«Anche il latino gli serviva per trattare»

«Anche il latino gli serviva per trattare» IL COMUNISTA E VIA FILODRAMMATICI «Anche il latino gli serviva per trattare» Parlato: ma la sua vita non era lavoro e solo lavoro intervista Maria Teresa Meli ROMA CHE singolare rapporto quello che ha legato per 26 anni il comunista Valenti�no Parlato e il banchiere Enrico Cuccia. «Quasi amici», li ha definiti Cesare Romiti sul Cor�riere della Sera. E quella «quasi amicizia» nac�que quando Parlato, uno dei fondatori del «Manifesto», riu�sc�a fissare un appuntamento in via Filodrammatici con il «patron» di Mediobanca per ten�tare di risollevare le sorti del suo giornale, che era in difficol�tà economiche. Cuccia si guardò bene dal dare un finanziamento al Manifesto ma a quell'incontro ne seguiro�no altri, e nel corso del tempo si dipanò il filo di una relazione tra questi due personaggi appa�rentemente cosi diversi. Allora, Parlato, lei e l'impenetrabile Cuccia... «Che dire, il miglior ritratto di Cuccia è quello che lui ha fatto di se stesso con una lettera che mi sped�nel '97 e che è apparsa oggi (ieri per chi legge n.d.r.) sul Manifesto. In risposta a una mia sollecita�zione. Cuccia mi spiegava che non era sua intenzione pubbli�care nulla di suo: il mio lavoro scriveva e i miei strologamenti sono del tutto inìntcressanti e d�una delu�dente mediocrità. E' bene non interrompere un silenzio che copre tutto questo e fa crede�re persino a una persona acuta come Lei che io abbia un qualche 'fascino*. Ecco, questo è l'autoritratto di un grande pittore». E quale ritratto ne fareb�be, invece, lei? «Cuccia era un uomo simpati�co, che incuriosiva, coltissi�mo... Ci veuuvamo una, due volte l'anno. Io gli scrivevo un biglietto per chiedergli un incontro e lui me lo fissava. L'ultima volta ci siamo visti l'anno scorso». Di che cosa parlavate? «Cuccia, anche se dirlo può sembrare strano, me ne rendo conto, era un personaggio a cui gli affari interessavano fino un certo punto». Come? «Si, il suo tempo ed era questa la sua grande lezione non era solo lavoro, lavoro e lavoro. Insomma, mi spiego meglio: lui era la dimostrazio�ne che per fare affari intelli�gentemente bisogna conosce�re anche la letteratura latina. Mi ricordo che in questi no�stri incontri lui mi consiglia�va anche dei libri da leggere». E non parlavate mai di politica? «No, a lui non importava nulla di quello che succedeva a Roma. Provava un profondo disprezzo per la politica. Tra Berlusconi e Prodi, per esem�pio, non sapeva chi scegliere: non sopportava entrambi». Oltre ai libri e alla lettera�tura latina, quali erano gli altri argomenti che affioravano durante lo vo�stre conversazioni? «Bè, io cercavo sempre di trovare il modo di ottenere un finanziamento per il Manife�sto. Ma lu�mi faceva capire di non ritenere un investimento trovare dei soldi por il giorna�le. Del resto, lo aveva chiara�mente premesso nel nostro primo incontro. Con un detto siciliano, poiché le nostre co�muni origini erano isolane: "Tra Grici e Grici un si vinne urbaci*. Significa che tra gre�ci, cioè tra gente un po' imbroglione, non si vende orbace, cattiva lana, lo co�munque insistevo sempre. Una volta che mi trovavo nel saloncino di via Filodramma�tici, anticotto e stravagante, lessi una massima scolpita: 'Ars sibi praemium', 1 arte premia se slessa. Gliela citai per convìncerlo che si poteva finanziare il Manifesto senza che vi fosse bisogno che que�sto fosse un investimento. Lui non disse nulla Qualche tem�po dopo mi mandò un biglìetlì110: pure lui citava quella massima, ma per sottolineare quanto ero bravo a destreg�giarmi tra i debiti anche da solo». Secondo lei. Parlato, che cosa spingeva un uomo riservato come Cuccia ad incontrarla? «Credo lo facesse per gentilez�za. Eppoi penso che avessimo in comune un certo realismo. I nostri incontri duravano tre quarti d'ora, un'ora al massi�mo. Quindi lui mi diceva: *E' ovvio che poi lei non parla delle cose che ci siamo det�ti'». Ora che Cuccia è morto, lei, sul Manifesto, ha reso «omaggio» a quello che ha definito il «nemico che ci ha lasciato». «S�gli ho reso omaggio: lui ora il più intelligente di tutti ed è riuscito a tenere in piedi il 'salotto buono' anche quan�do ormai era andato in pozzi». «Gli chiesi soldi per il giornale. Rispose che tra "greci" un po' imbroglioni non si fanno affari. Disprezzava la politica Non sopportava né Prodi, né Berlusconi» Valentino Parlato uno dei fondatori del «Manifesto» Sotto, a destra Silvio Berlusconi

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