« Non alziamo altri Muri contro l'Est »

« Non alziamo altri Muri contro l'Est » « Non alziamo altri Muri contro l'Est » Il cardinale Silvestrini racconta la Ostpolitik vaticana intervista Giulietta Chiesa ROMA L'USCITA in libreria del «Mar¬ tirio della pazienza», le me¬ morie di Agostino Casaroli, ha aperto, anzi riaperto prepo¬ tentemente una vasta serie di questioni, sloriche o politiche, che sembravano consegnate al¬ la storia, e che invece rivelano una straordinaria attualità. Il cardinale Achille Silvestrini, che ha scritto la profazione al volume e che fu il braccio destro di Casaroli in un lungo tratto del'.a sua "Ostpolitik", si trova oggi, in qualità di Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, in uno degli snodi più delicati della politica del dialogo vaticano, in particolare del rap¬ porto est-ovest. Non è dunque stalo frullo del caso se, durante la presentazione del volume, nella Sala Slampa vaticana, ac¬ canto al segretario di slato Car¬ dinale Sodano, e a Silvestrini, sedevano anche ire politici di calibro mondiale comò Mikhail Gorbaciov, Romano Prodi, e Lamberto Dini. Singolarmente forte. Emi¬ nenza, l'intrecciarsi dell' idea di un'Europa che deve respirare con i «due polmo¬ ni» (di cui Giovanni Paolo II ha parlato con Gorbaciov e che l'ex presidente sovietico ha calorosamente condivi¬ so! con quella di un dialogo tra i due polmoni spirituali della cristianità. Il comuni¬ smo non c'è più, ma il proble¬ ma ancora esiste, e non è piccolo.Considera impro¬ prio questo accostamento? «Dirci di no. Sono due situazioni distinte,' ma parallele. In fondo Casaroli cercava di aprire una breccia all'est per portare soccor¬ so a quelle chiese, in modo che potessero rientrare gradualmente in un rapporto fecondo con la Chiesa cattolica. Che era poi an¬ che quello che chiedeva il cardina¬ le Wyszynski: restituire alla Polo¬ nia non solo la sovranità confisca¬ ta, ma anche la sua piena reinte¬ grazione come membro dell'Occi¬ dente. Oggi noi vediamo che lobieltivo non poteva essere sol¬ tanto la liberazione dei popoli cattolici dell'est dal comunismo, ma 1 integrazione dell'intera cri¬ stianità, cioè la ricomposizione dell'Europa storica. Per fare que¬ sto è indispensabile la partecipa¬ zione della componente bizantino- ortodossa, di cui il Patriarcato ili Mosca è parte essenziale.» Eppure, sia Gorbaciov che Prodi hanno parlato esplici¬ tamente di pericoli che si frappongono, di opzioni e idee che ostacolano questo esito. «Penso che vi sia davvero il rischio di riproporre nuovi steccali e una contrapposizione militare tra la Russia e il resto d'Europa. Sarebbe veramente non solo la perdita di una grande, possibile occasione di riconciliazione, ma anche un perico¬ lo reale; quello di ritornare a una situazione simile alla guerra fred¬ da». Lei pensa anche all'esten¬ sione a est della Nato? Agli scudi stellari in vìa di for¬ mazione? «Anche. Pensare a forme di difesa armata che mettano la nazione russa in contrapposizio¬ ne sarebbe un errore». Questo rischio lo corre an¬ che la Chiesa? «Non posso che condividere le cose che il cardinale Koenig ha detto nella sua recente intervista a "Il Regno": «Nel futuro la fron¬ tiera che ci sarà rischierà di essere quella tra l'Europa dell' Ovest e l'Ortodossia». Dobbiamo capire «con paziente lungimiran¬ za le ragioni di difesa, di diffiden¬ za, d'insicurezza» che rendono ancora difficile il dialogo ecume¬ nico. Ma non possiamo discostar¬ ci nemmeno per un attimo dall' idea di fondo: «l'Europa ha biso¬ gno dell'Ortodossia». Lei, nella sua prefazione, ha parlato di un «confron¬ to serrato e incalzante», che continuò nella Chiesa «per tutti gli anni della Ostpolitik». Perché? «1 critici non tenevano conto a sufficienza del carattere inedito di quella tratlaiiva. Nell'esperienza della Chiesa c'erano stali altri mo¬ menti drammatici, per esempio nel grande confronto tra Pio VII e Napo¬ leone. Ma i regimi comunisti furono antagonisti ben più totali. Essi si proponevano non solo di controlla¬ re, ma di cancellare la fede dalle menti. Casaroli pensava che si do¬ vesse dare soccorso alle chiese op¬ presse e che alla lunga l'alternativa sarebbe slata quella di una Chiesa clandestina, che avrebbe richiesto eroismi cui solo una parte ridotta dei credenti avrebbe potuto fare fronte. I critici temevano anche che quei regimi potessero avvalersi di quel dialogo per rafforzare la loro credibilità e il loro prestigio. E quel rischio c'era. C'era chi iwnsava che per la Chiesa sarebbe stato storica¬ mente mollo più glorioso rifiutare ogni contatto. Casaroli. e Giovanni XXIIl e Paolo VI, che lo ispirarono e sostennero, ritenevano che la Chie¬ sa dovesse anche provvedere ai bisogni dei credenti nella loro vita reale, e che ciò non si potesse fare senza pastori. Tutto dipendeva da quanto sarebbe durala una situazio¬ ne di quel genere. La Chiesa era slata immersa nella profondità e lo sforzo che si riteneva di dover fare era di aiutarla a riemergere alla libertà. Pio VII, in circoslaze sicura¬ mente meno dure, era giunto a chiedere la rinuncia a quei vescovi che rifiutavano di accettare il con¬ cordalo con Napoleone. Esattamen¬ te questo fece Paolo VI con il cardi¬ nale Mindszenty. Del resto molli pensavano, in Occidente, che un cambiamento sarebbe potuto veni¬ re solo con la guerra, e la guerra sarebbe stata inevitabilmente nu¬ cleare. Era il motivo per cui anche la Nato trattava». Così sì arrivò alla Conferen¬ za di Helsinki. «E' cosi. E' l'esempio migliore del valore del negozialo. Pròprio a Hel¬ sinki fu preso atto delle frontiere esistenti, ma anche si sancì l'impe¬ gno al riconoscimento dei diritti dei popoli e delle libertà fondamentali. E tra queste fu proprio la Santa Sede a chiedere che venisse inserita la libertà religiosa. Ricordo bene che nessuno, in Occidente, aveva posto la questione. Un diplomatico dell'est mi chiese: «Ma voi siete disposti ad applicarla anche ai non credenti e agli atei?» Gli risposi che il "Vaticano II" lo prevedeva. E l'ambasciatore di Svezia mi disse: «Ma la vostra richiesta, in questo contesto, è una bomba». Lo era. Molti movimenti che poi comincia¬ rono a serpeggiare all'est, in primo luogo "Charta 77", furono figli di Helsinki». Ma c'è anche l'interpretazio¬ ne secondo cui il comuni¬ smo era già seriamente le¬ sionato da un lungo proces¬ sò di indebolimento, per molti aspetti endogeno. E' vero che esso emerse solo dieci anni dopo, con Gorba¬ ciov al potere, ma le radici erano di molto antecedenti. «Ricordo che il cardinale Koenig si chiedeva come mai l'URSS avesse accettato l'atto finale di Helsinki. E bisogna dire che la conferenza l'ave¬ vano proposta loro. Forse si potreb¬ be* dire che il processo negoziale ebbi1 già un primissimo impulso nei contatti tra Krusciov e Kennedy». Dopo la crisi di Cuba. (Quella crisi fu il momento della percezione del pericolo, dove l'Occidente capisce che l'Unione Sovietica non vuole superare quella soglia. Ma l'America anche». Rimane comunque aperto oggi il problema del dialogo con la Chiesa Ortodossa. Lei ritiene attuale l'espe¬ rienza di Casaroli? «Penso di si. Non ci sono più. all'est, regimi ostili che vogliono cancellare la religione.Ma rimane, polente, la diversità delle storie, delle sensibilità. Il soggetto princi¬ pale è la Chiesa Ortodossa e noi dobbiamo tenere conto delle sue radici culturali e del suo rapporto con la nazione russa. A me sembra che la caduta del muro abbia messo in luce quanto quei popoli fossero protesi verso l'Occidente, del quale desideravano libertà, de¬ mocrazia, benessere. Dobbiamo sa¬ pere che in molti sensi sono stati delusi. Occorre che questo stalo di cose non sia aggravalo ma sanato, che non si sentano respinti o, peggio, divengano puro campo di sfruttamento, Nella crisi balcanica dell'anno scorso abbiamo invece visto questi segni, nella tendenza a escludere la Russia come interlocu¬ tore di un'azione possibile di per¬ suasione verso la Serbia. L'Occidcn- te è sembrato aver dimenticato la storia della Russia». E l'intreccio tra questa e la storia dell'Ortodossia, an¬ che se se ne è parlato molto sui giornali. «Già! E' il rapporto tra potere civile e Chiese, da sempre mollo diverso in Occidente, dove la sto¬ ria ha lentamente - ma nettamen¬ te - fatto prevalere la distinzione tra Chiesa e Sialo. Nella tradizone ortodossa questa esperienza non c'è. Il potere politico è il Basileus, che governa l'Ecumene, ed è il gamme della pace civile. La Chie¬ sa agisce in questo contesto. E questo rapporto si è poi riprodotto nelle singole monarchie nazionali. Ouesta è storia, come è storia il fallo che fu la Chiesa Ortodossa a evangelizzare tutto l'Oriente rus¬ so in quelle specifiche condizio¬ ni». Quindi unu dei rischi da evitare non è soltanto quel¬ lo di presentarsi al dialogo con animo docente, ma an¬ che quello di presentare una Chiesa cattolica trop¬ po "occidentale"? «E' ceno una diffidenza che va dissipata. Non a caso Giovanni Paolo II ha proclamalo Cirillo e Melodie patroni d'Europa. E' il discorso dei due polmoni, dove . quello non occidentale è appunto l'oriente cristiano». Nella lotta per il "controllo degli spiriti" il comunismo alla fine ha perduto. Ma quello era anche, forse, uno dei punti più deboli di quei regimi. Ho l'impressio¬ ne che oggi la Chiesa sì trovi di fronte a avversari ben più potenti, e pervasi¬ vi, e capaci di convincere. •E' una grande sfida che toccherà da vicino la vita dei credenti, dovunque si trovino. Giovanni Pao¬ lo Il ha dello, nella 'Centesimus Annus' die ci sono valori che il mercato non può decidere: rispello della persoNe, dei deboli, della famigUa, dell'ambiente. Non sor¬ prende che Eric Hobsbawm dica che «al momento il Papa è l'unica figura di rilievo mondiale che criti¬ ca il capitalismo in quanto tale». «Dobbiamo tenere conto delle radici culturali della Chiesa ortodossa e del suo rapporto con la Russia. Quei popoli non devono sentirsi sfruttati» «Creare nuovi steccati tra Mosca e l'Europa significa non soltanto perdere una occasione di riconciliazione ma far tornare la Guerra Fredda» Il cardinale Achille Silvestrini. uno dei protagonisti della Ostpolitik vaticana