I tartufi del barbone di Fiamma Nirenstein

I tartufi del barbone Povera Italia. Viaggio nella stazione di Firenze, dove i miserabili convivono con ex artisti e manager fallit I tartufi del barbone Fiamma Nirenstsin FIRENZE CHISSÀ se i nuovi poveri delle città del Centronord hanno mai formulato la pa�rola «depressione», hanno mai capi�to che la chiave per capire come mai stanno seduti là con la barba lunga, gli occhi senza espressione, le anime dolenti e i corpi sfiniti, e poi all'improvviso una rabbia tre�menda che quando uno gli dice «ma forse potrebbe tornare a casa...» oppure «calma ...» li fa sentire soprat�tutto offesi e scop�piare in insulti, sta nascosta tanto nel�la testa quanto nel mercato del lavoro o in Comune, o nel�la legge, o nei pa�droni ingiusti e cat�tivi. Se si potesse dire in una frase perché nel ricco Centronord cado�no ai lati della so�cietà e divengono barboni pronti per dormire nel cartone e mangiare cibo regalato tante pereone simpati�che, anche perbene e persino colle, si potrebbe constatare che la capaci�tà del liberalismo di assortire la gente arriva fino alla soglia della mente. I poveri del Nord sono che non Conno entrare zerbino deDa loro sensibiiiilvenienza, la convenzione, il consumo. Si beccano nelle costole il male della vita sentimentale, economica, della loro condizione di salute oltre alle Inevitabili durezze del mercato del lavoro. Non cono�scono aggiustamenti. E cosi diven�gono quello che il professor Enrico Pugliese individua come una parti�colarità delia parte settentrionale del nostro Paese contrapposta alla «povertà nonnaie» del Nord: i pove�ri che potremmo essere noi, colpiti a un tratto da un grande disastro, privati dopo molto lottare della percezione che valga la pena di uscirne e che si possa farlo. Dunque, alla Stazione di Firen�ze, dove con le Ronde della Carità di Paolo Coccheri e Marisa Bianchi, finalmente un'istituzione laica spontanea che si occupa dei poveri, andiamo a distribuire di notte pani�ni paradossali (ci sono persino al tartufo) quanto indispensabili do�nati da raffinati caffo come Robiglio e Domimi a quelli che hanno fame, il catalogo comprende qual�che centinaio di personaggi tutti molto singolari, gente da film. Per esempio Carlo (useremo solo nomi falsi) ha la camicia celeste dei manager e viene da una città dell' Emilia, simpatico nell'accento, e di eloquio veloce e coerente, piccolo, trentaduenne e appena un po' stra�no nello sguardo: arriva verso l'an�golo Est della Stazione dove si costruiscono a sarà letti e persino camerette biposto per la notte. Ha il suo carico di stracci e legni sul carrello: «Ho fatto un fallimento da 750 milioni, restare là a sentire i rimproveri e i pianti di mia madre e mio padre che già mi hanno tormen�tato con i loro continui disaccordi, non ho voluto. Ho lasciato un bi�glietto 'non cercatomi" e cosi è stato. Vado a Genova ogni tanto dove c'è un po' di lavoro. Per ora mi va bene cosi. Semmai non ne posso più della concorrenza degli stranie�ri, di avere il loro fiato sul collo senza tregua, alla mensa dei pove�ri, all'albergo della povertà. Le no�stre autorità li favoriscono perché costano meno e fanno più pubblici�tà. E' vero che io avrei una casa e loro no. E con ciò? Io non la voglio quella casa, avrò diritto si o no alla mia vita?». La Giuseppina (nome falso) la si può vedere subito quando si entra dal lato arrivi seduta su una seggio�la. Mollo rovinala, sfatta, la pelle malata, senza denti, vuole però solo un panino piccolo e scelto, sennò meglio nulla. La Giuseppina si è trovata coperta di debili ed è andata a stare sotto il cielo vivendo d'elemosina. Però dalla vendila all' asta della sua casa sono avanzati cento milioni che il giudice tutelare viene a riproporlo di usare parlan�dole in piedi animatamente mentre lei siede su! suo trono di ferro e stracci. Cercano di convincerla anche i volontari delle Ronde, affet�tuosi ma franchi come Daniele, di 37 anni, braccio destro della Mari�sa, impiegalo di banca. Ma lei allora si anima e si erge infuriata sulla seggiola: di quei cento milioni possono farsene un falò. Lei non ci crede, Tutt'al più accetta di andare allospedale per curarsi le gambe. Ma poi. dice Daniele, scappa sem�pre e toma alla Stazione dove si sente a casa. Ci sono dei percorsi fissi \xt i poveri, mense, alberghi, parroccliie. Comune, istituzioni della cari�tà. La mensa di San Francesco Poverino ha le tovaglie a quadri rossi, la pastasciutta buona La stazione ael Campodimane è più pulita e tranquilla, e ci si può far conversaziono con una ex guida turistica molto carina e colta la Jolanda. Un ritrovo senza il quale sei fuori è la messa di San Procolo, detta Messa dei Poveri, fondata da Giotgio la Pira nel 1937: da allora dojx) la messa che si tiene alla Badia in via del Proconsolo, si distribuisce il pane e qualche soldo. Quando sciamano fuori nel chio�stro, i poveri appaiono come una vera società intera ferita, con le sue gerarchie, le sue donne, i suoi amori. «Quella donna luna persona senza denti, con i capelli neri) col suo bellissimo neonato in braccio mi spiegano l'ha avuto da un rumeno molto giovane, un ragazzo�ne. Se lo contendono». Nella folla, l'odore di brado è forte, ed è come un messaggio che dice, e me lo ripetono anche a voce «di te non ine ne importa nulla, non hai saputo capirmi al momenio giusto». Chi è pulito, e già mezzo fuori del disa�stro: uno svizzero di 50 anni, molto ben messo, ha avuto la vita spezza�ta dalla sua onnipotenza: dopo un buon lavoro di falegname è volato a cercar fortuna in Americo Latina. Non l'ha trovata, ed ha perso cosi anche la moglie lasciata dietro di sé, che e morta. Il figlio è lontano do Firenze, dove la sorte lo ha ruzzola�lo. Cosi, gli è venuto un infarto mollo invalidante ma vuole rico�minciare o lavorare. C'è una Elisa�betta elegante e arrabbiala, ox pit�trice che faceva una vita poetica in campagna coltivando arte e insala�te, finché l'hanno sfrattata. «Ora dormo fra le siringhe e mi vesto nei cassonetti». Ce un altro piliorc che ha la vita ridotta a niente dalla malattia della figlia. E con un cap�pellino verde un ex autista mi ride In faccia: «Che si crede, io sapendo dove andare, faccio anche centomi�la lire al giorno». Però, i panini li prende lo stesso e parla delle giorno te senza far niente, le nottate inson�ni, e la so Illudine A un isolalo di distanza nella chiesa di San Martino affrescata dal Ghirlandaio si trova l'associazio�ni! per «i Poveri Vergognosi» ovve�ro dei Buonuomini di San Martino. Le richieste di aiuto assolutamente segrete vengono vogliate da un gruppo di dodici guidati da un preposto che cambia ogni mese, I Buonuomini mi spiega uno di loro, Giorgio Loni. giudicano a chi soeitu l'aiuto secondo il criterio del oisogno e anche della dignità. Firenze, che d�poveri ne ha {|ualche miglia�io esc usi gli immigrati, ha una dolce fissazione sullo loro tlignitii: gliel'ha inculcato Giorgio La Pira, che pensava che senza poveri vici�no non si deve vivere, e che allo Messe del Pano parlava con loro di xilitica estera. Il povero era lui, oro erano luì. e questa visione nella società moderna e divenuta sempre più vera. Dalla vendita della casa Giuseppina ha ricavato cento milioni. Lei non li vuole: «Potete farci un falò con quei soldi» Nelle foto di Massimo Sestini tre momenti nell'itinerario quotidiano della-Ronda deila carità e della solidarietà». I volontari laici portano abo e conforto ai mendicanti e al barboni di Fireme. Sotto Fiamma Nirenstein

Persone citate: Americo, Enrico Pugliese, Ghirlandaio, Giorgio La Pira, Giorgio Loni, Marisa Bianchi, Massimo Sestini, Paolo Coccheri

Luoghi citati: Emilia, Firenze, Genova, Italia, Latina