Mezzo secolo sul trono dello finanza

Mezzo secolo sul trono dello finanza LA ttlNOA SCORIA PELl/UÒMp CHE HA RÌDISEGNATO IL M(^DOD^r^FA^|.ITAMARI Mezzo secolo sul trono dello finanza Dajung a Beneduce, la vita di un uomo schivo personaggio TUTTO era pronto per il suo rientro a giorni in via Filodram�matici. E già si pensava al suo ruolo per sistemare le numerose partite aperte della Galassia. Ma ancora una volta lui ha preso tutti in contropiede andandosene via in punta di piedi, nel riserbo, cos�come piaceva a lui. Tutto è successo in fretta, silen�ziosamente, come in silenzio era stata tutta la vita di quell'uomo minuto, quel giovanotto «biondo, carino e paffutello» (la descrizione è di Giovanni Malagodì) approdato a Milano alla vigilia della guerra con una presentazione per Raffaele Mat�tioli, il banchiere umanista della Comit e destinato a diventare, per più di mezzo secolo, l'uomo più potente della finanza italiana, il banchiere dei padroni, circondato da un rispetto legato al suo potere ma anche alla sua semplidtà di vita: tutto casa e ufficio, dal luned�fino al sabato e, talvolta, la stessa domenica mattina, salvo qualche puntata nella casa di Meina, sul Lago Maggiore, l'unica sua proprie�tà immobiliare, comprata per accon�tentare la moglie. Idea Nuova Socia�lista, figlia del fondatore dell'Iri, Alberto Beneduce. Un rispetto legato alla solitudine del patriarca: da solo e spesso senza scarta anche negli anni delle minac�ce in arrivo da Michele Sindona. il più delle volte a piedi dalla casa di via Mascagni (in afìiuo). i giornali sotto il braccio (prima letture. l'cHerald Tribune»), la rituale visita in libreria (la «Feltrinelli», più spesso la «Hoepli») a caccia dell'ultima novità o della ristampa di pregio. I suoi «preferiti»? Jacques Mantain, Montaigne, Machiavelli, Benedetto Croce. La lista è infinita perché Cuccia, come lettore, è stalo onnivo�ro e instancabile. Con una «passio�ne» curiosa, condivisa anche da Raffaele Mattioli, che ne finanziò la pubblicazione: la lettura dell'«Elogio dell'uomo politico» di Frederick Oliver, la biografia di Robert Walpole, grande e pragmatico premier inglese del 700, uno dei pionieri del moderno regime parlamentare de�mocratico, capace di governare per più di 20 anni disprezzando «l'ipo�crisia corrente del patriottismo, del prestigio e della giuria», ma consape�vole che «l'uomo politico deve abiu�rare la ricerca della ricchezza e dedicarsi al servizio del suo Paese». Ma quanto assomiglia Cuccia al modello di Walpole? Tanto, se si pensa all'assoluto disinteresse per�sonale. E tanto, però, anche se si bada al pessimismo dell'uomo, con�vinto da sempre che il sistema del capitalismo italiano non potesse sopravvivere senza un sostegno estemo, capace di proteggerlo da una concorrenza altrimenti prepon�derante ma così, ahimè, obbligato a ingessarlo e a impedirne la crcsdta. Difficile, anzi impossibile, emettere oggi un giudizio sull'uomo e sul banchiere, senz'altro una delle più grandi figure della finanza non sol�tanto italiana di questo secolo. Un uomo sorprendente, anche ai suoi esordi. Chi potrebbe immagina�re, infatti, che il primo lavoro del figlio romano Ima di sicilianissima origine) di un funzionario delle Fi�nanze, papà Beniamino, e di donna Aurea Ragusa fu quello di giornali�sta? Eppure, prima di entrare il 14 ottobre 1932, a meno di 25 anni, nei ranghi della Banca d'Italia, il giova�ne Cuccia fu redattore del «Messag�gero». Ben presto però un amico di famiglia. Guido Jung, ministro «tec�nico» del regime, lo inserisce nella Conferenza economica di Londra, uno dei primi tentativi di affrontare la crisi degli Anni Trenta. Ed è sempre Jung a far conoscere a Cuccia un altro mito dell'economia italiana: Alberto Beneduce, fondato�re dell'Iri, oscoltatissimo da Benito Mussolini nonostante non facesse mistero della sua fede di socialista riformista, segretario ai tempi dello stef^u Francesco Saverio Nitli. il creatore dei primi pilastri dello Stato sociale italiano. Un uomo da cui Cuccia, destinato a sposare una delle sue tre figlie, apprenderà più di una lezione. «Beneduce scriverà Napoleone Colajanni era riserva�to, spesso in maniera maniacale. Non rilasciò mai interviste, non lasciò diari né memorie. Faceva parte di quella specie in via di estinzione di servitori dello Stato che non si arricchirono mai». Quali�tà che Cuccia seppe imitare alla perfezione, sia sul piano dell'onestà che della riservatezza: la sua vita privata è siala protetta in maniera maniacale mentre, nel Paese delle raccomandazioni e dei favori, i suoi tre figli (Beniamino, Auretta Noemi e Silvia Lucia) non hanno mai avuto nulla a che fare con il mondo della finanza... Nel giugno '36 Cuccia, fresco sposo, vive la sua prima, straordinaria avventura: il Ministero delle Finanze lo invia ad Addis Abeba con la delega al «rilascio delle autorizza�zioni per il trasferimento all'estero di divise e lire». Il giovane burocra�te non esita a stroncare un traffico di valuta gestito da funzionari cor�rotti, con la piena connivenza di un'intima amica del maresciallo Graziani, die invoca l'allontana�mento immediato di quel «rompi�scatole». Cuccia non si fa intimidi�re, e toma in Italia a missione compiuta. Lo riceverà a Palazzo Venezia il Duce in persona e il «Popolo d'Italia» riporterà gli elogi di Mussolini «per il lavoro compiu�to in circostanze difficili». Ma Beneduce, annusando aria pericolosa per il genero, lo convince a lasciar Roma per trasferirsi a Milano dal�l'amico Mattioli, che sta accoglien�do alTufficio studi della Comit quel�la che sarà la costola laica della classe dirigente dell'Italia democra�tica del dopoguerra. Sono gli anni della militanza politica, nelle file del partito d'Azione. E' Cuccia che, nel '42, cuce nella fodera della giacca il messaggio politico elabora�to da La Malfa e Adolfo Tino (assie�me a Leo Valiani, i suoi amici più veri) e lo consegna a Lisbona a Geoide Kennan, l'ambasciatore americano che lo farà pervenire al «New York Times». E' il primo documento che segna la l'esistenza di un'Italia liberale, antifascista e repubblicana, non rcazionuria ma anucomunista. A Lisbo�na, però. Cuccia non dimentica di essere un bandiiorc. E' in quel clima, degno di «Casablanca», che nasce la sua amicizia con André Meyer, già nume di Lazard. destina�lo a diventare il banchiere dei Ken�nedy e per tanti anni la vera, solidis�sima, sponda intemazionale di Me�diobanca. Nel '45, infine, il giovane Cuccia accompagna Mattioli in America nella prima missione finan�ziaria italiana oltre Oceano dopo la disfatta. Una visita difficile, tormen�tata, ma die consentirà al futuro direttore generale di Mediobanca di stringere rapporti d'amicizia con il cardinale Spellman e con un esule d'eccezione: don Luigi Sturzo. E' questo l'uomo die nel '46 prenderà la guida di Mediobanca. destinata a diventare nel corso dei decenni il salotto della finanza ilaliana, «il centauro» Ila definizione e dello stesso Cuccia) che goraniira, grazie a banche allora nell'orbita dell'Iri, i capitali all'industria priva�ta in un Paese povero di risparmi e di capitali. L'atto costitutivo è fu maio il 10 aprile 1946. un anno esatto dopo la liberazione: il capita�le è in mano a Comit e Credit (il 35^ ciascunal e alla Banca di Roma (il SOW. 1 privati e la Borsa arriveran�no solo dicci anni dopo. La privatiz�zazione, dopo un lungo duello con Romano Prodi («Lei gli dira Cuccia è stato un avversario duro ma corretto»), arriva solo a fine Anni Ottanta. 1 maligni diranno che Mattioli stesso l'ondò Mediobanca per libo rarsi ili un ingegno scomodo Ila Comit era troppo piccola per tutti e due). In realtà nessun altro avrebbe saputo realizzare una costane «quadratura del cerchio»: essere indipendente sia dal potere politico che di» quello dol grande Cupit.Ui smo privalo. E stalo lui a organizzare il t-ilva laggio della Fiat (basti pensai il l'operazione Libial odella Pirelli :. �momenti più tragici, le numi i alchimie attorno alla MonU'dison («il Vielnam di Cuccia», secondò la definizione corrente), il lisanamon lo della Soia, del gruppo Famuzi, l'attrazione di famiglie sloridie del�la finanza callolica. Pesenli e Fulck. nell'orbiia di Mediobanca. E anco�ra: il grande abbraccio, grazie alla Comic con Giovanni Bazoli e l'area che si richiama ul riformismo cultolieo del Nord; oppure il trionfo, grazie all'Opa Te ecom, sul fronte delle ex Partedpazioni Statali. Incurante dei mille coccodrilli finanziari, insomma. Cuccia ha con�segnalo alla storia una Mediobanca più polente e centrale che mai. Una missione impossibile, realizzala g; azie a una miscela di disinteresse peraonolc e sano pessimismo sulle capacità del capitalismo italiano di sopravvivere senza un punto di rifcrimenlo estemo. Una storia personale anche peri�colosa che lo vide protagonista di un braccio di ferro con Michele Sindona ai tempi bui che costò la vita all'avvocalo Luigi Ambrosoli colpito dai sicari del finanziere di Patti. Fondò Mediobanca assieme a Mattioli La sua militanza nel partito d'Azione con La Malfa e Valiani L'amicizia con Meyer già nume di Lazard A fianco, da sinistra don Luigi Sturzo. che il futuro direttore di Mediobanca conobbe in America, e Alberto Beneduce. fondatore dell'In. Sopra. nella foto grande. Enrico Cuccia