Firenze e i nomadi, il ghetto della porta accanto di Vincenzo Tessandori

Firenze e i nomadi, il ghetto della porta accanto Firenze e i nomadi, il ghetto della porta accanto La sfida di mprete: «Se li sfratteranno, andremo a vivere con loro» reportage Vincenzo Tessandori ìiivralo a FIRENZE E' sempre così: se pure ce l'hai sotto gli occhi, ti accorgi del¬ l'inferno soltanto quando ci sbatti contro. E qui a Firenze è in riva d'Arno, e a due passi dall'aero¬ porto cho collega con il mondo. Ma nei campi dove i dannali della terra del terzo millennio, ì noma¬ di, hanno trovalo rifugio, il mon¬ do o lo sue normalità sono irrag¬ giungìbili. Hichianiano suggestio¬ ni rinascimnnlali, i nomi di questi lager, senza acqua corrente e luce elettrica per tutti. Ma dove tonnel¬ late di rifluii rischiano di far scoppiare epidemie e dozzine dì antenne paraboliche ti danno l'il¬ lusione di essere da un'altra parte o vivere un'altra vita. Poderaccio e Olmntello, che sono controllati dal Comune, e il campo Masinì che dicono non lo controlli nessu¬ no. Firenze si sente soffocala quasi fosse sotto assedio, ma questa è una città cho ha due cuori e due anime, capace di grandi gesti soli¬ dali e di infinite grettezze: nella primavera di dieci anni fa, lo ricordano ancora, i bottegai anche quelli più ricchi insorsero contro i neri che por strada ti chiedevano «vu' cumprà?» e ti offrivano la loro misera mercanzia. Fastidio, soprattutto, ma pure una forma strisciante di razzismo, e così sì sfiorò una mozza sommossa. Il mondo non cambia, oggi sono loro, i rom, a dar fastidio, cosi visibili, presenti, insistenti. E in Comune, quasi fosse un alibi por un pugno di ferro annunciato, li dicono subito che l'Opiugno un'in¬ cursione della polizia nel campo Masini ho permesso il recupero di refurtivu: c'era di lutto, yen, dolla¬ ri, marchi, oggetti d'oro. Un miliar¬ do, cifra tonda, forse perché colpi¬ sce di più. C'è stizzii nelle parole dì An¬ drea Ceccarelli, 43 anni, vicesinda¬ co e iissessoro agli Affari istituzio¬ nali e trasparenza, un passato da doniocristiano e un presonto con i democratici di Prodi e Antonio Di Pietro. Firenze, dice, si sento sola a fronleggiaro l'omergenza noma¬ di: sarebbero 1.120, qui, molli radicati da oltre un decennio, altri portati dall'onda lunga della guer¬ ra in Kosovo, appena 12 mesi fa. In tutto ì residenti stranieri u Firenze, sono IG.B50, ma si tratta dì sutlunilensi, inglesi, francesi. Dico Ceccarelli: «forse i rom arri¬ vano perdio questa ó una città con G o H milioni dì turisti all'an¬ no, e ciò li attira come capita in poche altro parti, erodo». Ma no, non intende che si riuniscono qui per rubare, come ripete ossessiva¬ mente la vox populì:, «Facevo riferimento soprattutto all'elemo¬ sina». Ma, dalle parti di Brezzi e San Donnino, verso Occidente, da oltre vent'anni c'è una colonia di cui sì sa poco ma che provoca inquietudini. I cinesi, silenziosi, laboriosi, attenti al clamore e ai prppri trafilcì. Radicati in un mon¬ do chiuso ermeticamente, sareb¬ bero 5500 ma ad aumentare il disagio c'è la consapevolezza che nessuno sa niente, di loro, e le precccupazìonì aumentano quan¬ do polizia e carabinieri scoprono laboratori o veri e propri lager dove vengono tenuti gb schiavi, come nel Medioevo. Sospetti dì ogni genere, dunque, per commer¬ ci illeciti, dalla droga alle persone. E, raramente, uno straccio di pro¬ va. Vìcesìndaco, danno maggiori preoccupazioni i cinesi o i rom? «Sono flussi migratori diversi. Cer¬ to, ì cinesi sono chiusi, difficili e per ora non è stato possibile un censimento globale». Il Comune è impegnato, garan- lìsce, nella ricerca di una soluzio¬ ne. Al Gùarlone, nella zona del Campo di Marte, quella dello sta¬ dio, è stato costruito un mini quartiere di 12 allogai minuscoli, spesa 850 milioni; poi c'è il proget¬ to Global Service per la gestione dell'Olmatello; il tentativo di far frequentare la scuola a tutti ì ragazzi; quello di dare un aspetto meno devastato ai campì, trasferi¬ re la gente dalla riva d'Arno per¬ ché «e zona di esondazione ed è pericolosa». Del resto i capricci del fiume sono noti e inquieta il pessimo stato in cui contìnua a trovarsi l'alveo, 34 anni «dopo la grande alluvione. Sì cerca dì in¬ trecciare alleanze con altre città, almeno per il momento tutte han¬ no risposto picche alle insistenze dì Ceccarelli e del Comune. Ora si conta sull'intervento della Regio¬ ne, ma non sì può imporre niente e così soltanto Pisa (Coltano) ha i suoi nomadi ormai stanziali: 150 in tutto, che avevano provocato problemi perché il campo assegna¬ to loro era pìccolo e pareva scop- piare. «Ma sui giornali, non ci siamo andati», precìsa con una vena dì ironia lo scrittore Athos Bìgongiali, che lavora all'ufficio stampa del Comune. Anche a Fi¬ renze temono di «finire sui giorna¬ li», ma il fatto è che questo dei campì nomadi è un problema mai affrontato e, dall'altra parte, non esistono precedenti che possono aiutare. In Comune hanno istitui¬ to anche un ufficio singolare: «Città sicura», sì chiama, e, per 139 milioni lordi all'anno, lo diri¬ ge Stefano Filucchì, che ha lavora¬ to anche alla direzione investigati¬ va antimafia fiorentina, e, infor¬ mano in Comune, ha alle spalle grandi inchieste come quella per la morte dì Roberto Calvi trovalo impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri. Sì teme dì fare un passo sbaglia¬ to. Come l'ordinanza per il riordi¬ no dell'area lungo l'Amo, che significa lo spostamento, natural¬ mente coaito se del caso, dei nomadi. O il decreto dì sgombero del campo dove sono riuniti i rom albanesi. La firma è stata messa al fondo dì documenti, ma sì tempo¬ reggia. Perché non si tratta soltan¬ to tu spostar gente, ma una volta che verrà fatto un minimo dì censìment non si potrà più igno¬ rare ciò che ufficiosamente sanno tutti: e cioè che sono davvero molti quelli senza permesso di soggiorno. Anche ì kosovan non sono proprio in regola, e le loro richieste dì essere considerati esu¬ li politici sembra che debbano percorrere ancora una lunga stra¬ da. Così, il primo atto paiono proprio le esecuzioni di quelle ordinanze, ma don Alessandro Santoro assicura che sì opporrà se non verrà trovata una soluzione definitiva, perché spostare la gen¬ te non significa niente. «Noi andre¬ mo a vivere lì». E intende lui stesso e i suoi, quelli del rione Delle Piagge. Livornese, 34 anni, prete da quasi dieci, figlio dì un generale dell'esercito, un passalo da anarchico: vìve qui, che è un po' il centro attorno a cui gravita¬ no i campì, e si sente un privilegia¬ to in un mondo di emarginali. «Perché io la povertà l'ho scelta, gli altri la subiscono e fanno bene a combatterla». Mentre mi parla arriva una donna disperata, le hanno rubato il portafoglio, rac¬ conta, e Alessandro le dà metà di quello che ha: 20 mila lire. Con una punta d'orgoglio dice che i suoi stampano anche un giornale: «L'altra città», 4500 copie di lira- tura, distribuzione gratuita alla gente Delle Piagge. Luì e ì suoi avevano presentalo un progetto abitativo, il Comune l'ha respìnto e ora don Alessandro allarga le braccia e ìndica il tìtolo dì prima pagina: «Costretti nel ghetto». Ras¬ segnati? «neppure per sogno». I campi nomadi, che crescono nelle periferie delle grandi città, sono spesso dei ghetti privi di strutture essenziali