in cui le relazio¬ ni franco-tedesche sembra¬ vano a un punto morto, i diploma¬ tici dei due ministeri degli Esteri lavoravano a una dichiarazione comune sul futuro dell'Europa. La missione era stata loro affidata dai due ministri, Hubert Védrine e Joschka Fischer, in occasione di uno dei loro primi meontri, nel novembre '98. I diplomatici dei due dicasteri dovevano risponde¬ re a una domanda: come sarà in grado di funzionare un'Europa di trenta Stati? Il risultato è un documento di un centinaio di pagine, diviso in quattro parti (politica estera e di sicurezza comune; frontiere del¬ l'Europa; ruolo della Francia e della Germania; istituzioni), ogget¬ to di discussione fra i ministri nel corso di seminari ufficiosi e di incontri ufficiali franco-tedeschi. Il testo non contiene proposte rivoluzionarie, ma offre spunti di riflessione sul funzionamento di un'Europa allargata, e indica il processo evolutivo che ha portato a certe prese di posizione pubbli¬ che dei responsabili dei due Paesi. Alcune idee si possono ritrova¬ re nel discorso che Fischer ha pronunciato il 12 maggio a Berli¬ no e che ha rilanciato il dibattito sulle «finalità» dell'Europa. La doppia natura dell'Ue, ad esem¬ pio, in (pianto unione di Stati e di cittadini, comporta conseguenze istituzionali per rafforzare la legit¬ timità democràtica della'Sostru¬ zione europea: doppia rappresen¬ tanza degli Stati in un Consiglio nel quale ogni Paese avrebbe lo stesso numero di voti indipenden¬ temente dalle sue dimensioni; rap¬ presentanza dei cittadini da parte di un Parlamento eletto a suffra¬ gio universale. Su altre questioni gli autori del documento si smarcano dalle posizioni sostenute sia dalla Francia sia dalla Germania. Insi¬ stono quindi sul ruolo insostitui¬ bile della Commissione in quanto. soggetto indipendente dagli Stati che cerca di formulare l'interes¬ se comune dell'Europa; propon¬ gono di rafforzarne il carattere collegiale affidando il compito di nominare i Commissari al Presi¬ dente, che verrebbe eletto a suf¬ fragio universale o scelto in seno alla maggioranza dell'Europarla¬ mento. Anche i poteri della Commissio¬ ne dovrebbero venire accresciuti nel settore della politica estera e della sicurezza comune (la «Pese»), che oggi esula ampiamen¬ te dalle sue competenze. Il rappre¬ sentante per la Pese, che oggi dipende dal Consiglio, dovrebbe anche essere vicepresidente della Commissione. Secondo gli autori del rapporto, questo doppio ruolo consentirebbe un miglior coordi¬ namento e una maggior coerenza nell'immagine esterna dell'Unio¬ ne, e di evitare i doppioni, cosa che la nomina di un «Mister Pese» nell'ottobre del '99 non ha compor¬ tato. Al di là dei problemi istituzio¬ nali, ì membn dell'Unione, in primo luogo Francia e Germania, vengono invitati ad armonizzare le linee di fondo della loro politica estera, e a concertarsi prima di annunciare delle decisioni. Un'ar¬ monizzazione che potrebbe porta¬ re in futuro a un seggio europeo nel Consiglio di Sicurezza del- l'Onu. I diplomatici di Parigi e Berlino puntano sulla flessibilità per ga¬ rantire l'efficienza dell'Unione in un'Europa di trenta opiù membri. Ma le cooperazioni rafforzate, nel¬ le muli Francia e Germania do¬ vrebbero essere sistematicamente presenti, devono costituire un pungolo per tutti i Paesi a guarda¬ re avanti, e non sostituire le politiche comuni. E ancora, gli autori del documento sono tiepidi nei confronti dell'idea di un'eavan- guardia», che deve rimanere una soluzione transitoria, un'ultima spiaggia nel caso in cui la flessibiU- tà non funzionasse*. Potremmo citare altri esempi che dimostrano come i principali destinatari dei lavori, i minisiri degli Esteri dei due Paesi, li hanno finora utilizzati, o ignorati. Ma nulla impedisce loro di servirsene ancora.

Persone citate: Daniel Verne, Fischer, Hubert Védrine, Joschka Fischer