«Riabilitati con la meditazione» Il successo del modello indiano di Paolo Colonnello

«Riabilitati con la meditazione» Il successo del modello indiano «Riabilitati con la meditazione» Il successo del modello indiano Paolo Colonnello MILANO A un certo punto ha chiesto al direttore generale delle carceri italiane Giancarlo Caselli, al diret¬ tore di San Vittore Luigi Pagano e alle centinaia di studenti e docen¬ ti che l'ascoltavano nell'aula ma¬ gna dell'Università Cattolica per un convegno sulle carceri, di chiudere gli occhi per tre minuti e meditare sul proprio respiro. Tre minuti di silenzio assoluto per comprendere la difficoltà di controllare il pensiero e dunque i propri istinti, compresi quelli cri¬ minali. Tre minuti per capire la grandiosità di un esperimento che potrebbe diventare la nuova frontiera della riforma peniten¬ ziaria nel mondo. Perche lei, Ki- ran Bedi, minuta cinquantenne del Punjab dalla pelle olivastra e il sorriso bianchissimo, la sua scommessa sulle carceri l'ha vin¬ ta cosi, con la meditazione. Questa piccola donna dai gran¬ di primati - prima donna poliziot¬ to in India nel 1972, prima cam¬ pionessa asiatica di tennis, primo ispettore generale donna nel suo paese, premio Nobel asiatico «Ra¬ mon Magsaysay» - è stata infatti fino a due anni fa a capo di un'immane struttura carceraria dove vivono reclusi quasi dieci¬ mila detenuti indiani, in maggio¬ ranza uomini, di cui 6.000 in attesa di giudizio: Tijhar, perife¬ ria di New Delhi. Forse una dello più grandi prigioni al mondo, un ex inifemo di diseredati e crimina- li che questa incredibile donna nel 1993 ha deciso di trasformare in un gigantesco esperimento spi¬ rituale che ha permesso il recupe¬ ro della quasi totalità dei suoi abitanti. «Oggi - dice con fierezza Kiran Bedi' - l'SO per cento dei detenuti di Tihar, quando esce dalla prigione è per sempre». Insomma, un miracolo. Prima ha iniziato lei, come al solito. Poi lo ha proposto alle sue guardie, uomini duri, abituali alla violenza quotidiana. Quindi lo ha fatto sapere ai detenuti: dieci giorni da passare in silen¬ zio, isolati dal resto della comuni¬ tà por imparare a controllare mente e respiro. E in capo a un anno, Kiran Bedi, ha trasformalo Tijhar da carcero duro e fatiscen¬ te in un immenso centro di medi¬ tazione dal quale escono con nuovo speranze uomini e donne altrimenti destinali a una vita in prigione. «Se lo scopo della prigio¬ ne e soltanto la punizione - spie¬ ga affabile Kiran - allora va bene la massima sicurezza. Ma questa non porta a nulla se non alla recidività dei reati, perchè sicu¬ rezza senza riabilitazione è sol¬ tanto una doppia punizione. E quando i detenuti asceranno il carcere, avranno come unico sco¬ po quello di punire la società, mossi da un desiderio di vendet¬ ta. Se invece vogliamo fermare questa porta rotante delle prigio¬ ni dove si continua a uscire e a entrare, dobbiamo smettere di occuparci solo dei corpi dei dete¬ nuti e occuparci delle loro men¬ ti». Ovviamente l'inossidabile di- reltrico in poco tempo è riuscita anche ad accompagnare a (fucsia intuizione rivoluzionaria una se¬ rie di riforme tangibili e più occidentali: l'istituzione di pro¬ grammi per tossicodipendenti, il miglioramento delle condizioni sanitarie, l'arricchimento degli strumenti di istruzione e educa¬ zione: «Abbiamo istituito la rego¬ la delle tre 'C: correzione, comu - nità, collettività. Il guardarsi den¬ tro di guardie e detenuti ha con¬ tribuito a far si che tutto ciò si realizzasse facilmente». Ma è esportabile questo pro¬ getto? «Non c'è bisogno di espor¬ tarlo; basta capirlo perchè si basa st-mpheemente sulla natura della mente umana. La medita¬ zione non è legata alla religione ma è un'esperienza di controllo interiore che pennello di appro¬ fondire, volendo, ogni religiosità, induista o cristiana che sia» Un successo talmente clamoroso che ora le tecniche di gestione peni¬ tenziaria e di meditazione messe a punto da Kiran Bedi, secondo il sistema meditativo indù Vipassa- na (silenzio, controllo della respi¬ razione, riflessione su se stessi e sulla propria rabbia), vengono studialo un po' ovunque e negli Siali Uniti, a Seattle e Sacramen¬ to, dove sono siale applicalo, hanno pnxlotlo gli slessi incredi¬ bili risultali: i detenuti hanno imparato non solo il controllo dei propri istinti ma hanno potuto reintegrarsi velocemente nella so¬ cietà. «E Seattle e Sacramento sono città induisto quanto Koma o Milano: cioè per niente», dico Kiran Bedi, E al suo progollo nell'Università cattolica sono già in molli a crederci: «La negativi¬ tà è infelicità e quando si com¬ motto il malo si è infelici», spiega l'avvocato Federico Stella, ordi¬ nario di diritto penalo e organiz¬ zatore del convegno. «Su cnieste considerazioni, che potrebbero apparire ovvie ma non lo sono, costituendo anzi oggetto di appro¬ fondile analisi scientifiche, si ba¬ sa la proposta e l'esperienza di Kiran Bedi».

Persone citate: Bedi, Federico Stella, Giancarlo Caselli, Kiran Bedi, Luigi Pagano

Luoghi citati: India, Milano, Seattle, Siali Uniti